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Documenti, 1/2017, 01/01/2017, pag. 6

Responsabilità per la pace

Discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede

Francesco

Il discorso di papa Francesco il 9 gennaio al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede nel 2017 ha come centro riflessivo il tema della responsabilità per la pace. In questo l’intervento richiama e sviluppa, applicandole alle situazioni concrete di conflitto in atto a livello internazionale, il messaggio per la Giornata mondiale della pace 2017 (cf. qui a p. 1). Cinque i capitoli fondamentali: il ruolo delle religioni per la pace; la responsabilità politica dei governi; la crisi migratoria; la geopolitica dei conflitti in atto, con al centro la Siria; la necessità di aggiornare l’idea di Europa. Le novità riguardano la richiesta ai leader religiosi e ai governanti di combattere il terrorismo di matrice fondamentalista e religiosa. L’affermazione che si garantisca in ogni paese, «nello spazio pubblico, il diritto alla libertà religiosa», mentre è viva la preoccupazione del diffondersi di condizioni nelle quali la testimonianza cristiana esige il martirio. Per il conflitto in Siria e in Iraq l’appello urgente del papa è che «ciascuna delle parti in causa deve ritenere come prioritario il rispetto del diritto umanitario internazionale, garantendo la protezione dei civili e la necessaria assistenza umanitaria alla popolazione». Infine la necessità di ritrovare un’anima dell’Europa, individuando un nuovo rapporto tra il concetto di Europa e lo strumento dell’Unione Europea.

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L’umorismo della Lettera
 agli Ebrei

Battezzati, battezzate,
ministero e sacerdozio

Francesco Rossi De Gasperis SJ

Una «cosa sono i ministeri o uffici ecclesiali (come il presbiterato o l’episcopato), che la Chiesa contingentemente affida ad alcuni fedeli, mediante il sacramento dell’ordine (imponendo loro le mani), e altra cosa è il sacerdozio, che il Nuovo Testamento riconosce proprio esclusivamente di Gesù risorto, al quale l’insieme dei cristiani (uomini e donne) partecipa per il sacramento del battesimo, senza alcun bisogno di facoltà particolari». Può essere considerato questo il perno della riflessione che qui proponiamo: una rilettura, condotta in libertà, con brillantezza e qualche esplicita annotazione umoristica, della Lettera agli Ebrei, in particolare per considerare criticamente, entro un più ampio ragionamento sul ministero, l’«esclusione programmatica delle donne dal sacerdozio e dalla celebrazione di alcuni segni sacramentali ecclesiali (cresima, eucaristia, remissione dei peccati, unzione degli infermi)». L’autore annota in apertura che si tratta di «riflessioni personali su alcune riforme di dottrina e di linguaggio che mi sembrano scaturire da un’ingenua, ma attenta, lettura del Nuovo Testamento, che rimetto tuttavia interamente al giudizio e all’insegnamento autoritativo della Chiesa, mia madre»; ma è difficile non rilevare, proprio in riferimento alla donna nella Chiesa, la forza delle conclusioni: non c’è altra ordinazione sacerdotale; le donne sono già sacerdoti.

 

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Francesco

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