Il 24 febbraio 2022 e il 7 ottobre 2023 hanno mostrato con evidenza tragica la fine del «dopo Guerra fredda». Una transizione lunga, che non ha portato a un nuovo, consolidato equilibrio mondiale, tale da limitare e contenere le crisi locali e la conflittualità economico-commerciale internazionale (cf. anche lo Studio del mese a p. 729).
Nella storia della Chiesa i concili, specialmente quelli ecumenici, hanno costituito uno dei fattori propulsivi più incisivi delle riforme della legislazione canonica. Non solo essi sono stati la prima sorgente del diritto umano, ma, accanto alle decretali papali, ne hanno rappresentato la fonte preminente.
Il 7 novembre scorso si è tenuto presso l’Università di Bologna un interessante convegno su «I 40 anni del Codex iuris canonici», in occasione del 40o anno dalla promulgazione del Codice di diritto canonico per la Chiesa latina (25 gennaio 1983).
Quella per il cambiamento climatico è una delle preoccupazioni principali di papa Francesco, che è stato il primo papa a scrivere un’enciclica sull’ecologia (la Laudato si’; EV 31/581), e sarebbe stato il primo papa a partecipare alla Conferenza delle parti di Dubai (COP28) se la malattia non glielo avesse impedito.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Cattaneo ha condotto un’indagine utile a capire come una parte dell’opinione pubblica italiana stia reagendo alla guerra in Medio Oriente.
Non sempre i cristiani d’oggi sanno che nel mondo romano la loro fede era una delle molte proposte religiose che circolavano. Questo discorso vale anche, seppure in forma diversa, per Gesù all’interno del coevo ebraismo: egli non è il solo rinnovatore religioso dell’epoca.
Il 5 novembre 2024 gli elettori statunitensi avranno la possibilità di rieleggere Joe Biden oppure un nuovo presidente, una nuova Camera dei rappresentanti e un terzo dei membri del Senato. Si apre quindi un anno estremamente delicato per gli Stati Uniti.
A livello immediato il cahier de doléances nei confronti dell’apparato sacerdotale è molto fitto: diffidenza nei confronti delle donne, disistima nei confronti dei laici e non corretta valutazione del loro apporto nella Chiesa, poca apertura al dialogo, astrattezza e categoricità nell’insegnamento… Già queste reazioni di disagio sono la spia della centralità del problema presbitero. Ma è chiaro che per comprenderlo, ed eventualmente intervenire con proposte di revisione, occorre risalire alla radice della missione pastorale, storicizzarla nel suo divenire, confrontarla con il magistero della Chiesa.
Il 17 e il 18 novembre scorsi si è tenuto a Napoli, presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – sezione San Luigi, il convegno «Fiction storico-religiose. Questioni storiografiche e indagine di genere», nato dalla collaborazione tra l’Istituto di Storia del cristianesimo «Cataldo Naro» – ente di ricerca della sezione San Luigi – e il Coordinamento delle teologhe italiane.
La Chiesa viene spesso criticata per come si espone sui grandi temi d’attualità; altre volte perché non lo fa. Come possiamo essere sicuri che la Chiesa sia sempre chiara e sincera quando si pronuncia e che ci sia il giusto equilibrio tra parole e gesti concreti? Perché è così difficile trovare modalità e linguaggi correnti per comunicare il messaggio del Vangelo che pur appare così attuale in questo tempo?
La morte di Giulia Cecchettin ha indignato l’Italia (cf. anche qui a p. 705), tutti sono stati solidali con la famiglia; come spesso accade, sono stati fatti roboanti annunci e promesse d’accollare alla scuola l’obbligo di formare alla gestione dei sentimenti di adolescenti sempre più confusi e isolati dopo il Covid e a causa della tecnologia.
Il sorriso di Giulia mancherà al papà Gino, alla sorella Elena e al fratello Davide e a tutta la sua famiglia; mancherà agli amici ma anche a tutti noi perché il suo viso ci è divenuto caro. Custodiamo però la sua voglia di vivere, le sue progettualità, le sue passioni. Le accogliamo in noi come quel germoglio di cui parla il profeta. Perché desideriamo insieme attendere la fioritura del mondo nel quale finalmente anche i nostri occhi saranno beati.
È un libro che dà parole alla prassi sinodale, perché ne offre un quadro d’insieme e non si limita ad affrontare alcuni argomenti o questioni prospettandoli semplicemente una dopo l’altro; mostra la radicalità della svolta in atto, nel quadro della recezione del Concilio, mentre illustra le più importanti questioni aperte sulla forma sinodale e l’esercizio della sinodalità di Chiesa.
Appartiene alla comune cultura visiva la prima immagine cinematografica di un papa. Si tratta della breve sequenza di un film in cui si vede Leone XIII benedire la macchina da presa che lo ritrae mentre passeggia nei Giardini vaticani. Più complessa ne appare la precisa determinazione storica.
Per Serge Latouche, (da anni) infaticabile teorico della decrescita, è necessario risvegliare il mondo da una sorta di doppio incantamento: quello che ha rimpicciolito l’uomo a homo oeconomicus, a essere signoreggiato esclusivamente dal bisogno di possedere e che, allo stesso tempo, ha votato il globo a un unico imperativo, quello della crescita.
L'a. aveva pubblicato il libro nel 2020 con il titolo Un presepio con molte sorprese (Mauvais Livres, Roma 2020). Rispetto all’edizione precedente il testo è rimasto lo stesso, mentre è stato arricchito l’apparato iconografico. La ripubblicazione era nelle intenzioni dell’autrice e, come afferma il figlio nella breve nota iniziale, le immagini si attengono a indicazioni lasciate dalla madre.
Mario Luzi ha avuto la ventura di una rapida storicizzazione. Già con le sue opere poetiche giovanili, La barca, del 1935, e Avvento notturno, del 1940, diviene un punto di riferimento ineludibile tra i poeti della sua generazione.
Il volume è uno strumento agile e interessante che si muove su terreni poco noti al grande pubblico, ma che riguardano da vicino, con sempre più intensità, la nostra quotidianità: dallo smartphone (con l’idea d’essere ovunque raggiungibili, sempre on-line, in un eterniday atemporale) a ChatGpt.
La raccolta dei saggi, preceduta da una puntuale Introduzione e seguita da una Postfazione volte a focalizzare l’intento che sottende l’operazione editoriale, permette di precisare non solo lo studio accademico della religione ma, soprattutto, fornisce spunti, piste esplorative di più ampio respiro relative a un aggiornato dibattito sull’educazione al fatto religioso, all’intercultura, al pensiero critico, senza omettere la fondamentale problematica della didattica.
Prima dell’avvento di Internet i vaticanisti affermati trovavano nella pubblicazione di volumi la possibilità di formulare le loro analisi sulla vita e sui protagonisti della Chiesa senza sottostare ai sempre più rigidi vincoli di spazio dati dalle pagine dei quotidiani.
Non «è forse vero che per gustare qualcosa di profondo bisogna chiudere gli occhi? Come quando si ascolta un concerto, si fa l’amore, si prega». Questa frase di Wolfgang Fasser, fisioterapista non vedente vissuto a lungo nei boschi toscani del Casentino, a Quorle, vicino a Camaldoli, restituisce il senso di una vita che la diversità non ha privato di una straordinaria ricchezza.
Il fine del volume è presto detto: permettere a tutti coloro che vogliono approfondire i contenuti storici e teologici dei primi 15 capitoli del testo lucano degli Atti degli apostoli un vero e proprio sussidio sintetico offrendo, al tempo stesso, una serie di suggerimenti nati da una continua riflessione sul significato che ha assunto il binomio «missione-Chiesa in uscita» nell’attuale fase storica.
Il libro della teologa Agnès Desmazières ha il merito di riaffrontare con approccio sistematico, ma non strettamente specialistico, un vero e proprio tema irrisolto del postconcilio, anzitutto come questione del Vaticano II.
L'a. esamina i tratti essenziali del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe riconducibili all’amore, alla gioia, alla speranza, all’ira, alla tristezza e, persino, al godimento complessivamente presi non solo come nozioni teologiche da chiarire, ma appunto come tratti fondamentali di un Dio che buca la storia agendo in essa.
In un’Argentina fortemente polarizzata, con l’inflazione al 143%, oltre il 40% della popolazione sotto la soglia di povertà e il 9,3% indigente, dove il disprezzo, le aggressioni verbali e gli insulti contro gli avversari hanno dominato la campagna elettorale, la «teoria dei due demoni» torna a trovare adepti nelle istituzioni.
Rovesciando il risultato del primo turno, Javier Milei, il candidato per l’ultraliberista La libertà avanza, ha vinto con un netto 56%, il ballottaggio per le elezioni presidenziali argentine contro Sergio Massa, ministro uscente dell’Economia, in lizza per la coalizione peronista e progressista Unione per la patria, fermatosi al 44%.
L’«Offensiva 2710», lanciata il 27 ottobre da diverse milizie ribelli coalizzate contro la giunta che ha preso il potere con un colpo di stato l’1 febbraio 2021 – chiudendo un decennio di fragile democrazia guidata dalla Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi – si sta estendendo in Myanmar fino ai suoi confini.
Gli equilibri tra i fatti dell’economia e lo stato di salute della democrazia sono perennemente in gioco.
È il postulato a partire dal quale questo saggio abbraccia in uno sguardo d’insieme gli eventi maggiori che hanno caratterizzato la scena mondiale a partire dall’«occasione perduta» del 1989, quella di consacrare a livello planetario il modello politico ed economico della democrazia e del mercato. Si analizzano le dinamiche della «globalizzazione non governata» (le cui conseguenze negative hanno colpito in modo particolare i paesi dell’Occidente); il fenomeno dell’accentuazione delle disuguaglianze e dell’«insicurezza alla porta di casa» percepita in quegli stessi paesi, con la conseguente «domanda di populismo» condivisa anche da parte del ceto medio; e ancora il ritorno delle barriere commerciali fino allo sfociare della rivalità tra Cina e Stati Uniti in una «seconda guerra fredda», in cui l’«eterogeneo blocco contrapposto a quello delle democrazie occidentali» è guidato appunto dal gigante asiatico. Il nodo cruciale da sciogliere, al fine di preservare quei «valori che, creati dalla civiltà occidentale, rappresentano una conquista irrinunciabile per il mondo intero», appare quello delle istituzioni internazionali, non tanto nella prospettiva di «accordi planetari», oggi non più pensabili, sullo sviluppo del mondo, quanto mirando al governo di «alcuni specifici
e fondamentali processi: quelli da cui dipende la sopravvivenza degli esseri umani sulla terra».