La materia e la forma «rappresentano l’elemento sensibile e oggettivo del sacramento», mentre «l’intenzione del ministro… rappresenta il suo elemento interiore e soggettivo». Essa, tuttavia, «tende per sua natura a manifestarsi anche esternamente attraverso l’osservanza del rito stabilito dalla Chiesa, cosicché la grave modifica degli elementi essenziali introduce anche il dubbio sulla reale intenzione del ministro, inficiando la validità del sacramento celebrato» (n. 19). L’invalidità dei sacramenti celebrati, con la conseguenza di dover ripetere il rito, è il problema che ha indotto il Dicastero per la dottrina della fede, con l’incoraggiamento e l’espressa approvazione di papa Francesco, a pubblicare il 3 febbraio questa «nota». In essa il Dicastero, con ampie citazioni del magistero conciliare e postconciliare, offre «alcuni elementi di carattere dottrinale» sulla validità della celebrazione dei sacramenti, «prestando attenzione anche ad alcuni risvolti disciplinari e pastorali» (n. 4). Le conclusioni sono chiare: «Appare sempre più urgente maturare un’arte del celebrare che, tenendosi a distanza tanto da un rigido rubricismo quanto da una fantasia sregolata, conduca a una disciplina da rispettare, proprio per essere autentici discepoli» (n. 27).
Il 24 gennaio la Santa Sede ha emanato delle nuove misure per combattere la corruzione al proprio interno e nello Stato della Città del Vaticano, dopo che nel 2016 aveva aderito alla Convenzione di Mérida delle Nazioni Unite contro la corruzione, e che nel 2022 papa Francesco, con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, aveva affidato all’Ufficio del revisore generale (attualmente Alessandro Cassinis Righini) il compito di raccogliere le segnalazioni di quanti denunciano illeciti finanziari tra le mura vaticane. Si tratta della Procedura in materia di segnalazioni ai sensi dell’art. 7 dello Statuto dell’Ufficio del revisore generale, entrata in vigore il 1° febbraio 2024.
Le nuove norme prevedono che i segnalanti, detti anche «whistleblowers», siano tutelati nella segretezza della loro identità, che può essere eventualmente rivelata solo all’autorità giudiziaria; viceversa non è possibile fare segnalazioni anonime.
Il documento è un ulteriore passo nell’impegno del pontificato di Francesco contro la corruzione e per la trasparenza nelle attività finanziarie della Santa Sede, ed è stato pubblicato a poche settimane dalla conclusione in Vaticano del «maxiprocesso» sulla gestione dei fondi della Segreteria di stato e la compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra (cf. Regno-att. 2,2024,4).
«Se c’è… un equivoco in cui incorre facilmente chi si incontra con il discorso spirituale – equivoco contro il quale ci siamo chiaramente espressi –, esso è quello di confonderlo con qualcosa di incorporeo, di etereo, di astratto dalla realtà viva dell’esistenza delle persone e delle comunità. È questo l’errore in cui cadono non poche forme di “spiritualità”, oggi come in passato; ma la spiritualità cristiana ha questo di peculiare, che ha un carattere tremendamente concreto, anzi corporeo, carnale; per un cristiano una spiritualità senza corpo è inautentica, falsa. È questa, quantomeno, una delle implicazioni della nostra fede nell’incarnazione del Verbo». Il 28 settembre a Latina si è tenuta l’assemblea diocesana di inizio anno pastorale 2023-2024. Il tema guida era «Insegnaci a pregare» (Lc 11,1), che colloca la diocesi nel solco dell’Anno della preghiera indetto da papa Francesco per il 2024 in preparazione del giubileo del 2025. Tutti i presenti, divisi in gruppi di lavoro, hanno avviato un dialogo per confrontarsi sul tema della preghiera, e dare ciascuno il proprio contributo personale sulle domande: come possiamo tornare a chiedere al Signore di insegnarci a pregare? Concretamente, cosa suggerisci per migliorare la vita spirituale, personale e comunitaria? La lettera pastorale poi scritta dal vescovo mons. Mariano Crociata e pubblicata il 14 febbraio ha preso ispirazione dalla richiesta di prolungare l’attenzione rivolta alla spiritualità, emersa durante lo scorso anno pastorale, e dalle riflessioni condivise dell’assemblea diocesana.
«Per le Chiese dare priorità alla nonviolenza è del tutto compatibile con la decisione, caso per caso, di rispondere alla violenza con la violenza. Tali decisioni possono essere straordinariamente difficili, ma non creano un dilemma etico». L’articolo L’etica cristiana della pace di fronte a un dilemma? Un’analisi del nuovo dibattito ecumenico sul pacifismo e la dottrina della guerra giusta del teologo tedesco Heinz-Günther Stobbe ripercorre i tratti salienti del dibattito ecumenico sull’etica della pace, incentrato sul rapporto tra pacifismo e dottrina della guerra giusta e riaccesosi in occasione della guerra d’aggressione russa contro l’Ucraina. Mostra il ruolo svolto dal modello della «pace giusta» e sottolinea che l’incompatibilità delle posizioni di base esistenti deriva da presupposti antropologici di base diversi circa la possibilità di superare completamente la violenza e la guerra, e che questa contraddizione logica e fattuale può essere evitata grazie all’«opzione preferenziale per la nonviolenza».
Heinz-Günther Stobbe, già docente di Teologia sistematica e Ricerca teologica sulla pace presso l’Università di Siegen, è tra i fondatori della Societas Œcumenica (Società europea per la ricerca ecumenica) e membro della Commissione Giustizia e pace della Conferenza episcopale tedesca.
Il 21 febbraio – pochi giorni dopo la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il più importante incontro mondiale di politici ed esperti di politica di sicurezza insieme a capi di stato e di governo e ministri, e immediatamente prima del secondo anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina –, in una conferenza stampa nel corso dell’Assemblea plenaria di primavera la Conferenza episcopale tedesca ha presentato il documento «Pace a questa casa».
«Lo diciamo con chiarezza: il nazionalismo etnico è incompatibile con l’immagine cristiana di Dio e dell’uomo. I partiti estremisti di destra e quelli che traggono profitto da questa ideologia non possono quindi essere un luogo di attività politica per i cristiani e non possono essere votati. Inoltre la diffusione di slogan estremisti di destra – tra cui in particolare il razzismo e l’antisemitismo – è incompatibile con il servizio a tempo pieno o volontario nella Chiesa». Secondo i vescovi cattolici tedeschi, i partiti estremisti di destra non sono eleggibili per i cristiani: lo hanno affermato il 22 febbraio al termine dell’Assemblea della Conferenza episcopale svoltasi ad Augsburg, con la dichiarazione Il nazionalismo populista e il cristianesimo sono incompatibili, letta dal presidente dell’episcopato mons. Georg Bätzing in conferenza stampa. Secondo le informazioni diffuse la dichiarazione è stata adottata all’unanimità. Nelle settimane precedenti vi erano state in Germania molte manifestazioni contro l’estremismo di destra, e prese di posizione individuali di vescovi e consigli pastorali.
In base a quanto stabilito nel Cammino sinodale tedesco nel 2023, nel corso dell’Assemblea i vescovi avrebbero dovuto avviare la formazione di una Commissione sinodale formata da vescovi e laici, ma una lettera della Santa Sede ha domandato di astenersi da questo passo (cf. riquadro a p. 165).
Con una lettera del 16 gennaio la Santa Sede ha temporaneamente sospeso la prevista istituzione di una commissione, formata da vescovi e laici, che secondo quanto deciso dal Cammino sinodale tedesco avrebbe dovuto portare alla formazione di un Consiglio sinodale permanente. Pubblichiamo la lettera (www.katolisch.de, nostra traduzione dal tedesco).
«Liberate l’oppresso dalle mani dell’oppressore» è il titolo del messaggio pubblicato dal Sinodo dei vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina il 26 febbraio, nel secondo anniversario dell’invasione russa su larga scala in Ucraina (24 febbraio 2024). Una guerra che pone nuove sfide alla comprensione cristiana della guerra e della pace. Il documento è diviso in sette parti, che affrontano sia il percorso storico che ha portato all’aggressione russa, sia la questione della neutralità e della guerra giusta. L’ideologia del «mondo russo», che ha motivato l’aggressione russa, viene descritta come una degenerazione del pensiero cristiano. Viene difesa la posizione vaticana nei termini di una neutralità diplomatica e non etica, che può avere un ruolo per porre fine a un conflitto che rischia di essere dimenticato.
Rifacendosi alla riflessione della Chiesa sulla pace i vescovi ucraini sottolineano che esiste la possibilità della resistenza non violenta, ma anche che oggi in Ucraina è ancora necessaria la legittima difesa.
Se l’umanità contemporanea «non svilupperà e non promuoverà la giustizia sociale basata sui principi fondamentali della dignità umana, della santità e dell’integrità della vita umana, del bene comune e della solidarietà, allora ci troveremo in società in cui... la legge non è uguale per tutti e i principi del diritto internazionale e l’integrità della sovranità statale sono vittime degli interessi geopolitici ed economici dei centri del potere».
Il 22 febbraio, in vista del secondo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose ha diffuso un appello (file in nostro possesso).
In vista della sessione conclusiva della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, che avrà luogo nell’ottobre di quest’anno, i vescovi belgi hanno presentato il 16 febbraio una bozza di testo in cui indicano tre priorità «da discutere a livello di Chiesa universale», che devono guidare la Chiesa verso una profonda riflessione sulla sua missione, le sue tradizioni e la sua organizzazione interna. La bozza di testo, preparata dal Segreteria della Conferenza episcopale belga e intitolata Priorità di discussione per la seconda sessione della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi - ottobre 2024, è destinata alla discussione in diversi gruppi e consigli all’interno della Chiesa belga nei prossimi mesi per preparare la sessione di ottobre. In questi mesi infatti le Chiese sono chiamate a riflettere sulla Relazione di sintesi pubblicata lo scorso ottobre (cf. Regno-doc. 21,2023,641), a promuovere ulteriori consultazioni e a preparare contributi, che dovranno essere inviati a Roma entro il 15 maggio.
Le tre priorità individuate dai vescovi belgi riguardano il dialogo con il mondo contemporaneo, la riflessione sullo sviluppo della Tradizione/tradizioni e il decentramento di alcune decisioni nella Chiesa, «che permetterebbe di cooperare nell’unità con una diversità più legittima». In concreto queste priorità saranno da declinare su tre temi: le donne, i ministeri e i giovani.
«Per mandato della Corte costituzionale, l’Ecuador è il nono paese al mondo ad accettare l’eutanasia, nonostante abbia solo il 3,5% di copertura di cure palliative per la popolazione. È preoccupante osservare come la cultura dell’usa e getta, promossa da alcuni giudici, stia diventando una nuova parte della nostra realtà sociale». La Chiesa cattolica dell’Ecuador ha condannato l’autorizzazione al sui-
cidio assistito in alcuni casi nel paese sudamericano, che ora è il secondo del subcontinente dopo la Colombia a consentire in alcuni casi l’eutanasia. La Corte costituzionale ecuadoriana, infatti, il 7 febbraio ha approvato la depenalizzazione della pratica con sette voti favorevoli dei nove magistrati che compongono il tribunale. La Corte ha indicato come condizione necessaria che il paziente viva «una condizione di intensa sofferenza derivante da lesioni fisiche gravi e irreversibili, o da una malattia grave e insanabile».
Secondo i vescovi l’insufficiente approfondimento delle definizioni metterebbe a repentaglio la vita di pazienti psichiatrici o di persone con disturbi mentali, e persino i bambini. I vescovi criticano anche il fatto che la legalizzazione del suicidio assistito avvenga in un contesto di mancanza di cure palliative.
Dal 2 al 4 maggio 2023 a Gerusalemme si è tenuta la 17a riunione della Commissione bilaterale del Gran Rabbinato d’Israele e della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’ebraismo, sul tema Considerazioni ebraiche e cattoliche sulla cura nella malattia terminale: ciò che è proibito, consentito, obbligatorio. Al termine, il 4 maggio, è stata emanata una Dichiarazione congiunta (www.vatican.va).
«Chiediamo alla Chiesa di agire come faro di chiarezza morale e concettuale in mezzo a un oceano di disinformazione, distorsione e inganno; di distinguere tra la legittima critica alla politica di Israele nel passato e nel presente e l’odiosa negazione di Israele e degli ebrei… Soprattutto, chiamiamo i nostri fratelli cattolici a tendere la mano in segno di solidarietà alla comunità ebraica in tutto il mondo». Il 12 novembre un gruppo di studiosi e leader religiosi ebrei ha scritto una Lettera aperta a sua santità, papa Francesco, e ai fedeli della Chiesa cattolica, che è stata pubblicata il 1° dicembre sul sito Jewish-Christian Relations e ha raccolto diverse centinaia di firme. Gli autori della lettera chiedevano una posizione più chiara da parte della Chiesa dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre. In risposta, la Lettera di Francesco ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele, firmata il 2 febbraio e pubblicata il 3, ha ribadito la condanna per ogni tipo di antigiudaismo e antisemitismo e ha riaffermato: «il mio cuore è vicino a voi, alla Terra santa, a tutti i popoli che la abitano, israeliani e palestinesi, e prego perché prevalga su tutti il desiderio della pace».
La risposta di papa Francesco è stata apprezzata dagli estensori della lettera (cf. L’Osservatore romano 3.2.2024, 1), prima che una nuova crisi tra la Santa Sede e il Governo israeliano si producesse l’8 febbraio (cf. Regno-att. 4,2024,76).