Dalla minaccia del nucleare alle situazioni d’ingiustizia, dalla guerra in atto in Ucraina alla pena di morte come strumento di repressione in Iran, papa Francesco, nell’annuale discorso di inizio anno al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (pronunciato il 9 gennaio scorso), ha manifestato le sue preoccupazioni nei confronti dell’umanità: essa sta vivendo «la terza guerra mondiale di un mondo globalizzato, dove i conflitti interessano direttamente solo alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti».
Rispondendo alle nuove necessità della pace, nella seconda parte del suo ampio discorso il papa ha ripercorso la Pacem in terris, l’enciclica di Giovanni XXIII di cui nel 2023 ricorre il 60° anniversario. Ha ribadito che «ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata d’intelligenza e di volontà libera», e quindi è soggetto di «diritti e di doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili», e ha fatto sua l’idea portante del documento di papa Roncalli: anche per Francesco la pace è possibile alla luce di quattro beni fondamentali, che sono la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà.
Il 13 dicembre 2022 l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, in collaborazione con la rivista di geopolitica Limes e i media vaticani, ha organizzato una conferenza su «L’Europa e la guerra. Dallo spirito di Helsinki alle prospettive di pace». All’incontro ha partecipato il segretario di stato vaticano card. Pietro Parolin, con un intervento intitolato «Dallo spirito di Helsinki alle prospettive di pace». Atto finale della Conferenza di Helsinki (o Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa), gli Accordi di Helsinki furono firmati il 1° agosto 1975 da 33 paesi europei dell’Est e dell’Ovest e da Stati Uniti e Canada, e stabilirono dieci principi che contribuirono alla distensione in Europa.
Secondo il segretario di stato vaticano, oggi «non ci sono le condizioni perché si ripeta quanto accaduto a Helsinki». Tuttavia «non possiamo leggere il presente e immaginare il futuro soltanto sulla base dei vecchi schemi, delle vecchie alleanze militari o delle colonizzazioni ideologiche ed economiche». È necessario «un maggiore coinvolgimento… della società civile europea, dei movimenti per la pace» per «rinfrescare e ringiovanire quei concetti di pace e solidarietà che vengono richiamati, a volte “a gettone” e secondo le convenienze, ma dei quali oggi pochi sembrano prendersi effettivamente cura». In questo processo l’Europa deve tornare a essere «faro di una civiltà fondata sulla pace, sul diritto e sulla giustizia internazionale».
«Saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita». Il 5 gennaio sul sagrato della Basilica di San Pietro papa Francesco ha presieduto la celebrazione funebre per Joseph Ratzinger, il papa emerito Benedetto XVI, morto il 31 dicembre 2022 alle 9,34 del mattino all’età di 95 anni. Benedetto XVI il 13 febbraio 2013 aveva dichiarato: «Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005» (Regno-doc. 3,2013,33).
Nell’omelia, che qui pubblichiamo, Francesco ha ricordato la «sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni», e ha concluso definendo il papa emerito «fedele amico dello Sposo».
Il 31 dicembre 2022, giorno della morte di Joseph Ratzinger (Benedetto XVI), la Sala stampa della Santa Sede ha diffuso il testamento spirituale del papa emerito, datato 29 agosto 2006 (www.vatican.va) .
Con la costituzione apostolica In Ecclesiarum communione, pubblicata il 6 gennaio, papa Francesco ha riorganizzato la diocesi di Roma, di cui è il vescovo. Poiché «è nella natura spirituale, pastorale e canonica della diocesi di Roma rappresentare in sé la missione di esemplarità in costante tensione verso il regno di Dio», la riforma è orientata all’obiettivo di «rianimare la missione, nel primato della carità e nell’annuncio della misericordia divina», e a questo fine «vanno sostenute e promosse, in sinergia, la collegialità episcopale e l’attiva partecipazione del popolo dei battezzati». In sintesi il risultato sarà una maggiore presenza e controllo del papa nella gestione quotidiana della diocesi, e un ruolo rafforzato per le strutture di sinodalità, come il Consiglio episcopale e il Consiglio pastorale parrocchiale, che diventa obbligatorio in ogni parrocchia. Tra le ragioni che possono aver influito c’è stata anche una revisione del bilancio della diocesi, commissionata l’anno scorso a un ex membro dello studio Deloitte, e che ha portato a scelte in linea con le azioni intraprese da Francesco nei confronti dell’Opus Dei, della Caritas internationalis, dell’Ordine di Malta e del movimento di Comunione e liberazione.
La riorganizzazione è entrata in vigore il 31 gennaio e sostituisce quella disposta da Giovanni Paolo II nel 1998.
Un ordine del giorno molto vario ha caratterizzato l’ultimo incontro del Consiglio permanente della CEI: «Le domande di senso, la sanità, la scuola, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), la povertà e il fenomeno migratorio». Si è così spaziato dal Cammino sinodale, «che dal prossimo settembre entrerà nella “fase sapienziale”» e che sarà messo a tema dell’Assemblea di maggio; alla 50a Settimana sociale, che si terrà a Trieste nel 2024 e che, con la nuova dicitura «Settimana sociale dei cattolici in Italia» (corsivo nostro), andrà «Al cuore della democrazia»; dal «divario tra Nord e Sud» al fenomeno migratorio; dal «rilancio del laicato» alla liturgia e al rinnovamento delle «proposte catechetiche ormai poco funzionali»; dal piano quinquennale delle Commissioni della CEI alla GMG di Lisbona in agosto; dall’approvazione della traduzione in lingua friulana della terza edizione tipica del Messale romano al dibattito sulla Ratio nationalis per la formazione nei seminari, che sarà oggetto di un’Assemblea generale straordinaria in novembre. Si è parlato infine di «pene espiatorie», così come sono state integrate dalla costituzione Pascite gregem Dei (2021), e della «ripresa del dialogo» con il Ministero dell’istruzione per l’indizione di un concorso per l’immissione in ruolo delle alcune migliaia di docenti di religione ancora precari.
Il discorso annuale pronunciato per la vigilia di Sant’Ambrogio 2022 dall’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, s’intitola E gli altri? Tra ferite aperte e gemiti inascoltati: forse un grido, forse un cantico. L’atteso intervento, come sempre tenuto davanti alla cittadinanza il 6 dicembre nella basilica di Sant’Ambrogio, si apre con una «confidenza personale»: con il passare del tempo, scrive l’arcivescovo, egli fatica sempre più a sopportare il malumore, a giustificare il lamento e l’aggressività. Per questi motivi il testo, rivolto a tutti (dai cittadini alle istituzioni, dai laici ai credenti) sprona a guardare oltre sé stessi e a porsi l’importante domanda: «E gli altri?».
Per trovare risposta a questa domanda l’arcivescovo crea un elogio dell’inquietudine: la paura dell’ignoto e del futuro serpeggia in una città che corre e progetta, ma spesso a vantaggio di pochi. E gli altri? Ma anche il realismo della speranza merita un elogio: l’inquietudine può essere un rimedio e il confronto con «gli altri» rende civile la convivenza tra i popoli. Ma chi sono questi «altri»? I bambini e le donne vittime di abusi, gli anziani soli, chi non ha voce, chi non va a scuola, chi non lavora, chi è sottopagato… Nell’elogio della politica è la risposta: fare degli altri i veri interlocutori di ogni nostro pensiero e azione, nutrirli dei frutti prodotti dal realismo della speranza.
«Crediamo che una visione più limpida sull’orientamento sessuale, scientificamente fondata e spiritualmente in ascolto delle chiamate di Dio, possa portare maggiore serenità alla Chiesa; essa permetterebbe a tutti i suoi presbiteri e religiosi di stare a testa alta con tutti ed essere più pacificati e riconciliati, sinceri, perché meno gravati da pregiudizi e più liberi. Sarebbe un dono per tutti, omosessuali ed eterosessuali presenti nei presbiteri e nelle comunità religiose; sarebbero eliminate le falsità nei rapporti coi confratelli; crescerebbe per tutti la capacità di ascolto e la sensibilità».
Tra i contributi di gruppi sinodali che sono stati inviati alla Conferenza episcopale italiana e alla Segreteria del Sinodo dei vescovi nell’aprile 2022 c’è anche questo documento, intitolato Con tutto il cuore, che è il risultato della condivisione di una cinquantina di preti con orientamento omosessuale o bisessuale, che si sono incontrati tra febbraio e marzo 2022. Insieme ad altri testi è poi stato pubblicato in un fascicolo scaricabile dal sito Gionata.org.
I partecipanti al gruppo sinodale sono convinti che «di grande aiuto potrebbe essere un documento ufficiale sul tema, frutto di un serio lavoro sinodale come questo».
Dal 14 al 20 novembre si è svolta a Roma la visita ad limina dei vescovi tedeschi, che hanno incontrato il papa e vari prefetti di dicasteri vaticani. L’incontro, di cui sono stati pubblicati ufficialmente dalla Santa Sede alcuni interventi che qui riproponiamo, non è bastato a fugare le preoccupazioni della Santa Sede per il Cammino sinodale tedesco, di cui non condivide i presupposti e che continua ad apparirle come uno «scisma» strisciante.
Prova ne è la lettera (cf. qui a p. 108), che i prefetti dei Dicasteri per la dottrina della fede e per i vescovi, insieme al segretario di stato vaticano card. Pietro Parolin, hanno inviato in gennaio al presidente dei vescovi tedeschi mons. Georg Bätzing, in cui accusano il processo sinodale tedesco di voler minare l’autorità dei singoli vescovi nelle loro diocesi e quella della Conferenza episcopale tedesca introducendo un nuovo organismo decisionale nel quale sono presenti anche dei laici. Un’accusa infondata, secondo mons. Bätzing.
La quinta Assemblea sinodale a conclusione del Cammino sinodale della Chiesa in Germania si terrà a Francoforte sul Meno dal 9 all’11 marzo 2023.
Il 16 gennaio il segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, il prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, card. Luis Ladaria Ferrer, e il prefetto del Dicastero per i vescovi, card. Marc Ouellet, hanno scritto al presidente della Conferenza episcopale tedesca mons. Georg Bätzing una lettera, in cui rispondono a un quesito sollevato da alcuni vescovi tedeschi sull’obbligatorietà della partecipazione a un’eventuale Commissione sinodale, composta di vescovi e laici, che venisse eretta dal Cammino sinodale tedesco. Pubblichiamo alcuni stralci della lettera e della risposta di mons. Bätzing del 23 gennaio, dopo la riunione del Consiglio permanente della Conferenza episcopale tedesca (www.dbk.de; nostra traduzione dal tedesco).
«La riscoperta dell’ascolto come atteggiamento fondamentale di una Chiesa chiamata alla conversione continua è uno dei doni più preziosi dell’esperienza sinodale negli Stati Uniti». Lo afferma la Sintesi nazionale del popolo di Dio negli Stati Uniti d’America per la fase diocesana del Sinodo 2021-2023, pubblicata il 19 settembre 2022, che ha rielaborato quanto contenuto nelle sintesi delle consultazioni sinodali svoltesi nelle 16 regioni in cui sono state raggruppate le 178 diocesi e 18 eparchie della Chiesa cattolica USA per la fase diocesana della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione».
Il rapporto, che stima che al processo sinodale abbiano partecipato oltre 700.000 persone, racconta di una Chiesa che vuole fortemente ricostruire il proprio senso di comunità, colpito gravemente dalla crisi delle violenze sessuali e poi dalla pandemia di COVID-19, e la propria unità, percepita come gravemente danneggiata dalla polarizzazione politica. E lo stile sinodale è stato assunto come un metodo che potrà portare alla ricostruzione, nonostante sia stato vissuto da molti inizialmente con scetticismo.
Alla vigilia della celebrazione delle assemblee continentali della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», con una lettera datata 26 gennaio 2023 su Il ruolo del vescovo nel processo sinodale, indirizzata ai vescovi diocesani delle Chiese cattoliche latine e orientali in tutto il mondo, il segretario generale del Sinodo, il card. Mario Grech, e il relatore generale card. Jean-Claude Hollerich hanno affrontato il tema del ruolo del vescovo nel processo sinodale in corso (www.synod.va; titolazione redazionale).