Negli ultimi decenni il dialogo tra i responsabili delle religioni ha riguardato soprattutto il tema della pace. «Eppure vediamo i nostri giorni ancora segnati dalla piaga della guerra, da un clima di esasperati confronti… Occorre un sussulto e occorre, fratelli e sorelle, che venga da noi… Come possiamo pensare che gli uomini del nostro tempo, molti dei quali vivono come se Dio non esistesse, siano motivati a impegnarsi in un dialogo rispettoso e responsabile se le grandi religioni, che costituiscono l’anima di tante culture e tradizioni, non si impegnano attivamente per la pace?». Questa la sfida lanciata da Francesco nel suo intervento in apertura del VII Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, organizzato dal governo del Kazakistan nella capitale Nur-Sultan il 14 e 15 settembre, dove secondo i programmi il papa avrebbe dovuto incontrare il patriarca di Mosca Cirillo, che però non è andato. Tra i tanti interventi, anche quello del grande imam di al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb ha sottolineato il ruolo delle religioni per la pace e per fermare il declino della civiltà. Mentre la Dichiarazione finale ha annunciato l’elaborazione di un Progetto per lo sviluppo del Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali come piattaforma di un dialogo interreligioso globale per il 2023-2033.
Il tema dell’11a Assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), che si è riunita a Karlsruhe in Germania dal 31 agosto all’8 settembre, era «L’amore di Cristo spinge il mondo alla riconciliazione e all’unità». A maggior ragione uno dei temi più urgenti è stato quello della guerra in Ucraina, che ha creato una frattura all’interno delle Chiese membro del CEC, e a essa è dedicata la dichiarazione «Guerra in Ucraina, pace e giustizia nella regione europea», approvata l’8 settembre ma poi disconosciuta dalla delegazione della Chiesa ortodossa russa (cf. Regno-att. 16,2022,489).
Riguardo al tema fondativo del CEC – la ricerca dell’unità visibile tra le Chiese cristiane –, il passo compiuto dall’Assemblea di Karlsruhe è stato quello di impegnarsi nei prossimi anni in un «pellegrinaggio di riconciliazione e unità», concentrando l’attenzione sulle relazioni tra le Chiese cristiane, in quello che è stato definito un «ecumenismo del cuore». «In questi tempi viviamo delle sfide profonde per la nostra unità. Rimangono le domande sui limiti della diversità nella nostra comprensione dell’unità, la richiesta da parte di molti di alcuni criteri comuni per il discernimento, in particolare sulle questioni morali, e la necessità di esplorare insieme la comprensione teologica dell’umanità... La qualità delle relazioni tra noi e le nostre Chiese ispirerà il nostro viaggio e il nostro lavoro comune verso quella piena comunione visibile per la quale Cristo ha pregato».
«Chiedo perdono… per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali». Il motivo principale del viaggio apostolico di papa Francesco in Canada (25-29 luglio 2022), dopo l’invito che una delegazione di rappresentanti dei popoli indigeni gli aveva rivolto a Roma alla fine di marzo (cf. Regno-doc. 11,2022,336), era di presentare una richiesta di perdono a nome della Chiesa cattolica per la complicità negli abusi contro i bambini delle prime nazioni, inuit e meticci nelle scuole residenziali (cf. anche Regno-doc. 15,2021,479 e 21,2021,679).
La richiesta di perdono c’è stata – «la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli» – sempre in riferimento ai peccati di «membri della Chiesa», «tanti cristiani», «dei credenti» e non della Chiesa in quanto tale. Non vi è stato invece alcun riferimento alla cosiddetta «dottrina della scoperta» o all’abrogazione formale dei documenti pontifici che furono usati per giustificare l’appropriazione delle terre abitate dagli indigeni durante la colonizzazione (cf. riquadro a p. 534).
Il 25 luglio, per il primo evento pubblico del suo viaggio apostolico in Canada, papa Francesco si è recato a Maskwacis, Alberta, a circa 70 chilometri a sud di Edmonton. Dal 1894 al 1973 è stata la sede della Ermineskin Residential School, una delle più grandi scuole residenziali del Canada, gestita da due ordini cattolici: gli Oblati di Maria immacolata e le Sorelle dell’Assunzione. Nell’incontro con la delegazione dei popoli indigeni Francesco ha ricevuto il saluto del capo Wilton Littlechild, membro della nazione Cree Ermineskin, sopravvissuto alle scuole residenziali, ex grande capo della Confederazione del Trattato Sei delle Prime nazioni ed ex membro della Commissione canadese per la verità e la riconciliazione (www.slmedia.org; nostra traduzione dall’inglese).
Il Consiglio permanente celebrato a Matera, alla vigilia delle elezioni italiane, è il primo che porta l’impronta della presidenza del card. Zuppi. Frutto principale è l’appello alle donne e agli uomini del paese, intitolato Osare la speranza, un caldo invito a partecipare al voto in un tempo in cui occorre con «realismo cristiano» rendere conto della «speranza» a fronte di una guerra, di una pandemia, della crisi ambientale, della perdita di fiducia nelle istituzioni… La soluzione possibile è vista nel recupero dei principi della dottrina sociale della Chiesa e nell’arte «del dialogo e dell’ascolto, ingredienti indispensabili per ricostruire le condizioni della partecipazione e del confronto». Questi ultimi sono stati ulteriormente evocati anche per quanto riguarda il secondo anno del Sinodo dedicato a I cantieri di Betania. Sempre in tema sinodalità, il Consiglio permanente ha congedato il Gruppo di coordinamento e messo in campo un Comitato, la cui presidenza è affidata sempre a mons. Erio Castellucci. Tra gli altri punti all’ordine del giorno dell’organismo episcopale, ricordiamo: la «revisione della disciplina attuale sulle commissioni episcopali»; il tema di alcune giornate tematiche (per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per il dialogo cattolici-ebrei, per la vita); il punto sulla stesura della Ratio nationalis per la formazione nei seminari; e infine l’istituzione di un Fondo di solidarietà a sostegno delle diocesi per «l’aumento del costo dell’energia».
Il 22 settembre il Consiglio episcopale permanente, riunito a Matera, ha approvato un «Appello alle donne e agli uomini del nostro paese» dal titolo Osare la speranza, in vista delle elezioni del 25 settembre 2022 (www.chiesacattolica.it).
Come i recenti motu proprio di papa Francesco Spiritus Domini e Antiquum ministerium sui ministeri istituiti si rifanno al magistero conciliare e al documento di Paolo VI Ministeria quaedam (1972), che ne disponeva l’attuazione, così questa Nota «ad experimentum» sui ministeri istituiti del lettore, dell’accolito, del catechista della Conferenza episcopale italiana rimanda, ampliandolo, al magistero dell’episcopato italiano in materia prodotto lungo tutti gli anni Settanta. La Nota è stata pubblicata il 13 luglio ed è firmata da mons. Brambilla, presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, e da mons. Busca, presidente della Commissione episcopale per la liturgia.
Centrale, nel documento CEI, il punto 3, che sintetizza «identità» e «compiti» del lettore, dell’accolito e del catechista istituito; la formulazione tiene conto, ovviamente, del fatto che si sta parlando di ministri istituiti, che secondo la decisione del papa possono essere sia uomini sia donne. Per tutte e tre le tipologie di ministri istituiti si delineano inoltre, al punto 4, «percorsi formativi idonei» (da svolgersi con l’ausilio degli istituti di teologia e di scienze religiose del territorio) ad «aiutare nel discernimento sull’idoneità intellettuale, spirituale e relazionale dei candidati; perfezionare la formazione in vista del servizio specifico…; consentire un aggiornamento biblico, teologico e pastorale continuo».
Il 15 settembre 2021, ventottesimo anniversario dell’assassinio per mano mafiosa di don Pino Puglisi, gli arcivescovi e vescovi di Calabria hanno firmato No a ogni forma di mafie! Linee guida per un sentire e agire comuni del clero, dei consacrati e dei fedeli laici delle diocesi di Calabria. Il documento, diviso nelle due parti di «Principi teologico-pastorali» e «Raccomandazioni e norme», è stato promulgato dall’arcivescovo di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza episcopale calabra mons. Vincenzo Bartolone(oggi emerito) il 26 luglio 2021 nella sessione di Lorica della Conferenza episcopale regionale.
L’azione comune dichiarata mira a combattere ogni forma di mafia e di cultura mafiosa, che ancora oggi s’impone criminalmente in intere famiglie. Secondo l’insegnamento della Chiesa, chiunque perseveri nella trasgressione dei comandamenti rimane nella condizione di «operatore di iniquità» (Mt 13,41), aggravata oltre misura dalla ferita causata dal suo peccato, arrecata non solo a se stesso, ma all’intera comunità. Nella totale incompatibilità di mafie e Vangelo, le Linee guida offrono uno strumento operativo per rinnovarne l’annuncio. In Calabria la ’ndrangheta esiste, nonostante ogni dichiarazione contraria e omertosa. Ha volti, nomi, cognomi, appoggi e silenzi conniventi, che vanno estirpati con un esercizio attivo della cittadinanza e una scelta oculata dei rappresentanti della cosa pubblica.
«La presenza cattolica si risveglierà a una più viva e numerosa partecipazione quando avrà maturato anche la coscienza della propria responsabilità non solo ecclesiale, ma anche sociale e civile… Del resto l’irrilevanza morale e pubblica è solo lo specchio in cui si riflette l’insignificanza religiosa e culturale, e quindi anche spirituale ed ecclesiale. Queste cose stanno o cadono insieme. Per questo bisogna interrogarsi sulle severe esigenze del nostro essere Chiesa». Nel suo intervento all’Incontro dei vescovi delle aree interne (Benevento, 30-31.8.2022), dal titolo «Una pastorale per le aree interne: spunti di riflessione», il vescovo di Latina mons. Mariano Crociata ha affrontato la questione della pastorale delle aree più spopolate e svantaggiate del paese collocandola nel contesto della diffusa «fatica» a tutti i livelli della vita della Chiesa, e analizzandone le cause.
L’Incontro di Benevento si colloca all’interno di un cammino avviato dall’episcopato italiano nel maggio 2019 in costante dialogo con le istituzioni, per focalizzare il contributo che le comunità ecclesiali possono offrire al progetto di rilancio delle aree svantaggiate del paese, che il Governo italiano sta portando avanti con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).