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Documenti, 3/2010

Un cammino irrevocabile. La visita del papa al Tempio maggiore di Roma

Benedetto XVI
«L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia» (Benedetto XVI). Conferma dell’irreversibilità del percorso intrapreso a partire dal concilio Vaticano II; dimostrazione dei legami di amicizia e della pari dignità dei soggetti del dialogo; recupero di un’atmosfera più distesa dopo le tensioni e le polemiche degli ultimi tempi, legate prima ai passi compiuti dalla Santa Sede verso le comunità tradizionaliste (lefebvriane) e poi a quelli in direzione della beatificazione di Pio XII. La visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore degli ebrei di Roma, il 17 gennaio 2010 - 2 shevat 5770, a quasi un quarto di secolo dallo storico evento che per la prima volta, il 13 aprile 1986, portò nella sinagoga romana un vescovo di Roma, Giovanni Paolo II, ha voluto rinsaldare «i legami che ci uniscono» per «continuare a percorrere la strada della riconciliazione e della fraternità» (Benedetto XVI), trovando concordi i partecipanti nell’individuare una responsabilità condivisa nella costruzione della pace, a partire dal comune riconoscersi nell’eredità spirituale di Abramo.

Un cammino irrevocabile. Difficoltà e nuove aspirazioni: Il presidente della Comunità ebraica, Roma

R. Pacifici
«L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia» (Benedetto XVI). Conferma dell’irreversibilità del percorso intrapreso a partire dal concilio Vaticano II; dimostrazione dei legami di amicizia e della pari dignità dei soggetti del dialogo; recupero di un’atmosfera più distesa dopo le tensioni e le polemiche degli ultimi tempi, legate prima ai passi compiuti dalla Santa Sede verso le comunità tradizionaliste (lefebvriane) e poi a quelli in direzione della beatificazione di Pio XII. La visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore degli ebrei di Roma, il 17 gennaio 2010 - 2 shevat 5770, a quasi un quarto di secolo dallo storico evento che per la prima volta, il 13 aprile 1986, portò nella sinagoga romana un vescovo di Roma, Giovanni Paolo II, ha voluto rinsaldare «i legami che ci uniscono» per «continuare a percorrere la strada della riconciliazione e della fraternità» (Benedetto XVI), trovando concordi i partecipanti nell’individuare una responsabilità condivisa nella costruzione della pace, a partire dal comune riconoscersi nell’eredità spirituale di Abramo.

Un cammino irrevocabile. Proseguire nel cammino intrapreso: Discorso del presidente dell’UCEI

R. Gattegna
«L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia» (Benedetto XVI). Conferma dell’irreversibilità del percorso intrapreso a partire dal concilio Vaticano II; dimostrazione dei legami di amicizia e della pari dignità dei soggetti del dialogo; recupero di un’atmosfera più distesa dopo le tensioni e le polemiche degli ultimi tempi, legate prima ai passi compiuti dalla Santa Sede verso le comunità tradizionaliste (lefebvriane) e poi a quelli in direzione della beatificazione di Pio XII. La visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore degli ebrei di Roma, il 17 gennaio 2010 - 2 shevat 5770, a quasi un quarto di secolo dallo storico evento che per la prima volta, il 13 aprile 1986, portò nella sinagoga romana un vescovo di Roma, Giovanni Paolo II, ha voluto rinsaldare «i legami che ci uniscono» per «continuare a percorrere la strada della riconciliazione e della fraternità» (Benedetto XVI), trovando concordi i partecipanti nell’individuare una responsabilità condivisa nella costruzione della pace, a partire dal comune riconoscersi nell’eredità spirituale di Abramo.

I vescovi degli Stati Uniti: sei principi per il dialogo cattolico-ebraico

D. Sala
Il 12 agosto 2002 un gruppo di delegati cattolici ed ebrei, membri della Consultazione permanente tra la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) e il Consiglio nazionale delle sinagoghe (che rappresenta il Consiglio rabbinico d’America, l’Assemblea rabbinica dell’ebraismo conservatore, l’Unione delle Congregazioni ebraiche americane e la Sinagoga unita dell’ebraismo conservatore) pubblicarono un documento dal titolo Riflessioni su alleanza e missione. In esso figuravano insieme, ma distinte, una serie di riflessioni delle due parti.

Un cammino irrevocabile. Un rapporto tra fratelli: Discorso del rabbino capo di Roma

S.R. di Segni
«L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia» (Benedetto XVI). Conferma dell’irreversibilità del percorso intrapreso a partire dal concilio Vaticano II; dimostrazione dei legami di amicizia e della pari dignità dei soggetti del dialogo; recupero di un’atmosfera più distesa dopo le tensioni e le polemiche degli ultimi tempi, legate prima ai passi compiuti dalla Santa Sede verso le comunità tradizionaliste (lefebvriane) e poi a quelli in direzione della beatificazione di Pio XII. La visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore degli ebrei di Roma, il 17 gennaio 2010 - 2 shevat 5770, a quasi un quarto di secolo dallo storico evento che per la prima volta, il 13 aprile 1986, portò nella sinagoga romana un vescovo di Roma, Giovanni Paolo II, ha voluto rinsaldare «i legami che ci uniscono» per «continuare a percorrere la strada della riconciliazione e della fraternità» (Benedetto XVI), trovando concordi i partecipanti nell’individuare una responsabilità condivisa nella costruzione della pace, a partire dal comune riconoscersi nell’eredità spirituale di Abramo.

Un cammino irrevocabile. Comune testimonianza: Discorso del papa

Benedetto XVI
«L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia» (Benedetto XVI). Conferma dell’irreversibilità del percorso intrapreso a partire dal concilio Vaticano II; dimostrazione dei legami di amicizia e della pari dignità dei soggetti del dialogo; recupero di un’atmosfera più distesa dopo le tensioni e le polemiche degli ultimi tempi, legate prima ai passi compiuti dalla Santa Sede verso le comunità tradizionaliste (lefebvriane) e poi a quelli in direzione della beatificazione di Pio XII. La visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore degli ebrei di Roma, il 17 gennaio 2010 - 2 shevat 5770, a quasi un quarto di secolo dallo storico evento che per la prima volta, il 13 aprile 1986, portò nella sinagoga romana un vescovo di Roma, Giovanni Paolo II, ha voluto rinsaldare «i legami che ci uniscono» per «continuare a percorrere la strada della riconciliazione e della fraternità» (Benedetto XVI), trovando concordi i partecipanti nell’individuare una responsabilità condivisa nella costruzione della pace, a partire dal comune riconoscersi nell’eredità spirituale di Abramo.

Omnium in mentem. Motu proprio di Benedetto XVI e commento di mons. Coccopalmerio

Benedetto XVI, F. Coccopalmerio
Diaconato e disciplina matrimoniale sono i due temi che entrano nel motu proprio Omnium in mentem firmato dal Benedetto XVI il 26 ottobre 2009. Nello specifico vengono modificati alcuni articoli del Codice di diritto canonico per renderli omogenei a indicazioni magisteriali successive alla formulazione del Codice o per motivi di funzionalità. Nel caso del diaconato (artt. 1008 e 1009) si sottolinea la distinzione fra vescovi e presbiteri da un lato (che agiscono in «persona di Cristo capo») e diaconi («abilitati a servire il popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della parola e della carità»). Per quanto riguarda il matrimonio, e cioè gli articoli 1086, 1117, 1124, viene omesso un inciso («e non separata da essa [Chiesa] con atto formale») che, nato per facilitare l’esercizio del diritto di matrimonio per quanti sono usciti dalla Chiesa, non si è rivelato efficace. Torna quindi la piena obbligatorietà della legge ecclesiastica per tutti i battezzati, senza eccezioni.

Omnium in mentem: Motu proprio che modifica alcune norme del Codice di diritto canonico

Benedetto XVI
Diaconato e disciplina matrimoniale sono i due temi che entrano nel motu proprio Omnium in mentem firmato dal Benedetto XVI il 26 ottobre 2009. Nello specifico vengono modificati alcuni articoli del Codice di diritto canonico per renderli omogenei a indicazioni magisteriali successive alla formulazione del Codice o per motivi di funzionalità. Nel caso del diaconato (artt. 1008 e 1009) si sottolinea la distinzione fra vescovi e presbiteri da un lato (che agiscono in «persona di Cristo capo») e diaconi («abilitati a servire il popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della parola e della carità»). Per quanto riguarda il matrimonio, e cioè gli articoli 1086, 1117, 1124, viene omesso un inciso («e non separata da essa [Chiesa] con atto formale») che, nato per facilitare l’esercizio del diritto di matrimonio per quanti sono usciti dalla Chiesa, non si è rivelato efficace. Torna quindi la piena obbligatorietà della legge ecclesiastica per tutti i battezzati, senza eccezioni.

Omnium in mentem. Le ragioni di due modifiche: Commento di mons. Francesco Coccopalmerio

F. Coccopalmerio
Diaconato e disciplina matrimoniale sono i due temi che entrano nel motu proprio Omnium in mentem firmato dal Benedetto XVI il 26 ottobre 2009. Nello specifico vengono modificati alcuni articoli del Codice di diritto canonico per renderli omogenei a indicazioni magisteriali successive alla formulazione del Codice o per motivi di funzionalità. Nel caso del diaconato (artt. 1008 e 1009) si sottolinea la distinzione fra vescovi e presbiteri da un lato (che agiscono in «persona di Cristo capo») e diaconi («abilitati a servire il popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della parola e della carità»). Per quanto riguarda il matrimonio, e cioè gli articoli 1086, 1117, 1124, viene omesso un inciso («e non separata da essa [Chiesa] con atto formale») che, nato per facilitare l’esercizio del diritto di matrimonio per quanti sono usciti dalla Chiesa, non si è rivelato efficace. Torna quindi la piena obbligatorietà della legge ecclesiastica per tutti i battezzati, senza eccezioni.

L’uomo, centro dell’ambiente. Discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede

Benedetto XVI
«La negazione di Dio sfigura la libertà della persona umana, ma devasta anche la creazione! Ne consegue che la salvaguardia del creato non risponde in primo luogo a un’esigenza estetica, ma anzitutto a un’esigenza morale, perché la natura esprime un disegno di amore e di verità (…) che viene da Dio». Dopo il messaggio per la Giornata mondiale della pace 2010 (Regno-doc. 1,2010,1ss) il papa dedica al tema ambientale anche il discorso pronunciato in occasione del saluto d’inizio anno rivolto l’11 gennaio al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Nonostante le «difficoltà che si sono potute constatare ancora di recente durante» la Conferenza di Copenaghen, occorre che gli stati giungano «a un accordo per affrontare tale questione in modo efficace», tenendo presenti alcune linee-guida: «il rispetto per la persona»; «una corretta gestione delle risorse naturali dei paesi», in particolare in Africa; il controllo sulla «spesa militare». Ma la radice ultima dell’attenzione all’ambiente dev’essere d’«ordine morale», lasciando quindi spazio sulla scena pubblica anche alle fedi che sole possono nutrire una reale «ecologia umana».

Ai sacerdoti della Cina. Lettera del card. Bertone

T. Bertone
Dopo la Lettera alla Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese di Benedetto XVI (cf. Regno-doc. 13,2007,385) e il successivo Compendio (cf. Regno-doc. 13,2009,402), il 10 novembre scorso è stata pubblicata una Lettera ai sacerdoti nella Repubblica popolare cinese del card. Tarcisio Bertone, segretario di stato (il papa lo ha confermato in tale incarico il 15.1.2010, al compimento dei 75 anni). Il filo coerente di tutti e tre i documenti è la riaffermazione dell’unità della Chiesa in Cina, l’auspicio per la fine della necessità della clandestinità, l’opportunità di un nuovo slancio pastorale e progettuale. Prendendo occasione dall’anno sacerdotale in corso, la lettera del card. Bertone invita i sacerdoti alla speranza, raccomandando loro la necessità dell’annuncio, l’esercizio delle virtù, la celebrazione dell’eucaristia, la predicazione della Parola, la cura delle vocazioni sacerdotali, la formazione permanente, il culto eucaristico, la riconciliazione, gli organismi di comunione.

La Chiesa cattolica nel Medio Oriente. Lineamenta per l’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi

N. Eterovic
Gli obiettivi dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi che si svolgerà a Roma dal 10 al 24 ottobre prossimi sono così indicati dai Lineamenta, resi pubblici il 19 gennaio: «confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità», «ravvivare la comunione ecclesiale», offrire una visione chiara del loro ruolo e missione nelle società musulmane. Sullo sfondo i problemi comuni (l’islamizzazione delle società e degli stati, il peso delle guerre del Golfo, l’irrisolto conflitto israelo-palestinese, il difficile dialogo con islam ed ebraismo), ma anche le contraddizioni interne: l’emigrazione, il confessionalismo, la divisione. Tre le parti: Chiesa cattolica in Medio Oriente; la comunione ecclesiale; la testimonianza cristiana. Il titolo per esteso suona: «La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32)». Cf. Regno-att. 2,2010,3.

Un momento di verità. Il documento «Kairos Palestina»

AA.VV.
«Noi, gruppo di cristiani palestinesi, dopo aver pregato, riflettuto ed esserci confrontati sulla sofferenza del nostro paese, sotto l’occupazione israeliana, facciamo udire il nostro grido, un grido di speranza dell’assenza di ogni speranza, un grido colmo di preghiera e fede in Dio… Perché oggi la tragedia del popolo palestinese è giunta a un vicolo cieco». È così che inizia l’appello di un gruppo di cristiani palestinesi esponenti di diverse Chiese e organizzazioni cristiane, distribuito l’11 dicembre 2009 a Betlemme. L’appello, definito il «documento Kairos Palestina», ha come titolo Un momento di verità: una parola di fede, speranza e amore dal cuore della sofferenza palestinese e presenta come primo firmatario il patriarca latino emerito di Gerusalemme mons. Sabbah. Rivolgendosi ai fratelli e sorelle cristiani, alle Chiese nel mondo, alla comunità internazionale, ai leader religiosi ebrei e musulmani, al popolo palestinese e agli israeliani, gli autori dell’appello esprimono il loro dolore, condannando il vuoto presente nelle promesse e nei pronunciamenti sulla pace nella regione e chiedendo l’impegno di tutti per porre fine «all’occupazione israeliana dei territori palestinesi» (n.7).

Immigrati: oltre gli stereotipi. Caritas / Migrantes: XIX Dossier statistico sull’immigrazione

Caritas, Fondazione Migrantes
Sono circa 4,5 milioni gli immigrati che vivono oggi nel nostro paese. Infatti, «il 2008 è stato il primo anno in cui l’Italia, per incidenza degli stranieri residenti sul totale della popolazione, si è collocata al di sopra della media europea» con il 7,2%, «e, seppure ancora lontana dalla Germania e specialmente dalla Spagna (con incidenze rispettivamente dell’8,2% e dell’11,7%), ha superato la Gran Bretagna (6,3%)». Su queste cifre si apre la XIX edizione del Dossier statistico sull’immigrazione, curato da Caritas e dalla Fondazione Migrantes e reso noto lo scorso ottobre, di cui presentiamo la sintesi. Il costante monitoraggio dei dati è un servizio non solo alla verità statistica, ma soprattutto alla politica e all’opinione pubblica. Sulla loro base, infatti, la prima deve dotarsi di strumenti adeguati per favorire l’integrazione e per comprendere i luoghi dove essa è a rischio (cf. riquadro sui fatti di Rosarno, qui a p. 112); la seconda deve poter confrontarsi a partire da una visione corretta della realtà (cf. riquadro sull’immigrazione nei media qui a p. 114).

Immigrati: nostri fratelli

M.E. Gandolfi
Sono «almeno dieci anni che denunciamo la situazione degli immigrati stagionali a Rosarno, ma nessuno, né in Calabria né a Roma è intervenuto»: così commenta amaramente il vescovo di Oppido-Mamertina-Palmi, mons. Luciano Bux – nella cui diocesi si trova la cittadina calabra – la notizia degli scontri che hanno coinvolto immigrati e residenti a partire dal 7 gennaio.

Immigrati: i soliti delinquenti

M.E. Gandolfi
Che la complessità del fenomeno migratorio sia spesso rappresentata attraverso la categoria dell’ordine pubblico è un fatto noto, come i fatti di Rosarno (cf. qui alle pp. 112-113) e la loro interpretazione hanno dimostrato. In questa semplificazione svolgono un ruolo cruciale i mass media, che tendono a imporre letture semplificate e seriali della presenza degli immigrati nel paese. Sono a dirlo alcuni dati del Dossier statistico sul l’immigrazione 2009 di Caritas e Migrantes, presentato nell’ottobre scorso (cf. qui a p. 107), da cui è nato anche uno studio curato da Caritas, Migrantes e Agenzia Redattore sociale intitolato La criminalità degli imm igrati: dati, interpretazioni e pregiudizi, anch’esso presentata in ottobre.

Verso i nuovi Orientamenti pastorali. Comunicato finale, sess. invernale consiglio permanente

Conferenza episcopale italiana
Il «sogno» di «una generazione nuova di italiani e di cattolici» che si impegnano in politica perché «sentono la cosa pubblica come importante e alta» e «avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico», confidato dal card. Bagnasco ai vescovi del Consiglio permanente della CEI (cf. n. 4 del Comunicato finale e riquadro alle pp. 118-119) il 25 gennaio scorso, ha monopolizzato i titoli dei giornali del giorno dopo, tanto quanto le dichiarazioni rilasciate da mons. Crociata alla conferenza stampa conclusiva (29 gennaio) a proposito del fatto che la «percentuale di criminalità» che caratterizza italiani e stranieri è «quasi uguale, se non identica». Il Comunicato finale racconta invece che i lavori del Con siglio, terminati il 27, hanno avuto all’ordine del giorno soprattutto gli Orientamenti pastorali per il decennio a venire (a tema l’emergenza educativa), insieme all’ormai prossimo documento dei vescovi sul Mezzogiorno e all’attuale momento del paese, analizzato sul versante politico, economico e sociale.

Card. Bagnasco: vita pubblica, emergenza educativa

A. Bagnasco
Riprendiamo alcuni stralci dell’ampia Prolusione che il presidente della CEI, card. Bagnasco, ha pronunciato in apertura del Consiglio episcopale permanente, il 25 gennaio 2010. Riguardano la vita pubblica nel nostro paese e il prossimo documento dei vescovi italiani sul Mezzogiorno (nn. 3 e 10) e l’emergenza educativa come orizzonte degli Orientamenti pastorali per il prossimo decennio (n. 6) (www.chiesacattolica.it).

Il Patto della Comunione anglicana. Un accordo tra Chiese autonome e responsabili

K. Kearon
«Il Patto serve per esprimere i comuni impegni e la reciproca responsabilità che mantengono le Chiese aderenti in relazione di comunione fra loro». Dopo cinque anni di lavoro, ha visto la luce il 18 dicembre 2009 il Patto della Comunione anglicana. Il documento ha l’obiettivo di formalizzare i vincoli di affetto e responsabilità reciproca che governano il modo di stare insieme delle Chiese che si richiamano alla tradizione anglicana, e di offrire una modalità condivisa per risolvere le controversie che minano la comunione tra esse. Occasionato dalle vicende che a partire dal 2003 – anno della consacrazione nella Chiesa episcopaliana USA di un vescovo pubblicamente impegnato in una relazione omosessuale e della decisione di autorizzare riti per la celebrazione di unioni fra persone dello stesso sesso – hanno evidenziato un problema ecclesiologico profondo relativo alla comunione in seno all’anglicanesimo, il testo è stato inviato a tutte le province della Comunione anglicana, che dovranno decidere sull’adesione entro il prossimo incontro del Consiglio consultivo anglicano, nel 2012.

Il Patto della Comunione anglicana. Lettera di presentazione

K. Kearon
«Il Patto serve per esprimere i comuni impegni e la reciproca responsabilità che mantengono le Chiese aderenti in relazione di comunione fra loro». Dopo cinque anni di lavoro, ha visto la luce il 18 dicembre 2009 il Patto della Comunione anglicana. Il documento ha l’obiettivo di formalizzare i vincoli di affetto e responsabilità reciproca che governano il modo di stare insieme delle Chiese che si richiamano alla tradizione anglicana, e di offrire una modalità condivisa per risolvere le controversie che minano la comunione tra esse. Occasionato dalle vicende che a partire dal 2003 – anno della consacrazione nella Chiesa episcopaliana USA di un vescovo pubblicamente impegnato in una relazione omosessuale e della decisione di autorizzare riti per la celebrazione di unioni fra persone dello stesso sesso – hanno evidenziato un problema ecclesiologico profondo relativo alla comunione in seno all’anglicanesimo, il testo è stato inviato a tutte le province della Comunione anglicana, che dovranno decidere sull’adesione entro il prossimo incontro del Consiglio consultivo anglicano, nel 2012.

Il Patto della Comunione anglicana

Comunione anglicana
«Il Patto serve per esprimere i comuni impegni e la reciproca responsabilità che mantengono le Chiese aderenti in relazione di comunione fra loro». Dopo cinque anni di lavoro, ha visto la luce il 18 dicembre 2009 il Patto della Comunione anglicana. Il documento ha l’obiettivo di formalizzare i vincoli di affetto e responsabilità reciproca che governano il modo di stare insieme delle Chiese che si richiamano alla tradizione anglicana, e di offrire una modalità condivisa per risolvere le controversie che minano la comunione tra esse. Occasionato dalle vicende che a partire dal 2003 – anno della consacrazione nella Chiesa episcopaliana USA di un vescovo pubblicamente impegnato in una relazione omosessuale e della decisione di autorizzare riti per la celebrazione di unioni fra persone dello stesso sesso – hanno evidenziato un problema ecclesiologico profondo relativo alla comunione in seno all’anglicanesimo, il testo è stato inviato a tutte le province della Comunione anglicana, che dovranno decidere sull’adesione entro il prossimo incontro del Consiglio consultivo anglicano, nel 2012.

L’arcivescovo di Canterbury: quello che ci unisce

R. Williams
In occasione dell’invio alle Chiese membri della Comunione anglicana della versione definitiva del Patto della Comunione anglicana, il 17 dicembre l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ne ha spiegato in un videomessaggio, di cui proponiamo una nostra traduzione dall’inglese, le finalità e le procedure richieste per l’adozione (www.archbishopofcanterbury.org).

Il Regno Documenti 3 2010. La rivista completa

Redazione
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