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Documenti, 13/2004

Viaggio apostolico a Berna (Svizzera): da cuore a cuore

Giovanni Paolo II
«Alzati!... Ascolta!... Non avere paura!... Mettiti in cammino!». Ancora una volta Giovanni Paolo II parla ai giovani, da cuore a cuore, e sono quelli della Svizzera, dove il papa si è recato per il suo 103° viaggio internazionale (5-6.6.2004), il quarto in Svizzera (gli altri nel 1982, 1984 e 1985), in occasione dell’incontro nazionale dei giovani cattolici della Confederazione. Il papa, con l’avanzare dell’infermità, non perde nulla della capacità di a porsi in comunicazione diretta con i giovani e di proporsi – autorevolmente – come testimone: «Anch’io, come voi, ho avuto vent’anni. Mi piaceva fare sport, sciare, recitare. Studiavo e lavoravo. Avevo desideri e preoccupazioni. In quegli anni ormai lontani, in tempi in cui la mia terra natale era ferita dalla guerra e poi dal regime totalitario, cercavo il senso da dare alla mia vita. L’ho trovato nella sequela del Signore Gesù» (Incontro al Palaghiaccio, 5.6.2004). Accanto al calore dell’affetto manifestato per i giovani, l’altro nucleo della visita è stato quello delle relazioni ecumeniche (cf. Regno-att. 12,2004,396): «Come non sentire impellente, di fronte a queste parole di Cristo, l’assillo ecumenico? Riaffermo, anche in questa circostanza, la volontà di avanzare sulla via difficile, ma ricca di gioia, della piena comunione di tutti i credenti» (omelia, 6.6.2004)

Incontro al Palaghiaccio

Giovanni Paolo II
«Alzati!... Ascolta!... Non avere paura!... Mettiti in cammino!». Ancora una volta Giovanni Paolo II parla ai giovani, da cuore a cuore, e sono quelli della Svizzera, dove il papa si è recato per il suo 103° viaggio internazionale (5-6.6.2004), il quarto in Svizzera (gli altri nel 1982, 1984 e 1985), in occasione dell’incontro nazionale dei giovani cattolici della Confederazione. Il papa, con l’avanzare dell’infermità, non perde nulla della capacità di a porsi in comunicazione diretta con i giovani e di proporsi – autorevolmente – come testimone: «Anch’io, come voi, ho avuto vent’anni. Mi piaceva fare sport, sciare, recitare. Studiavo e lavoravo. Avevo desideri e preoccupazioni. In quegli anni ormai lontani, in tempi in cui la mia terra natale era ferita dalla guerra e poi dal regime totalitario, cercavo il senso da dare alla mia vita. L’ho trovato nella sequela del Signore Gesù» (Incontro al Palaghiaccio, 5.6.2004). Accanto al calore dell’affetto manifestato per i giovani, l’altro nucleo della visita è stato quello delle relazioni ecumeniche (cf. Regno-att. 12,2004,396): «Come non sentire impellente, di fronte a queste parole di Cristo, l’assillo ecumenico? Riaffermo, anche in questa circostanza, la volontà di avanzare sulla via difficile, ma ricca di gioia, della piena comunione di tutti i credenti» (omelia, 6.6.2004)

Omelia

Giovanni Paolo II
«Alzati!... Ascolta!... Non avere paura!... Mettiti in cammino!». Ancora una volta Giovanni Paolo II parla ai giovani, da cuore a cuore, e sono quelli della Svizzera, dove il papa si è recato per il suo 103° viaggio internazionale (5-6.6.2004), il quarto in Svizzera (gli altri nel 1982, 1984 e 1985), in occasione dell’incontro nazionale dei giovani cattolici della Confederazione. Il papa, con l’avanzare dell’infermità, non perde nulla della capacità di a porsi in comunicazione diretta con i giovani e di proporsi – autorevolmente – come testimone: «Anch’io, come voi, ho avuto vent’anni. Mi piaceva fare sport, sciare, recitare. Studiavo e lavoravo. Avevo desideri e preoccupazioni. In quegli anni ormai lontani, in tempi in cui la mia terra natale era ferita dalla guerra e poi dal regime totalitario, cercavo il senso da dare alla mia vita. L’ho trovato nella sequela del Signore Gesù» (Incontro al Palaghiaccio, 5.6.2004). Accanto al calore dell’affetto manifestato per i giovani, l’altro nucleo della visita è stato quello delle relazioni ecumeniche (cf. Regno-att. 12,2004,396): «Come non sentire impellente, di fronte a queste parole di Cristo, l’assillo ecumenico? Riaffermo, anche in questa circostanza, la volontà di avanzare sulla via difficile, ma ricca di gioia, della piena comunione di tutti i credenti» (omelia, 6.6.2004)

Bartolomeo I a Roma

Visita del patriarca ecumenico per la festa dei s. Pietro e Paolo
«L’amore è cresciuto, ma non siamo ancora giunti al fine desiderato… La nostra presenza oggi, qui, esprime in tutta evidenza il nostro sincero desiderio di rimuovere tutti gli ostacoli ecclesiali che non siano dogmatici o essenziali, affinché il nostro interesse si concentri sullo studio delle differenze essenziali e delle verità dogmatiche che fino a oggi dividono le nostre Chiese». Con queste parole il patriarca ecumenico, Bartolomeo I, si è rivolto alle due Chiese nell’omelia comune tenuta assieme a Giovanni Paolo II nella celebrazione del 29 giugno, durante la sua visita a Roma. Parole riprese dal papa, che ha aggiunto: «Vogliamo insieme continuare a fare quanto è umanamente possibile per colmare quanto ancora ci divide e ci impedisce di comunicare allo stesso corpo e sangue del Signore». Nel corso della visita in Vaticano, Bartolomeo I e Giovanni Paolo II hanno firmato una Dichiarazione comune nel 40° dell’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I (Gerusalemme, 5-6 gennaio 1964). In essa si riafferma l’opportunità di riprendere i lavori della «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme». Un passo significativo oltre le incomprensioni manifestate da Bartolomeo nel dicembre scorso (cf. Regno-att. 4,2004,84; Regno-doc. 5,2004,129)

Discorso di Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II
«L’amore è cresciuto, ma non siamo ancora giunti al fine desiderato… La nostra presenza oggi, qui, esprime in tutta evidenza il nostro sincero desiderio di rimuovere tutti gli ostacoli ecclesiali che non siano dogmatici o essenziali, affinché il nostro interesse si concentri sullo studio delle differenze essenziali e delle verità dogmatiche che fino a oggi dividono le nostre Chiese». Con queste parole il patriarca ecumenico, Bartolomeo I, si è rivolto alle due Chiese nell’omelia comune tenuta assieme a Giovanni Paolo II nella celebrazione del 29 giugno, durante la sua visita a Roma. Parole riprese dal papa, che ha aggiunto: «Vogliamo insieme continuare a fare quanto è umanamente possibile per colmare quanto ancora ci divide e ci impedisce di comunicare allo stesso corpo e sangue del Signore». Nel corso della visita in Vaticano, Bartolomeo I e Giovanni Paolo II hanno firmato una Dichiarazione comune nel 40° dell’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I (Gerusalemme, 5-6 gennaio 1964). In essa si riafferma l’opportunità di riprendere i lavori della «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme». Un passo significativo oltre le incomprensioni manifestate da Bartolomeo nel dicembre scorso (cf. Regno-att. 4,2004,84; Regno-doc. 5,2004,129)

Omaggio del patriarca Bartolomeo

Bartolomeo I
«L’amore è cresciuto, ma non siamo ancora giunti al fine desiderato… La nostra presenza oggi, qui, esprime in tutta evidenza il nostro sincero desiderio di rimuovere tutti gli ostacoli ecclesiali che non siano dogmatici o essenziali, affinché il nostro interesse si concentri sullo studio delle differenze essenziali e delle verità dogmatiche che fino a oggi dividono le nostre Chiese». Con queste parole il patriarca ecumenico, Bartolomeo I, si è rivolto alle due Chiese nell’omelia comune tenuta assieme a Giovanni Paolo II nella celebrazione del 29 giugno, durante la sua visita a Roma. Parole riprese dal papa, che ha aggiunto: «Vogliamo insieme continuare a fare quanto è umanamente possibile per colmare quanto ancora ci divide e ci impedisce di comunicare allo stesso corpo e sangue del Signore». Nel corso della visita in Vaticano, Bartolomeo I e Giovanni Paolo II hanno firmato una Dichiarazione comune nel 40° dell’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I (Gerusalemme, 5-6 gennaio 1964). In essa si riafferma l’opportunità di riprendere i lavori della «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme». Un passo significativo oltre le incomprensioni manifestate da Bartolomeo nel dicembre scorso (cf. Regno-att. 4,2004,84; Regno-doc. 5,2004,129)

Omelia del patriarca e del papa

Giovanni Paolo II, Bartolomeo I
«L’amore è cresciuto, ma non siamo ancora giunti al fine desiderato… La nostra presenza oggi, qui, esprime in tutta evidenza il nostro sincero desiderio di rimuovere tutti gli ostacoli ecclesiali che non siano dogmatici o essenziali, affinché il nostro interesse si concentri sullo studio delle differenze essenziali e delle verità dogmatiche che fino a oggi dividono le nostre Chiese». Con queste parole il patriarca ecumenico, Bartolomeo I, si è rivolto alle due Chiese nell’omelia comune tenuta assieme a Giovanni Paolo II nella celebrazione del 29 giugno, durante la sua visita a Roma. Parole riprese dal papa, che ha aggiunto: «Vogliamo insieme continuare a fare quanto è umanamente possibile per colmare quanto ancora ci divide e ci impedisce di comunicare allo stesso corpo e sangue del Signore». Nel corso della visita in Vaticano, Bartolomeo I e Giovanni Paolo II hanno firmato una Dichiarazione comune nel 40° dell’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I (Gerusalemme, 5-6 gennaio 1964). In essa si riafferma l’opportunità di riprendere i lavori della «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme». Un passo significativo oltre le incomprensioni manifestate da Bartolomeo nel dicembre scorso (cf. Regno-att. 4,2004,84; Regno-doc. 5,2004,129)

Alla Chiesa greco-cattolica ucraina: il patriarcato quando Dio vorrà

Giovanni Paolo II
Il 3 giugno scorso Giovanni Paolo II ha ricevuto in udienza in Vaticano i membri del Sinodo permanente della Chiesa greco-cattolica ucraina, guidati dall’arcivescovo maggiore di Lviv card. L. Husar. Nel corso del breve discorso (originale: www.vatican.va) ha preso in esame l’«aspirazione», da parte di questa Chiesa, «ad avere una piena configurazione giuridico ecclesiale», ovvero a essere riconosciuta come patriarcato. Cf. ampiamente Regno-att. 12,2004,392-395.

Dichiarazione comune

Giovanni Paolo II, Bartolomeo I
«L’amore è cresciuto, ma non siamo ancora giunti al fine desiderato… La nostra presenza oggi, qui, esprime in tutta evidenza il nostro sincero desiderio di rimuovere tutti gli ostacoli ecclesiali che non siano dogmatici o essenziali, affinché il nostro interesse si concentri sullo studio delle differenze essenziali e delle verità dogmatiche che fino a oggi dividono le nostre Chiese». Con queste parole il patriarca ecumenico, Bartolomeo I, si è rivolto alle due Chiese nell’omelia comune tenuta assieme a Giovanni Paolo II nella celebrazione del 29 giugno, durante la sua visita a Roma. Parole riprese dal papa, che ha aggiunto: «Vogliamo insieme continuare a fare quanto è umanamente possibile per colmare quanto ancora ci divide e ci impedisce di comunicare allo stesso corpo e sangue del Signore». Nel corso della visita in Vaticano, Bartolomeo I e Giovanni Paolo II hanno firmato una Dichiarazione comune nel 40° dell’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I (Gerusalemme, 5-6 gennaio 1964). In essa si riafferma l’opportunità di riprendere i lavori della «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme». Un passo significativo oltre le incomprensioni manifestate da Bartolomeo nel dicembre scorso (cf. Regno-att. 4,2004,84; Regno-doc. 5,2004,129)

Concordato

Santa Sede - Repubblica Portoghese
Un nuovo Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica Portoghese è stato firmato lo scorso 18 maggio a Roma dal card. Angelo Sodano, segretario di stato vaticano, e dal primo ministro portoghese José Manuel Durâo Barroso (designato presidente della Commissione europea il 29 giugno). Il nuovo Concordato sostituisce il precedente, risalente al 1940, cioè agli anni in cui vigeva in Portogallo la dittatura di Antonio de Oliveira Salazar, e dall’impostazione ormai anacronistica (comprendeva un Accordo missionario sulle Province d’oltremare, cioè sulle colonie). L’iniziativa della revisione è partita dal governo portoghese; il processo negoziale è stato avviato nel 2000 e ha visto il lavoro congiunto di due commissioni, una per parte. In base al nuovo testo lo stato portoghese riconosce alla Conferenza episcopale portoghese la personalità giuridica, garantisce alla Chiesa il libero e pubblico esercizio delle sue attività e la giurisdizione in materia ecclesiastica, salvaguarda la libertà religiosa negli ambiti di coscienza, riunione, associazione, espressione pubblica, insegnamento e attività caritativa. Cf. Regno-att. 12,2004,391.

Il volto missionario delle parrocchie

Episcopato italiano
Una «svolta missionaria della Chiesa in Italia di fronte alle sfide di quest’epoca di forti cambiamenti», un «rinnovamento pastorale della parrocchia in senso missionario»; è la «nuova frontiera» della pastorale che i vescovi italiani indicano alla loro Chiesa, in questa nota pastorale dal titolo Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, approvata nel corso della LIII Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana (17-21.5.2004) dopo un ampio dibattito durato due anni (cf. Regno-att. 10,2004,307). I punti focali di tale «svolta» sono identificati nel «primo annuncio del Vangelo, da riscoprire come azione essenziale della Chiesa», nel «farsi carico della situazione degli adulti» e nell’attuazione della cosiddetta «pastorale integrata», cioè l’integrazione a livello parrocchiale di movimenti e nuove realtà ecclesiali, «che hanno un ruolo particolare nella sfida ai fenomeni di scristianizzazione e nella risposta alle domande di religiosità»

La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri

Comitato scientifico delle settimane sociali
«Come difendere e promuovere i valori della democrazia in un’epoca di così grandi cambiamenti? Quali sono i modi e gli strumenti più adeguati per realizzare oggi un governo della società fondato su una visione ugualitaria dei rapporti sociali e dei diritti civili e politici?». I cattolici italiani si interrogano sulla democrazia: sarà questo il dato caratterizzante la XLIV Settimana sociale, in programma a Bologna dal 7 al 10 ottobre 2004 e consacrata appunto al tema: «La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri». Il Documento preparatorio, diffuso a partire dal 23 giugno scorso, propone in apertura una descrizione in chiaroscuro della situazione attuale: accanto agli attuali fattori di mutamento, si sottolineano la crisi dei valori, il ridimensionamento dello stato sociale, la tentazione del populismo. Seguono tre capitoli sul rapporto tra democrazia e valori, sistemi di potere, scienza e la tecnologia, mentre l’ultimo ricapitola la questione istituzionale. Trasversalmente all’intero documento, si intravedono i contributi espressi nei quattro seminari preparatori organizzati dal Comitato nel 2003-2004 sulle istituzioni (cf. Regno-doc. 11,2003,342), la scienza, l’economia e il diritto internazionale.

Fede e identità in Irlanda del Nord

Mons. Sèan Brady, arcivescovo di Armagh
«In Irlanda del Nord l’interazione tra fede e identità rimane un fattore fondamentale», ma come evitare il « pernicioso male del settarismo»? – s’interroga mons. S. Brady, arcivescovo di Armagh e primate dell’Irlanda, in una conferenza intitolata «Fede e identità. Una prospettiva cattolica sull’Irlanda del Nord» del 5 maggio scorso, tenuta significativamente presso il Centro (cattolico) S. Ethelburga per la pace e la riconciliazione con sede a Londra. Senza nascondere gli effettivi progressi compiuti nel processo di pace a partire dall’Accordo del Venerdì santo (cf. Regno-doc. 11,1998,378), è necessario per mons. Brady ristabilire «la fiducia,… la prima vittima della violenza e dell’ingiustizia», facendo sì che ciascuna comunità declini fede e identità secondo un «confine poroso» all’interno del quale l’altro possa essere accolto. In secondo luogo, cattolici e protestanti devono percorrere «un miglio in più», assieme e ciascuno per la propria parte. «Percorrere il miglio in più per la comunità cattolica significa andare al di là delle molte e fondate ragioni storiche che pure essa ha per diffidare della polizia». «Per protestanti e unionisti, invece, significa accettare fino in fondo tutte le implicazioni dei principi contenuti nell’Accordo del Venerdì santo». Sul persistere della violenza in Irlanda del Nord cf. in questo numero a p. 435.

Primo rapporto

Irlanda del Nord - Commissione indipendente di monitoraggio
«Anche se il numero degli omicidi, degli attacchi contro le forze dell’ordine e degli attentati dinamitardi da parte di paramilitari è diminuito, il livello della violenza… è stato e continua a essere più alto di quanto non lo fosse prima dell’Accordo di Belfast» (cf. Regno-doc. 11, 1998, 379): «quasi un omicidio al mese, circa tre vittime di sparatorie e assalti alla settimana», e i «i gruppi lealisti sono responsabili di livelli di violenza notevolmente più elevati rispetto ai repubblicani». Sono queste le amare conclusioni della Commissione indipendente di monitoraggio che ha pubblicato il suo Primo rapporto il 20 aprile scorso. Ma ciò che è ancor più allarmante è che si è stabilizzata all’interno dei gruppi paramilitari un’attività criminale sistematica che costituisce «la più grande minaccia a lungo termine per la legalità nell’Irlanda del Nord. Più il crimine organizzato si radica, più è difficile estirparlo e più grande è il rischio che esso si estenda ad altre comunità che prima non ne erano colpite». Qui siamo «al cuore della democrazia». Pertanto tutti gli uomini politici «unionisti e nazionalisti, lealisti e repubblicani, sinistra e destra… dovrebbero unirsi nel sostenere la legalità e nella determinazione a proteggere le comunità locali e la popolazione in generale dai crimini commessi dai gruppi paramilitari». Sulla questione nordirlandese cf. anche in questo numero a p. 427

Giornalismo e conflitti

Norberto G. Gaitano
La vera informazione è liberatrice; nel raccontare un conflitto il giornalista deve porsi dalla parte delle vittime; l'informazione non può promuovere la xenofobia e il nazionalismo; la pace passa dalla non violenza come via di soluzione dei conflitti e non dal pacifismo come ideologia. Questi i quattro principi orientativi proposti dal prof. Norberto G. Gaitano come criterio dell'attività giornalistica: ispirati da un lato dalla Pacem in terris e dai suoi notori «pilastri» (verità, giustizia, amore, libertà); dall’altro dal contesto attuale dell’informazione mondiale: manipolazione del linguaggio, «inquadramento» nelle truppe, «etnocentrismo» occidentale, conflitti dimenticati…). La relazione su «Giornalismo e conflitti» è stata proposta nel corso di una giornata di studio organizzata dalla Pontificia università gregoriana, dalla Pontificia università salesiana e dalla Pontificia università della Santa Croce: presso la sede di quest'ultima, a Roma, il 21 novembre 2003 hanno preso la parola inviati di guerra di diverse testate, esperti della comunicazione e docenti universitari sul tema: «Raccontare per cercare di scuotere l'indifferenza». Il prof. Gaitano mostra dapprima il ruolo svolto dai media in alcune recenti situazioni conflittuali (non necessariamente belliche); poi esemplifica in che misura la prassi corrente sui media internazionali è lontana dai quattro principi enunciati in apertura; infine descrive la «Peace Journalism Option», proposta programmatica di un gruppo internazionale di giornalisti formulata già nel 1997 e rivolta a offrire un'alternativa ai cosiddetti «media dell'odio»