Documenti, 13/2004, 01/07/2004, pag. 435
Primo rapporto
«Anche se il numero degli omicidi, degli attacchi contro le forze dell’ordine e degli attentati dinamitardi da parte di paramilitari è diminuito, il livello della violenza… è stato e continua a essere più alto di quanto non lo fosse prima dell’Accordo di Belfast» (cf. Regno-doc. 11, 1998, 379): «quasi un omicidio al mese, circa tre vittime di sparatorie e assalti alla settimana», e i «i gruppi lealisti sono responsabili di livelli di violenza notevolmente più elevati rispetto ai repubblicani». Sono queste le amare conclusioni della Commissione indipendente di monitoraggio che ha pubblicato il suo Primo rapporto il 20 aprile scorso. Ma ciò che è ancor più allarmante è che si è stabilizzata all’interno dei gruppi paramilitari un’attività criminale sistematica che costituisce «la più grande minaccia a lungo termine per la legalità nell’Irlanda del Nord. Più il crimine organizzato si radica, più è difficile estirparlo e più grande è il rischio che esso si estenda ad altre comunità che prima non ne erano colpite». Qui siamo «al cuore della democrazia». Pertanto tutti gli uomini politici «unionisti e nazionalisti, lealisti e repubblicani, sinistra e destra… dovrebbero unirsi nel sostenere la legalità e nella determinazione a proteggere le comunità locali e la popolazione in generale dai crimini commessi dai gruppi paramilitari».
Sulla questione nordirlandese cf. anche in questo numero a p. 427
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