Con grande sorpresa la sera del 7 luglio si è scoperto che la formazione d’estrema destra è arrivata solo terza quanto a numero di seggi.
Il dibattito sulla riforma costituzionale proposta dal Governo per introdurre il cosiddetto premierato è entrato nella sua terza fase. La prima è stata quella delle consultazioni del Governo con i partiti, in particolare dell’opposizione.
Tutti ricordano la dichiarazione di Putin che affermava che la caduta dell’URSS rappresentava la tragedia più grande del XX secolo. Non la Seconda guerra mondiale con la Shoah, non il Gulag. Chi riesce a capovolgere questa tragedia riceverà il premio dalla storia.
Netta la condanna del Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose, «che comprende diverse Chiese cristiane, comunità ebraiche e musulmane dell’Ucraina», dell’attacco russo che l’8 luglio ha colpito anche l’ospedale pediatrico «Okhmatdyt», considerato a Kiev una struttura equivalente al «Bambin Gesù» di Roma per le cure pediatriche anche oncologiche.
Nell’ampio percorso di riforma della Chiesa cattolica avviato da papa Francesco, le cui ramificazioni si dipartono dal corso principale della «sinodalità», emerge un nuovo e promettente capitolo: quello del ruolo del papa.
Per la prima volta la Chiesa cattolica ha messo a tema l’accesso delle donne al diaconato in un’Assemblea del Sinodo dei vescovi.1 Nella Relazione di sintesi della I Sessione (4-29.10.2023), pubblicata il 28 ottobre scorso, si riferisce che «sono state espresse posizioni diverse in merito all’accesso delle donne al ministero diaconale».2
Che la vicenda delle clarisse di Belorado presenti aspetti tali da rievocare il Medioevo, lo ha sostenuto anche mons. César García Magán, segretario e portavoce della Conferenza episcopale spagnola.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, partecipando alla 50ª edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani (3-7 luglio), ha stigmatizzato i rischi attuali, in Italia e in Europa, di una caduta dei valori democratici a livello formale e sostanziale.
Il titolo dell’appuntamento triestino, «Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro», ha ben fotografato lo spaccato che, soprattutto nell’ultimo decennio, viviamo a più livelli: generazionale, sociale, culturale, tecnologico, economico, politico.
Non è certo difficile individuare figure della Chiesa antica che si siano interessate della ricchezza, specie del suo buon uso, e della povertà, determinata frequentemente dall’avidità di possesso di chi già è ricco.
Papa Francesco nel suo discorso al G7 ha aggiunto un ulteriore tassello descrittivo, soffermandosi sull’essenza dell’intelligenza artificiale quale «utensile disegnato per la risoluzione di un problema».
Se è vero che nell’epoca delle piattaforme si può scoprire la filmografia di un artista senza abbandonare il proprio divano, è altrettanto vero che un maestro del cinema si può scoprire nell’essenza più autentica solo uscendo di casa e lasciandosi condurre nei luoghi del suo sguardo.
Il libro di Abbattista è il 5o della collana «Il melograno. Personaggi biblici nell’esegesi ebraica e cristiana», a cura di M. Cassuto Morselli e M. Gargiulo.
Nel quadro dell’indagine si situa anche questo volumetto che raccoglie, dopo una nota introduttiva di Mariapia Donat-Cattin, gli interventi tenuti da 5 studiosi – Nicola Antonetti, Francesco Malgeri, Francesco Traniello, Luigi Giorgi, Vittorio Rapetti – a un incontro di studio svoltosi nel maggio 2023.
In Heinrich Heine (1797-1856) risuona l’idea che la ricerca della libertà dell’uomo sia profondamente connessa con il desiderio di Dio e della vita, che alberga radicalmente in lui, nonostante la morte.
Cheaib suggerisce al lettore di leggere il libro senza fretta, perché non c’è bisogno di divorare le pagine se poi non si scende in quelle profondità del proprio intimo che permettono d’evitare di correre dietro all’ennesima novità che è già passata di moda.
Le questioni legate alle migrazioni internazionali e all’asilo sono assurte da tempo a un rango d’alta priorità nelle agende politiche. Il G7 pugliese lo ha confermato.
Servita friulano giunto in Cile nel 1973, dopo alcuni anni trascorsi in Bolivia, Luigi (Luis) Infanti Della Mora è dal 1999 vescovo del vicariato apostolico dell’Aysén.
A un mese dalle elezioni federali del 2 giugno scorso, in cui la cittadinanza è stata chiamata a rinnovare presidente, deputati, senatori, governatori e sindaci, per oltre 20.000 cariche pubbliche è stato pubblicato il messaggio Adoperatevi, piantate, lavorate per il bene comune.
Il triplice voto indonesiano del 14 febbraio (presidenziale, parlamentare, amministrativo) ha ancora una volta escluso da ruoli di rilievo i gruppi d’ispirazione religiosa, segnalando che il più popoloso paese musulmano al mondo è in grado di contenere le pressioni più radicali e a integrare fedi, etnie e sviluppo.
I latini dicevano che «nomen est omen». Il nome dice qualcosa della realtà che nomina, del destino dell’oggetto (o della persona), oggi potremmo dire del suo «programma» intrinseco. L’espressione «cancel culture» è carica di significato: una «cultura dell’eliminazione», dell’esclusione, dell’espulsione. Gli aderenti alla cancel culture ritengono d’avere il diritto, come in una situazione d’emergenza, di fare le cose a modo loro. Non è difficile sostenere questo movimento, né difenderlo; non è nemmeno difficile criticarlo. Lo scopo di questo saggio – afferma il teologo luterano Hans-Christoph Askani – è diverso: è mostrare. Mostrare come questo movimento funziona, chi sono i suoi protagonisti, quali sono i suoi obiettivi e le sue motivazioni, e quali sono i suoi effetti in una società in cui la cancel culture è attiva anche grazie ai social.
Fede, speranza, carità: Giovanni riconosce ed enumera i pilastri della professione cristiana e sempre li raccorda agli impegni della vita associata. Ecco come collega preghiera e libertà: «La libertà per il credente è sperimentabile in modo del tutto gratuito nella preghiera» (Esodo 3/2005).