Tra le varie novità che, all’inizio del pontificato di Francesco, hanno colpito gli osservatori vi è stato anche il richiamo al valore esemplare attribuito alla figura di Pietro Favre. Si tratta infatti di un personaggio poco conosciuto. Nato a Villaret in Savoia nel 1506, si reca per gli studi a Parigi. Qui condivide la stanza, al Collège Saint-Barbe, con Ignazio di Loyola e Francesco Saverio, diventando membro del gruppetto che è all’origine della Compagnia di Gesù. Con la morte a Roma nel 1546, il suo ricordo si eclissa dalla comunità ecclesiale.
Il secolo XIX è centrale per comprendere quello che l’autrice chiama «il destino antimoderno» del cattolicesimo. Gli ultimi 200 anni rappresentano una serie di tentativi di risposta contro la moderna laicità e lo stato laico: da Donoso Cortes al teologo statunitense William Cavanaugh (che è diventato un punto di riferimento per teologi di tendenza «radical orthodoxy», anche in Francia e in Italia). Il momento rivelatore è quello politicista reazionario di Maurras, negli anni Venti del secolo XX, per comprendere poi il tentativo di Mounier e Maritain di adattarsi alla modernità e salvare l’essenziale del cristianesimo: un tentativo che il libro definisce fallito.
Quelli del Sinodo [l’Assemblea speciale sull’Europa, celebrata tra il 28 novembre e il 14 dicembre 1991] furono giorni di forte tensione per Martini. La sua stanchezza si era già manifestata a inizio novembre quando l’arcivescovo, durante un’intervista con la giornalista Silvia Giacomoni per il mensile politico Micromega, disse che avrebbe voluto lasciare Milano. Il suo desiderio era andare a Gerusalemme per riprendere il lavoro di critica testuale del Nuovo Testamento e si augurava che il santo padre potesse esaudire questo desiderio.
La dimensione cultuale del cattolicesimo (dalla liturgia al culto dei santi alle devozioni) è profondamente calata nella storia e porta il riflesso del rapporto con le società del proprio tempo dei diversi soggetti (non necessariamente istituzionali) che la promuovono, la preservano o la innovano. Lo ha ampiamente dimostrato la storiografia religiosa che da diversi decenni si è misurata con il suo studio storico-critico.
Non soltanto oggi, ma in certo modo lungo tutta la storia della Chiesa si è discusso e si discute nella Chiesa sulla relazione tra Spirito e istituzione, Chiesa del diritto e Chiesa dell’amore, ministero pastorale e disciplina ecclesiastica, giustizia e misericordia. Un percorso che, se si legge la costituzione apostolica Pascite gregem Dei del 2021, sembra dimostrare che in tempi recenti si sia giunti da una parte a una perdita di interesse nei confronti dell’ordinamento giuridico e dall’altra, e purtroppo, ad abusi.
L’Italia si trova da troppo tempo in una profonda crisi, più insidiosa di qualsiasi recessione economica o altro tipo d’emergenza. È la crisi demografica, dalla quale derivano forti implicazioni sulle nuove generazioni e sul benessere comune. Il succedersi delle generazioni è un elemento chiave della dinamica demografica. Sta alla base della capacità del genere umano di reinventarsi dandosi continuità nel tempo. Questa capacità non può essere data per scontata e sta oggi entrando in crisi come mai in passato, con inedite e profonde conseguenze sul futuro.
Gli interventi di papa Francesco sulla guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina hanno riportato l’attenzione dell’opinione pubblica sull’atteggiamento della Chiesa nei confronti della violenza. Il dibattito che si è sviluppato all’interno e all’esterno del mondo cattolico si è concentrato sul tema della legittimazione morale di uno scontro bellico tra stati, collocando le posizioni del pontefice nel quadro del progressivo svuotamento della teologia della guerra giusta.
Sulla Chiesa fiorentina dei decenni centrali del Novecento molto è stato scritto, sottolineandone la ricchezza e la peculiarità. Si pensi soltanto alle figure di La Pira, don Milani e molti altri. I dibattiti, i consensi e i conflitti suscitati in quelle occasioni riflettevano le tensioni, le difficoltà di tutta la Chiesa italiana.
Esiste una sfida, per la Chiesa, particolarmente impellente, data la sua radicalità e la sua urgenza e dato il fatto che si tratta di qualcosa che incrocia in diversi modi le questioni suddette. È la grande questione della sua missione dentro questo mondo, che si potrebbe esprimere con alcune domande suggestive, che agitano certamente la mente e il cuore di quei cristiani che continuano a custodire il desiderio di trasmettere ad altri la fede che vivono: come può ancora la Chiesa annunciare il Vangelo agli uomini di oggi?