«Solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto avvicinerà i cristiani separati gli uni agli altri. Sì, solo questo amore, che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, solo questo amore ci unirà. Prima il fratello, dopo il sistema». Il 25 gennaio, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, papa Francesco ha presieduto la celebrazione dei secondi vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 57a Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema: «Ama il Signore Dio tuo... e ama il prossimo tuo come te stesso» (cf. Lc 10,27).
Erano presenti anche alcuni vescovi delle tradizioni anglicana e cattolica, presenti a Roma per «Growing together» (Crescere insieme), un vertice d’incontro e pellegrinaggio ecumenico organizzato dalla Commissione internazionale anglicana - cattolica romana per l’unità e la missione (IARCCUM) a Roma e a Canterbury tra il 22 e il 29 gennaio. Come nel 2016, i vescovi erano presenti a coppie, anglicani e cattolici, in rappresentanza di 27 paesi, e nel corso dei secondi vespri sono stati inviati per essere testimoni di unità congiuntamente da papa Francesco e dall’arcivescovo Justin Welby (cf. riquadro a p. 67).
Durante il vertice «Growing together», organizzato dalla Commissione internazionale anglicana - cattolica romana per l’unità e la missione (IARCCUM) a Roma e a Canterbury tra il 22 e il 29 gennaio, il 25 l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha predicato ai vescovi anglicani e cattolici riuniti nella basilica di San Bartolomeo all’Isola, dedicata da Giovanni Paolo II alla memoria dei martiri del XX e XXI secolo (www.archbishopofcanterbury.org; nostra traduzione dall’inglese, titolazione redazionale).
È ampio e articolato, come da consuetudine, il discorso che papa Francesco ha rivolto l’8 gennaio agli ambasciatori dei paesi accreditati presso la Santa Sede, che attualmente sono 184. A un primo giro d’orizzonte di tipo geografico segue un’analisi degli effetti della guerra, specie quelli sulla popolazione civile, e delle sue cause: l’enorme disponibilità di armi, la crisi climatica e quella delle migrazioni.
Nella seconda parte del suo testo il papa indica poi le tappe di una possibile «via della pace»: il rispetto della vita, in particolare quella del nascituro, «che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio», e dei diritti umani, tra i quali la libertà di religione; il dialogo, anche rilanciando le organizzazioni internazionali; un uso etico delle nuove tecnologie. Ma in un discorso tutto centrato sulla pace e la guerra sono da sottolineare soprattutto i passaggi relativi al conflitto in Medio Oriente e a quello in Ucraina, nei quali si fa chiarezza e si toglie ogni fraintendimento e ogni eventuale equivoco emerso nella comunicazione di questi mesi (cf. Regno-att. 2,2024,3).
Sin dal 2013, anno dopo anno, l’incontro prenatalizio di Francesco con la curia romana è servito a dare la misura delle sue attese rispetto al servizio che i dicasteri della Santa Sede sono chiamati a prestare alla Chiesa e al papa. Quest’anno il suo discorso, pronunciato il 21 dicembre, consegna ai curiali «tre verbi per il nostro itinerario di fede e per il servizio che svolgiamo»: ascoltare, discernere e camminare, ciascuno illustrato attraverso una figura biblica, rispettivamente Maria, Giovanni Battista, i Magi.
Non vi sono passaggi particolarmente severi, se non per alcune sottolineature relative alla necessità di coltivare maggiormente, nei dicasteri della Santa Sede, l’arte dell’ascolto, e per il conio di un neologismo, «labirintare», che al papa serve per descrivere una «tentazione» dalla quale guardarsi, nella curia e in genere nella Chiesa: «Restare fermi… dentro i nostri recinti e nelle nostre paure… girare a vuoto… penalizzando il servizio che siamo chiamati a offrire alla Chiesa e al mondo intero».
Francesco è stato il primo papa a scrivere un’enciclica sull’ecologia (la Laudato si’), e sarebbe stato il primo papa a partecipare alla Conferenza delle parti di Dubai (COP 28) se la malattia non glielo avesse impedito. Tuttavia la delegazione della Santa Sede ha regolarmente partecipato, e il papa ha inviato a rappresentarlo il segretario di stato vaticano card. Pietro Parolin, che il 2 dicembre ha letto il discorso del papa.
I punti proposti riprendono essenzialmente quanto sviluppato nell’esortazione apostolica Laudate Deum, pubblicata il 4 ottobre (Regno-doc. 19,2023,592): il riconoscimento della responsabilità umana nel cambiamento climatico; la negazione dell’argomento secondo il quale la crisi ecologica sarebbe provocata dal sovrappopolamento; il multilateralismo come unica via d’uscita per le crisi che stiamo vivendo, che – afferma il papa nel discorso letto dal card. Parolin – sono collegate; la necessità di un’accelerazione nella svolta ecologica; il ruolo culturale delle Chiese per accrescere la consapevolezza sociale e cambiare le abitudini personali, familiari e sociali.
La Conferenza delle parti è il più alto organismo decisionale all’interno della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), un trattato internazionale entrato in vigore nel 1992 per affrontare in modo multilaterale la questione del cambiamento climatico. La Santa Sede, che ha lo statuto di osservatore speciale nelle Nazioni Unite insieme allo Stato di Palestina, vi ha aderito nel 2022 con la ratifica dell’Accordo di Parigi.
Durante la 28a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28), che si è svolta a Dubai negli Emirati Arabi Uniti dal 30 novembre al 13 dicembre 2023, si è tenuto (30 novembre) un Dialogo interreligioso talanoa, dal nome di una pratica di confronto collettivo per la soluzione dei problemi, caratteristica delle isole Figi. Un Appello del Dialogo interreligioso talanoa alla COP 28 è stato reso pubblico l’11 dicembre nell’assemblea plenaria della COP (www.oikumene.org; nostra traduzione dall’inglese).
Mai come in questo tempo «servono artigiani di pace», capaci di declinare «preghiera, amicizia e volontà d’educare alla riconciliazione»: così apre il Comunicato finale del Consiglio permanente della CEI (22-24.1.2024) che, pur avendo in calendario molti eventi ecclesiali italiani e non solo, è partito da una riflessione sul contesto internazionale. Di lì segue una disamina su diversi punti all’ordine del giorno: dal concorso per gli insegnanti di religione all’appoggio dato all’interpretazione pastorale di Fiducia supplicans – in cui coesistono senza confusioni «misericordia» e «insegnamento della Chiesa» –; dall’ordinato cronoprogramma del Cammino sinodale italiano (con due assemblee, una a novembre prossimo, l’altra tra marzo e aprile 2025) alla comunicazione su una versione italiana del Rito d’istituzione dei catechisti; dal calendario degli appuntamenti per il giubileo del 2025 alla notizia sulla presenza del papa alla chiusura della Settimana sociale dei cattolici italiani a Trieste (luglio 2024). Chiude il testo una noterella interessante sul fatto che è in atto una «riflessione sulla riforma degli uffici e dei servizi della Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana».
«Il primo carattere dell’esperienza vissuta è stato precisamente quello di essere un tempo di fraternità, che ha unito donne e uomini fra loro diversissimi, accomunati dall’incontro col Signore Gesù nella sua Chiesa. Per quanto possa sembrare sorprendente, persone di età e culture differenti, con responsabilità e compiti non lievi in vari campi e a diversi livelli, si sono riconosciute unite in una vera e profonda comunione». Il 23 novembre, in occasione del ritiro del clero della diocesi di Salerno, l’arcivescovo Bruno Forte ha proposto una riflessione dal titolo La XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi (Prima sessione, 4-29 ottobre 2023). Esperienza e messaggio. Il noto teologo è infatti stato uno dei cinque vescovi italiani che hanno preso parte alle sedute, insieme a mons. Repole (Torino), mons. Brambilla (Novara), mons. Battaglia (Napoli) e mons. Delpini (Milano).
Quattro settimane di confronto assembleare, dal 4 al 29 ottobre, una consultazione di due anni alle spalle, un anno di approfondimento avviato e un’altra sessione già programmata per ottobre 2024: questa è la portata del processo in corso. Nella sua riflessione mons. Forte ripercorre i temi raccolti dalla Relazione di sintesi (Regno-doc. 21,2023,641) e li accompagna con alcuni spunti, utili per riprendere l’approfondimento nelle Chiese locali in vista della seconda sessione (ottobre 2024).
Il 4 gennaio, di fronte alle reazioni seguite alla dichiarazione Fiducia supplicans (Regno-doc. 1,2024,8 e 16), il Dicastero per la dottrina della fede ha pubblicato su L’Osservatore romano un Comunicato stampa circa la ricezione di Fiducia supplicans, in cui sono affrontate le principali questioni emerse dopo la pubblicazione. L’accusa di blasfemia è rigettata decisamente, sulla base del fatto che «il documento è chiaro e classico sul matrimonio e sulla sessualità».
Rispetto alle possibili difficoltà di contesti locali in cui rispetto all’omosessualità «ci sono forti questioni culturali e perfino legali, che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre i breve termine», «resta importante che queste conferenze episcopali non sostengano una dottrina differente da quella della Dichiarazione approvata dal papa, in quanto è la dottrina di sempre, ma piuttosto che propongano la necessità di uno studio e di un discernimento per agire con prudenza pastorale in un tale contesto».
In sostanza il comunicato stampa ribadisce che la vera novità magisteriale di Fiducia supplicans sta nell’insegnamento sulle benedizioni, e nell’invito a distinguere in proposito tra forme «liturgiche o ritualizzate» – da evitare nel caso delle coppie «irregolari» – e forme «spontanee o pastorali», che sono la modalità più adatta a valorizzare «la fede semplice del popolo di Dio, che anche in mezzo ai suoi peccati esce dall’immanenza e apre il suo cuore per chiedere l’aiuto di Dio». Queste ultime sono descritte come «benedizioni di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale».
L’11 gennaio è stata resa pubblica dal card. Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa e presidente del Simposio delle conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (SCEAM), una «sintesi delle risposte delle conferenze episcopali africane alla dichiarazione Fiducia supplicans», intitolata Nessuna benedizione per le coppie omosessuali nelle Chiese africane (cf. anche Regno-att. 2,2024,7). La proponiamo in una nostra traduzione dall’inglese (www.cbcgha.org).
«Possiamo dire che, mentre non è giusto criminalizzare gli omosessuali per il solo fatto di essere tali, lo stato ha il diritto di criminalizzare gli atti degli omosessuali nell’interesse della nazione». L’11 dicembre la Conferenza dei vescovi cattolici del Ghana ha pubblicato un Comunicato su «La Chiesa cattolica e lo stato sull’omosessualità», firmato dal suo presidente mons. Matthew Kwasi Gyamfi.
Il testo intende motivare, sulla base della Bibbia e dell’insegnamento morale della Chiesa cattolica sull’omosessualità, l’approvazione da parte dell’episcopato cattolico ghanese del disegno di legge «Promozione degli appropriati diritti sessuali umani e dei valori ghanesi della famiglia», attualmente in attesa della seconda lettura in Parlamento. Si tratta di una rielaborazione del contributo inviato già nel 2021 dai vescovi alla commissione che si sta occupando della legge.
La dichiarazione dell’episcopato ghanese fa seguito all’intervista del cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson alla BBC del 27 novembre, dove il porporato aveva affermato che «le persone LGBT non possono essere criminalizzate perché non hanno commesso alcun crimine».
«Questo Rapporto risponde a un’esigenza sociale, etica e politica espressa dall’opinione pubblica. Allo stesso tempo, ed è l’aspetto cruciale, risponde a ciò che chiedono le vittime di violenze sessuali: prima di tutto di essere ascoltate, curate e riconosciute. Sono loro il significato primo, ultimo e centrale di questo Rapporto».
Il 27 ottobre 2023 a Madrid Ángel Gabilondo, Difensore del popolo, ha presentato in conferenza stampa – dopo la consegna al Congresso dei deputati spagnolo – il rapporto Una risposta necessaria sulle violenze sessuali nell’ambito della Chiesa cattolica e sul ruolo dei poteri pubblici, di cui pubblichiamo qui la versione sintetica. La ricerca gli era stata affidata dal governo Sanchez il 10 marzo 2022, a motivo della pubblicazione dell’inquietante dossier di 385 pagine di denuncia redatte dal quotidiano El País, di cui era stata data copia anche a papa Francesco il 2 dicembre 2021, durante il volo verso Cipro (cf. Regno-att. 4,2022,82 e 8,2022,224).
Seguendo una metodologia che richiama quella già utilizzata in Francia (cf. Regno-att. 18,2021,552 e 22,2021,690; Regno-doc. 19,2021,615), il Rapporto spagnolo si è basato sul lavoro di un’équipe multidisciplinare di esperti con vittime e testimoni e su un’indagine demoscopica sulla popolazione spagnola.
«Anche ai nostri giorni la ruota della storia sembra talvolta smarrire la sua strada, portando l’umanità indietro, a tempi e stagioni che mai avremmo pensato di dover rivivere. Le conquiste della pace e delle libertà democratiche… vanno salvaguardate di fronte a risorgenti tentazioni di risolvere le controversie attraverso il ricorso alla guerra, alla violenza, alla sopraffazione. Parole d’ordine, gesti di odio e di terrore sembrano di nuovo affascinare e attrarre, nel nostro continente ma anche altrove».
Il 26 gennaio si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la celebrazione del Giorno della memoria, fissata il 27 gennaio (in Italia dal 2000) «al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che… si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati» (legge n. 211 del 2000).
Nel suo discorso il presidente Mattarella ha collegato il tema della memoria con la guerra in corso tra Israele e Hamas: «Assistiamo nel mondo… a un ritorno di antisemitismo che ha assunto recentemente la forma dell’indicibile, feroce strage antisemita di innocenti nell’aggressione di terrorismo che, in quella pagina di vergogna per l’umanità avvenuta il 7 ottobre, non ha risparmiato nemmeno ragazzi, bambini, persino neonati. Immagine di una raccapricciante replica degli orrori della Shoah».
Il 24 novembre 2023 il Consiglio degli ordini forensi d’Europa (CCBE) ha assegnato il suo «Premio per i diritti umani 2023» agli avvocati cinesi Chow Hang-tung, Xu Zhiyong e Ding Jiaxi, «per il loro coraggio, la loro determinazione e il loro impegno nella difesa dei diritti umani e dello stato di diritto in Cina». Alla consegna del premio i tre avvocati non erano presenti, in quanto detenuti per la loro partecipazione ai movimenti pro-democrazia e per «sovversione». Tuttavia il 24 novembre Chow Hang-tung è riuscita a inviare un discorso di accettazione del premio, intitolato Sull’ordine basato sulle regole, dove denuncia la deformazione dell’idea di giustizia da parte del governo cinese, pur all’interno di un ordinamento regolamentato all’apparenza ancora liberale com’è Hong Kong, e il danno che ne sta venendo a tutta la comunità internazionale.
«È indiscutibile che l’attuale ordine internazionale è fortemente dominato dall’Occidente, e quindi ancora piuttosto lontano dall’ideale della legge-come-valori. Ma il modo per migliorarlo non è dare più voce ai dittatori non occidentali, cosa che potrebbe solo rendere più profondo il silenzio di chi finora non ha avuto voce. Bisogna piuttosto dare alle persone comuni la possibilità di partecipare al dibattito sui valori attraverso la costruzione della democrazia ovunque... Tuttavia se abbandoneremo la ricerca della democrazia non avremo alcuna speranza di costruire un ordine internazionale giusto basato sui valori».