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A quarant’anni dalla sua promulgazione, bisogna ammettere che il Codice di diritto canonico «è stato parzialmente accolto e molte possibilità di partecipazione, corresponsabilità, realizzazione di una ministerialità diffusa sono rimaste sulla carta, perché nella sua applicazione pratica e nella vita concreta delle Chiese ha continuato a prevalere il modello tridentino delle relazioni ecclesiali». Come nel caso dell’ermeneutica conciliare, «la plausibilità di interpretazioni contraddittorie si è potuta appoggiare alla coesistenza nello stesso Codice di due paradigmi: da un lato il suo impianto sistematico è davvero conciliare, e non mancano al suo interno norme innovative – molte delle quali rimaste sulla carta –; dall’altro lato, però, il Codice ospita ancora numerose norme e istituti risalenti alla codificazione precedente, senza nemmeno un adeguamento nella formulazione linguistica». Si muove su queste linee l’intervento intitolato «Prospettive canonistiche», tenuto dalla canonista Donata Horak al IV Convegno nazionale dell’associazione e della rete Viandanti sul tema «Un buon pastore. Per un nuovo ministero ordinato» (Bologna, 30.9-1.10.2023). Dall’ottobre 2023 è al lavoro una commissione vaticana che ha l’incarico di raccogliere ed esaminare le tematiche di interesse canonistico emerse nel corso del Sinodo 2021-2024 sulla sinodalità.
«L’attuale grave crisi… non solo ha distrutto in poco tempo le fragili prospettive di pace e di fiducia, ma ha anche cancellato anni di dialogo interreligioso e di faticosa costruzione di relazioni tra diverse comunità religiose e sociali». Una delle vittime della guerra seguita agli attacchi terroristici del 7 ottobre è stato il dialogo interreligioso: lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa OFM, nel suo intervento alla conferenza stampa «Una conflagrazione in Medio Oriente: la situazione dei cristiani in Terra santa», nel corso dell’Assemblea plenaria autunnale della Conferenza episcopale tedesca il 25 settembre 2024 a Fulda.
Per ricostruire le relazioni distrutte il card. Pizzaballa ha richiamato alla necessità di un «linguaggio non esclusivo» («Non è forse questo, in ultima analisi, il più grande contributo della Chiesa nella nostra situazione, ossia fornire un linguaggio che possa creare un nuovo mondo che non è ancora visibile ma è all’orizzonte?»); di ritrovare la voce come leader religiosi («c’è una grande assenza in questa guerra: la parola dei leader religiosi locali»); e di «moltiplicare i gesti di fraternità, pace, accoglienza, perdono e riconciliazione».
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