La Chiesa in uscita in Amazzonia e i suoi nuovi cammini; il volto amazzonico della Chiesa: inculturazione e interculturalità in ambito missionario-ecclesiale; la ministerialità nella Chiesa in Amazzonia: presbiterato, diaconato, ministeri, ruolo della donna; l’azione della Chiesa nel prendersi cura della casa comune: l’ascolto della Terra e dei poveri; ecologia integrale ambientale, economica, sociale e culturale; la Chiesa amazzonica nella realtà urbana; la questione dell’acqua. Il card. Cláudio Hummes, relatore generale, li ha chiamati «nuclei generativi», ma si tratta del vero e proprio ordine del giorno dell’Assemblea speciale per l’Amazzonia del Sinodo dei vescovi, apertasi a Roma il 6 ottobre 2019 sul tema «Nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale». Prendendo la parola all’inizio della Congregazione generale del 7 ottobre, prima del card. Hummes, papa Francesco ha sintetizzato tale ordine del giorno parlando di quattro dimensioni del Sinodo per l’Amazzonia: «La dimensione pastorale, la dimensione culturale, la dimensione sociale e la dimensione ecologica». Ma di queste, ha sottolineato, l’essenziale è la prima: «Noi cerchiamo di affrontare la realtà dell’Amazzonia con questo cuore pastorale… perché quello che ci preme è l’annuncio del Signore».
Il 20 ottobre un gruppo di partecipanti all’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia si è recato nelle Catacombe di Domitilla per siglare un Patto delle catacombe per la casa comune. Per una Chiesa dal volto amazzonico, povera e serva, profetica e samaritana (redamazonica.org; nostra traduzione dallo spagnolo). L’evento e il documento si rifanno al precedente del 1965, quando 42 padri conciliari firmarono un Patto delle catacombe che metteva al centro del ministero pastorale l’opzione preferenziale dei poveri (Regno-att. 2,2013,50; Il Regno 13,1965,493).
«La III domenica del tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della parola di Dio»: è questa disposizione, concepita in seno al Giubileo straordinario della misericordia, l’oggetto del motu proprio di papa Francesco Aperuit illis, diffuso lo scorso 30 settembre. L’episodio che ha suggerito il titolo, ovvero quello dei discepoli di Emmaus ai quali Gesù «aprì la mente» alla comprensione delle Scritture, non è certo l’unico brano biblico sul quale il documento si fonda; al contrario esso è intessuto di riferimenti al testo sacro: dal libro di Neemia, dove si narra del popolo d’Israele radunato in ascolto della Legge al ritorno dall’esilio, a quello dell’Apocalisse, dove l’evangelista Giovanni «divora» letteralmente la Bibbia, conoscendone la dolcezza e l’amarezza. Quanto al magistero, le fonti principali della neonata «Domenica della parola di Dio» sono indicate nella costituzione conciliare Dei Verbum e nell’esortazione apostolica postsinodale di Benedetto XVI Verbum Domini. Tra le indicazioni concrete per la celebrazione di questa giornata, il documento pone l’intronizzazione del libro sacro durante la messa, la celebrazione del rito del lettorato, la consegna della Bibbia o di un suo libro a tutta l’assemblea: il suo fine infatti è far «crescere nel popolo di Dio la religiosa e assidua familiarità con le sacre Scritture».
Il 10 agosto è stato pubblicato il nuovo Statuto dell’Istituto per le opere di religione (IOR), unitamente al chirografo di papa Francesco che lo promulga. In esso il pontefice ripercorre le tappe che hanno segnato la nascita e lo sviluppo dell’istituto, dalla sua fondazione nel 1942, per opera di Pio XII, fino alla più recente riforma statutaria del 1990, voluta da san Giovanni Paolo II. Oggi, allo «scopo di continuare ad adeguare sempre meglio le strutture e l’attività dell’istituto alle esigenze dei tempi, facendo ricorso, in particolare, alla collaborazione e alla responsabilità di laici cattolici competenti, desidero rinnovare, ad experimentum per due anni, gli statuti dell’Istituto per le opere di religione», scrive il pontefice. Viene stabilito che sono organi dell’istituto la Commissione cardinalizia, il prelato, il Consiglio di sovrintendenza e la Direzione. Rispetto al precedente statuto viene specificato che i membri della Commissione cardinalizia sono confermabili una sola volta; per quanto riguarda il Consiglio di sovrintendenza, si prevede che esso sia formato da 7 membri – non più 5 –, anche in questo caso rieleggibili una sola volta; infine il nuovo Statuto stabilisce che la revisione legale dei conti sia esercitata da un revisore esterno, per un periodo di tre esercizi consecutivi, rinnovabile una sola volta.
Mentre in Germania proseguono i preparativi per il «cammino sinodale» che comincerà il 1° dicembre (Regno-att. 14,2019,400), la lettera di papa Francesco del 29 giugno «al popolo di Dio che è in cammino in Germania» (cf. Regno-doc. 15,2019,479; Regno-att. 18,2019,519) è stata seguita da una lettera del prefetto della Congregazione per i vescovi, il card. Marc Ouellet, che è datata 4 settembre ma è arrivata ai vescovi tedeschi il 13 settembre. Essa acclude un parere del Pontificio consiglio per i testi legislativi, in cui si specifica che i temi al centro del «cammino sinodale» non toccano solo la Chiesa in Germania, ma la Chiesa universale e «con poche eccezioni, non possono essere oggetto di deliberazioni e di decisioni di una Chiesa particolare, senza contravvenire a quanto espresso dal santo padre». Il parere solleva inoltre dei dubbi di diritto canonico (ad esempio sul fatto che nella bozza di statuto si preveda parità di diritti per vescovi e laici), e sostiene che la Chiesa tedesca intende «fare un concilio particolare… senza usare questo termine» e quindi senza seguirne le procedure canoniche.
Sono stati presentati il 17 gennaio scorso nella Sala stampa vaticana gli Orientamenti pastorali sulla tratta di persone, messi a punto dalla sezione Migranti e rifugiati del Dicastero per lo sviluppo umano integrale. Il documento, pubblicato in un opuscolo di 36 pagine, si propone di «fornire una chiave di lettura della tratta e una comprensione che diano ragione e sostegno a una lotta necessaria e duratura». Il testo, dopo aver considerato la definizione giuridica della tratta di persone secondo la legge internazionale, è articolato successivamente in dieci sezioni che analizzano la cruda realtà del fenomeno. Viene quindi suggerita una serie di risposte, alcune delle quali favoriscono, in particolare, la cultura dell’incontro. Questi Orientamenti pastorali, frutto di due consultazioni con vescovi, coordinatori pastorali, ricercatori, operatori professionisti e rappresentanti di organizzazioni impegnate in questo settore, «sono indirizzati alle diocesi, alle parrocchie e alle congregazioni religiose, alle scuole e alle università, alle organizzazioni cattoliche e altre organizzazioni della società civile e a qualsiasi altro gruppo disponibile a impegnarsi in questo campo».
Nonostante il fatto che nel 2017 «abbia ricevuto somme derivanti dall’8 per mille IRPEF inferiori a quelle dell’anno precedente» (986 milioni di euro, contro i 1.019 del 2016), la CEI «ha ulteriormente aumentato la somma destinata agli interventi caritativi», come volontà precisa di dare un segnale per «la collettività nazionale» (da 145 milioni di euro a 150 per gli interventi caritativi delle diocesi). Così conclude il Rendiconto 2018 che, in adempimento all’art. 44 della Legge 20.5.1985, n. 222 – recante Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi – pubblica ufficialmente sul Notiziario della CEI i dati su come viene spesa quella parte di tasse che i contribuenti decidono di devolvere alla Chiesa cattolica. Il trend generale è in linea anche con quanto rilevato nel corso degli anni dal nostro volume Annale Chiesa in Italia: aumenta la cifra destinata al sostentamento del clero (366 milioni di euro) che, assieme alla voce «esigenze di culto» (tribunali ecclesiastici, nuove chiese, pastorale locale e nazionale per un totale di 361 milioni di euro), rappresenta la principale voce di destinazione dell’8 per mille. Il resto della cifra a disposizione va in interventi caritativi diocesani, nazionali e fuori dall’Italia, per un totale di 270 milioni di euro.
«Siamo in un tempo in cui la fede dei credenti e la loro perseveranza nella fedeltà al Signore sono particolarmente messe alla prova». Con la lettera pastorale per l’anno 2019-2020 intitolata Forti nella fede. La gioia del Signore è la nostra forza, prosegue la riflessione di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti - Vasto, sulle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, «gli abiti spirituali che ci dispongono a vivere l’incontro col Dio venuto a noi in Gesù Cristo». Dopo la temperanza, oggetto della lettera pastorale dell’anno scorso (Regno-doc. 21,2018,699), è la volta della fortezza, la virtù che «si fonda sulla certezza che il sostegno di chi crede viene dall’alto… e che il Signore ha vinto le potenze del male e soccorre sempre chi confida in lui, facendogli vincere ogni buona battaglia e superare ogni possibile prova e tristezza».
Questa riflessione, sottolinea l’arcivescovo, è necessaria soprattutto oggi, perché «nel contesto di un mondo che sfida la Chiesa sulla sua credibilità, e dunque sulla fedeltà a ciò che annuncia, la fortezza dei credenti appare una virtù fondamentale per vivere e testimoniare il Vangelo».
«Un aspetto peculiare che contraddistingue la maggior parte dei conflitti attuali consiste nell’evidente e a volte drammatica associazione tra violenza e religione». Eppure «l’obiettivo essenziale della vera religione è quello di promuovere la pace: la religione autentica, quindi, non è parte del problema, bensì parte della soluzione». Consapevoli di questa realtà e della «responsabilità morale dei cristiani» e dei seguaci delle altre religioni in questo dilemma, il 21 maggio il Consiglio ecumenico delle Chiese e il Pontificio consiglio per il dialogo religioso hanno pubblicato un documento congiunto dal titolo Educazione alla pace in un mondo multireligioso. Una prospettiva cristiana.
Attraverso questo sussidio, i due organismi indicano il ruolo cruciale che l’educazione svolge nella promozione di una cultura di pace e incoraggiano le Chiese e le organizzazioni cristiane a «riflettere sulle radici strutturali di ciò che ha portato allo sconvolgimento della pace nel mondo», per promuovere un dibattito tra i seguaci delle religioni, coinvolgendo anche gli attori sociali e politici.