I vescovi siciliani
La classe dirigente siciliana, non solo quella politica, «dovrebbe caratterizzarsi sempre, e a maggior ragione in questa fase, con la cifra
del rigore etico e della competenza socio-politica». È il passaggio più
incisivo di queste «riflessioni circa la situazione economica, sociale e
politica», rese pubbliche dai vescovi siciliani lo scorso 19 febbraio, e che
hanno come interlocutore principale l’amministrazione regionale (quella
attuale è in carica da 16 mesi, ma la sua fragile maggioranza è già entrata in difficoltà). La critica dei vescovi, «che non riguarda solo i livelli
istituzionali e politici ma chiunque eserciti ruoli di responsabilità verso gli altri e che, come cristiani, ci esorta a recitare il mea culpa su noi stessi, prima che sugli altri, per le tante omissioni o pavidità» (ivi), si snoda attraverso la segnalazione di alcune aree più bisognose d’intervento (politiche sociali e della famiglia, immigrazione, riforme del governo locale, occupazione giovanile) e culmina nella riaffermazione «dell’incompatibilità del Vangelo con la mafia e la sub-cultura che ne deriva» (n. 8).
Documento, 01/04/2014, pag. 237