I pedofili propriamente detti sono pochi tra i sacerdoti colpevoli di violenze sessuali. Infatti «le caratteristiche individuali non danno indicazioni utili a prevedere che un prete potrà commettere violenze sessuali su minori. Piuttosto sono le vulnerabilità che si sommano a situazioni di stress e a certe occasioni che fanno aumentare il rischio di violenze», così come avviene per i non chierici. È questa una delle principali conclusioni a cui è giunto il secondo rapporto sulle violenze sessuali su minori da parte di sacerdoti cattolici, commissionato dalla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, reso noto in maggio e di cui pubblichiamo il capitolo 6. Dopo il rapporto pubblicato nel 2004 (cf. Regno-att. 6,2004,166), oggi l’istituto legato all’Università di New York afferma che né il celibato obbligatorio né l’omosessualità sono di per sé «la» causa delle violenze, che ha invece radice nei recenti rivolgimenti sociali. La Chiesa ha risposto con «un vero e proprio cambiamento » che tuttavia sarà completo solo quando la trasparenza, l’operatività, la responsabilità saranno parte integrante delle sue strutture.