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Documenti, 15/2002

Luce e sale

A Toronto per la XVII giornata mondiale della gioventù
«Il mondo ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di sale, voi come sale della terra e luce del mondo» (omelia della domenica). «Voi siete gli uomini e le donne di domani; nei vostri cuori e nelle vostre mani è racchiuso il futuro» (omelia del sabato). XVII Giornata mondiale della gioventù, sul tema «Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-14). Sempre più affaticato eppure capace di stabilire una comunicazione diretta e intensa con gli 800.000 giovani presenti e di confermare la sua fiducia in loro, a Toronto (Canada, 23-28 luglio 2002) Giovanni Paolo II ha riproposto la scelta esistenziale che ha definito «la sostanza e la sfida della giornata mondiale della gioventù»: tra lo «spirito del mondo» e Gesù come risposte possibili alla loro sete di felicità. Sullo sfondo il contrasto drammatico tra i due scenari con i quali si è aperto il millennio: «quello della moltitudine di pellegrini venuti a Roma nel grande giubileo...; e quello del terribile attentato terroristico di New York, icona di un mondo nel quale sembra prevalere la dialettica dell'inimicizia e dell'odio». Un accenno il papa ha riservato anche ai recenti scandali che hanno colpito la Chiesa americana: «Amate la Chiesa! Non scoraggiatevi per le colpe e le mancanze di qualche suo figlio. Il danno fatto da alcuni sacerdoti e religiosi a persone giovani o fragili riempie noi tutti di un profondo senso di tristezza e di vergogna» (omelia della domenica). L’Osservatore romano 27.7.2002, 6s; 29-30.7.2002, 4-7

Discorso all'incontro di apertura

A Toronto per la XVII giornata mondiale della gioventù
«Il mondo ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di sale, voi come sale della terra e luce del mondo» (omelia della domenica). «Voi siete gli uomini e le donne di domani; nei vostri cuori e nelle vostre mani è racchiuso il futuro» (omelia del sabato). XVII Giornata mondiale della gioventù, sul tema «Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-14). Sempre più affaticato eppure capace di stabilire una comunicazione diretta e intensa con gli 800.000 giovani presenti e di confermare la sua fiducia in loro, a Toronto (Canada, 23-28 luglio 2002) Giovanni Paolo II ha riproposto la scelta esistenziale che ha definito «la sostanza e la sfida della giornata mondiale della gioventù»: tra lo «spirito del mondo» e Gesù come risposte possibili alla loro sete di felicità. Sullo sfondo il contrasto drammatico tra i due scenari con i quali si è aperto il millennio: «quello della moltitudine di pellegrini venuti a Roma nel grande giubileo...; e quello del terribile attentato terroristico di New York, icona di un mondo nel quale sembra prevalere la dialettica dell'inimicizia e dell'odio». Un accenno il papa ha riservato anche ai recenti scandali che hanno colpito la Chiesa americana: «Amate la Chiesa! Non scoraggiatevi per le colpe e le mancanze di qualche suo figlio. Il danno fatto da alcuni sacerdoti e religiosi a persone giovani o fragili riempie noi tutti di un profondo senso di tristezza e di vergogna» (omelia della domenica). L’Osservatore romano 27.7.2002, 6s; 29-30.7.2002, 4-7

Omelia alla veglia del sabato

A Toronto per la XVII giornata mondiale della gioventù
«Il mondo ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di sale, voi come sale della terra e luce del mondo» (omelia della domenica). «Voi siete gli uomini e le donne di domani; nei vostri cuori e nelle vostre mani è racchiuso il futuro» (omelia del sabato). XVII Giornata mondiale della gioventù, sul tema «Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-14). Sempre più affaticato eppure capace di stabilire una comunicazione diretta e intensa con gli 800.000 giovani presenti e di confermare la sua fiducia in loro, a Toronto (Canada, 23-28 luglio 2002) Giovanni Paolo II ha riproposto la scelta esistenziale che ha definito «la sostanza e la sfida della giornata mondiale della gioventù»: tra lo «spirito del mondo» e Gesù come risposte possibili alla loro sete di felicità. Sullo sfondo il contrasto drammatico tra i due scenari con i quali si è aperto il millennio: «quello della moltitudine di pellegrini venuti a Roma nel grande giubileo...; e quello del terribile attentato terroristico di New York, icona di un mondo nel quale sembra prevalere la dialettica dell'inimicizia e dell'odio». Un accenno il papa ha riservato anche ai recenti scandali che hanno colpito la Chiesa americana: «Amate la Chiesa! Non scoraggiatevi per le colpe e le mancanze di qualche suo figlio. Il danno fatto da alcuni sacerdoti e religiosi a persone giovani o fragili riempie noi tutti di un profondo senso di tristezza e di vergogna» (omelia della domenica). L’Osservatore romano 27.7.2002, 6s; 29-30.7.2002, 4-7

Omelia alla messa della domenica

A Toronto per la XVII giornata mondiale della gioventù
«Il mondo ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di sale, voi come sale della terra e luce del mondo» (omelia della domenica). «Voi siete gli uomini e le donne di domani; nei vostri cuori e nelle vostre mani è racchiuso il futuro» (omelia del sabato). XVII Giornata mondiale della gioventù, sul tema «Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-14). Sempre più affaticato eppure capace di stabilire una comunicazione diretta e intensa con gli 800.000 giovani presenti e di confermare la sua fiducia in loro, a Toronto (Canada, 23-28 luglio 2002) Giovanni Paolo II ha riproposto la scelta esistenziale che ha definito «la sostanza e la sfida della giornata mondiale della gioventù»: tra lo «spirito del mondo» e Gesù come risposte possibili alla loro sete di felicità. Sullo sfondo il contrasto drammatico tra i due scenari con i quali si è aperto il millennio: «quello della moltitudine di pellegrini venuti a Roma nel grande giubileo...; e quello del terribile attentato terroristico di New York, icona di un mondo nel quale sembra prevalere la dialettica dell'inimicizia e dell'odio». Un accenno il papa ha riservato anche ai recenti scandali che hanno colpito la Chiesa americana: «Amate la Chiesa! Non scoraggiatevi per le colpe e le mancanze di qualche suo figlio. Il danno fatto da alcuni sacerdoti e religiosi a persone giovani o fragili riempie noi tutti di un profondo senso di tristezza e di vergogna» (omelia della domenica). L’Osservatore romano 27.7.2002, 6s; 29-30.7.2002, 4-7

Santità indigena

Viaggio in Guatemala e Messico
La santità india è il motivo centrale della visita apostolica di Giovanni Paolo II in Guatemala e Messico (29.7-1.8.2002, 97° viaggio all’estero, terza visita in Guatemala, quinta in Messico), al termine della XVII Giornata mondiale della gioventù (cf. in questo numero a p. 457). A Città del Guatemala il 30 luglio Giovanni Paolo II canonizza il primo santo del paese, fratel Pedro de Betancur, che «attraversò l'Atlantico per servire i poveri e gli indigeni dell'America: prima a Cuba, poi in Honduras e infine in questa benedetta terra del Guatemala». A Città del Messico è proclamato il «primo santo indigeno del continente americano... Juan Diego Cuauhtlatoatzin, l’indio semplice e umile che contemplò il volto dolce e sereno della Vergine del Tepeyac, tanto caro alle popolazioni del Messico», e vengono beatificati i martiri indigeni Juan Bautista e Jacinto di Los Angeles (31 luglio e 1° agosto). In diversi momenti Giovanni Paolo II ha colto l’occasione di affermare la propria «stima e vicinanza» agli indigeni, con un’aperta richiesta di riconoscimento dei loro diritti, un problema tuttora aperto in questi due paesi: «è necessario sostenere oggi gli indigeni nelle loro legittime aspirazioni, rispettando e difendendo gli autentici valori di ciascun gruppo etnico». Cf. anche i riquadri alle pp. 462 e 464. L’Osservatore romano 1.8.2002, 6s; 2.8.2002, 6s.

Per la canonizzazione di P. de Betancur

Viaggio in Guatemala e Messico
La santità india è il motivo centrale della visita apostolica di Giovanni Paolo II in Guatemala e Messico (29.7-1.8.2002, 97° viaggio all’estero, terza visita in Guatemala, quinta in Messico), al termine della XVII Giornata mondiale della gioventù (cf. in questo numero a p. 457). A Città del Guatemala il 30 luglio Giovanni Paolo II canonizza il primo santo del paese, fratel Pedro de Betancur, che «attraversò l'Atlantico per servire i poveri e gli indigeni dell'America: prima a Cuba, poi in Honduras e infine in questa benedetta terra del Guatemala». A Città del Messico è proclamato il «primo santo indigeno del continente americano... Juan Diego Cuauhtlatoatzin, l’indio semplice e umile che contemplò il volto dolce e sereno della Vergine del Tepeyac, tanto caro alle popolazioni del Messico», e vengono beatificati i martiri indigeni Juan Bautista e Jacinto di Los Angeles (31 luglio e 1° agosto). In diversi momenti Giovanni Paolo II ha colto l’occasione di affermare la propria «stima e vicinanza» agli indigeni, con un’aperta richiesta di riconoscimento dei loro diritti, un problema tuttora aperto in questi due paesi: «è necessario sostenere oggi gli indigeni nelle loro legittime aspirazioni, rispettando e difendendo gli autentici valori di ciascun gruppo etnico». Cf. anche i riquadri alle pp. 462 e 464. L’Osservatore romano 1.8.2002, 6s; 2.8.2002, 6s.

«Quale avvenimento ci prepariamo a vivere in Guatemala?»

Episcopato guatemalteco
�Quale avvenimento ci prepariamo a vivere in Guatemala?� "Quale avvenimento ci prepariamo a vivere in Guatemala?" In preparazione alla canonizzazione di fratel Pedro di San José Betancur e alla visita di Giovanni Paolo II l'episcopato guatemalteco ha pubblicato, con la data del 2 giugno 2002, un'ampia lettera pastorale, rivolta essenzialmente a fare del doppio evento...

Per la canonizzazione di Juan Diego

Viaggio in Guatemala e Messico
La santità india è il motivo centrale della visita apostolica di Giovanni Paolo II in Guatemala e Messico (29.7-1.8.2002, 97° viaggio all’estero, terza visita in Guatemala, quinta in Messico), al termine della XVII Giornata mondiale della gioventù (cf. in questo numero a p. 457). A Città del Guatemala il 30 luglio Giovanni Paolo II canonizza il primo santo del paese, fratel Pedro de Betancur, che «attraversò l'Atlantico per servire i poveri e gli indigeni dell'America: prima a Cuba, poi in Honduras e infine in questa benedetta terra del Guatemala». A Città del Messico è proclamato il «primo santo indigeno del continente americano... Juan Diego Cuauhtlatoatzin, l’indio semplice e umile che contemplò il volto dolce e sereno della Vergine del Tepeyac, tanto caro alle popolazioni del Messico», e vengono beatificati i martiri indigeni Juan Bautista e Jacinto di Los Angeles (31 luglio e 1° agosto). In diversi momenti Giovanni Paolo II ha colto l’occasione di affermare la propria «stima e vicinanza» agli indigeni, con un’aperta richiesta di riconoscimento dei loro diritti, un problema tuttora aperto in questi due paesi: «è necessario sostenere oggi gli indigeni nelle loro legittime aspirazioni, rispettando e difendendo gli autentici valori di ciascun gruppo etnico». Cf. anche i riquadri alle pp. 462 e 464. L’Osservatore romano 1.8.2002, 6s; 2.8.2002, 6s.

Democrazia e libertà religiosa in Messico

Episcopato messicano
La santità india è il motivo centrale della visita apostolica di Giovanni Paolo II in Guatemala e Messico (29.7-1.8.2002, 97° viaggio all’estero, terza visita in Guatemala, quinta in Messico), al termine della XVII Giornata mondiale della gioventù (cf. in questo numero a p. 457). A Città del Guatemala il 30 luglio Giovanni Paolo II canonizza il primo santo del paese, fratel Pedro de Betancur, che «attraversò l'Atlantico per servire i poveri e gli indigeni dell'America: prima a Cuba, poi in Honduras e infine in questa benedetta terra del Guatemala». A Città del Messico è proclamato il «primo santo indigeno del continente americano... Juan Diego Cuauhtlatoatzin, l’indio semplice e umile che contemplò il volto dolce e sereno della Vergine del Tepeyac, tanto caro alle popolazioni del Messico», e vengono beatificati i martiri indigeni Juan Bautista e Jacinto di Los Angeles (31 luglio e 1° agosto). In diversi momenti Giovanni Paolo II ha colto l’occasione di affermare la propria «stima e vicinanza» agli indigeni, con un’aperta richiesta di riconoscimento dei loro diritti, un problema tuttora aperto in questi due paesi: «è necessario sostenere oggi gli indigeni nelle loro legittime aspirazioni, rispettando e difendendo gli autentici valori di ciascun gruppo etnico». Cf. anche i riquadri alle pp. 462 e 464. L’Osservatore romano 1.8.2002, 6s; 2.8.2002, 6s.

Misericordia e solidarietà

Viaggio apostolico in Polonia
Il 98° pellegrinaggio internazionale, che conduce per l’ottava volta Giovanni Paolo II nella sua terra natale, si svolge all’insegna del proclama «Dio ricco di misericordia» (16-19 agosto 2002). Mentre il dato personale costella di riferimenti autobiografici ogni momento, attorno al tema centrale della misericordia ruotano gli eventi principali: la dedicazione del santuario della Divina misericordia a Lagiewniki, presso Cracovia (17 agosto) e la beatificazione di quattro testimoni della fede (18 agosto). La misericordia divina è la fonte dell’impegno alla solidarietà, al quale il papa richiama la Polonia, che vive una difficile fase di cambiamenti sociali ed economici, conosce forti squilibri e si prepara non senza resistenze interne all’ingresso nell’Unione Europea: «Lo spirito di misericordia, di fraterna solidarietà, di concordia e di autentica attenzione al bene della patria regni tra voi. Spero che coltivando tutti questi valori la società polacca, che da secoli appartiene all’Europa, troverà una collocazione appropriata nelle strutture della Comunità europea» (al congedo). Insieme rivolge una severa critica al «il sistema, che pretende di governare il mondo contemporaneo secondo una visuale materialista dell’uomo» (all’arrivo) e a «una rumorosa propaganda di liberalismo, di libertà senza verità e responsabilità (che) si intensifica anche nel nostro paese» (omelia per le beatificazioni). L’Osservatore romano 17-18.8.2002, 5; 19-20.8.2002, 8s; 21.8.2002, 5

Saluto all'arrivo

Viaggio apostolico in Polonia
Il 98° pellegrinaggio internazionale, che conduce per l’ottava volta Giovanni Paolo II nella sua terra natale, si svolge all’insegna del proclama «Dio ricco di misericordia» (16-19 agosto 2002). Mentre il dato personale costella di riferimenti autobiografici ogni momento, attorno al tema centrale della misericordia ruotano gli eventi principali: la dedicazione del santuario della Divina misericordia a Lagiewniki, presso Cracovia (17 agosto) e la beatificazione di quattro testimoni della fede (18 agosto). La misericordia divina è la fonte dell’impegno alla solidarietà, al quale il papa richiama la Polonia, che vive una difficile fase di cambiamenti sociali ed economici, conosce forti squilibri e si prepara non senza resistenze interne all’ingresso nell’Unione Europea: «Lo spirito di misericordia, di fraterna solidarietà, di concordia e di autentica attenzione al bene della patria regni tra voi. Spero che coltivando tutti questi valori la società polacca, che da secoli appartiene all’Europa, troverà una collocazione appropriata nelle strutture della Comunità europea» (al congedo). Insieme rivolge una severa critica al «il sistema, che pretende di governare il mondo contemporaneo secondo una visuale materialista dell’uomo» (all’arrivo) e a «una rumorosa propaganda di liberalismo, di libertà senza verità e responsabilità (che) si intensifica anche nel nostro paese» (omelia per le beatificazioni). L’Osservatore romano 17-18.8.2002, 5; 19-20.8.2002, 8s; 21.8.2002, 5

Per le beatificazioni

Viaggio apostolico in Polonia
Il 98° pellegrinaggio internazionale, che conduce per l’ottava volta Giovanni Paolo II nella sua terra natale, si svolge all’insegna del proclama «Dio ricco di misericordia» (16-19 agosto 2002). Mentre il dato personale costella di riferimenti autobiografici ogni momento, attorno al tema centrale della misericordia ruotano gli eventi principali: la dedicazione del santuario della Divina misericordia a Lagiewniki, presso Cracovia (17 agosto) e la beatificazione di quattro testimoni della fede (18 agosto). La misericordia divina è la fonte dell’impegno alla solidarietà, al quale il papa richiama la Polonia, che vive una difficile fase di cambiamenti sociali ed economici, conosce forti squilibri e si prepara non senza resistenze interne all’ingresso nell’Unione Europea: «Lo spirito di misericordia, di fraterna solidarietà, di concordia e di autentica attenzione al bene della patria regni tra voi. Spero che coltivando tutti questi valori la società polacca, che da secoli appartiene all’Europa, troverà una collocazione appropriata nelle strutture della Comunità europea» (al congedo). Insieme rivolge una severa critica al «il sistema, che pretende di governare il mondo contemporaneo secondo una visuale materialista dell’uomo» (all’arrivo) e a «una rumorosa propaganda di liberalismo, di libertà senza verità e responsabilità (che) si intensifica anche nel nostro paese» (omelia per le beatificazioni). L’Osservatore romano 17-18.8.2002, 5; 19-20.8.2002, 8s; 21.8.2002, 5

Discorso di congedo

Viaggio apostolico in Polonia
Il 98° pellegrinaggio internazionale, che conduce per l’ottava volta Giovanni Paolo II nella sua terra natale, si svolge all’insegna del proclama «Dio ricco di misericordia» (16-19 agosto 2002). Mentre il dato personale costella di riferimenti autobiografici ogni momento, attorno al tema centrale della misericordia ruotano gli eventi principali: la dedicazione del santuario della Divina misericordia a Lagiewniki, presso Cracovia (17 agosto) e la beatificazione di quattro testimoni della fede (18 agosto). La misericordia divina è la fonte dell’impegno alla solidarietà, al quale il papa richiama la Polonia, che vive una difficile fase di cambiamenti sociali ed economici, conosce forti squilibri e si prepara non senza resistenze interne all’ingresso nell’Unione Europea: «Lo spirito di misericordia, di fraterna solidarietà, di concordia e di autentica attenzione al bene della patria regni tra voi. Spero che coltivando tutti questi valori la società polacca, che da secoli appartiene all’Europa, troverà una collocazione appropriata nelle strutture della Comunità europea» (al congedo). Insieme rivolge una severa critica al «il sistema, che pretende di governare il mondo contemporaneo secondo una visuale materialista dell’uomo» (all’arrivo) e a «una rumorosa propaganda di liberalismo, di libertà senza verità e responsabilità (che) si intensifica anche nel nostro paese» (omelia per le beatificazioni). L’Osservatore romano 17-18.8.2002, 5; 19-20.8.2002, 8s; 21.8.2002, 5

Decreto di approvazione

Cammino neocatecumenale; Pontificio consiglio per i laici
Dopo cinque anni di lavoro, il 29 giugno 2002 è stato pubblicato il Decreto di approvazione per lo Statuto del Cammino neocatecumenale. Porta la firma del presidente, card. J.F. Stafford, e del segretario, mons. S. Rylko, del Pontificio consiglio per i laici. Il giorno prima, 28 giugno, lo Statuto era stato consegnato ai fondatori e massimi responsabili: Kiko Argüello, Carmen Hernández, p. Mario Pezzi. Il 30 è stato illustrato ai catechisti itineranti a Porto San Giorgio (Ascoli Piceno, Marche) da parte dello stesso card. Stafford. L’insieme dello Statuto è composto da 35 articoli, divisi in 6 titoli e una disposizione finale. Il decreto prevede «l’approvazione “ad experimentum” per un periodo di cinque anni». Lo Statuto riprende la definizione del Cammino già espressa da Giovanni Paolo II: «un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi moderni», e lo descrive «al servizio dei vescovi come una modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede» (artt. 1-2). In tal modo il Cammino non viene ricondotto a nessuna delle figure previste dal CIC (prelatura, movimento, associazione, aggregazione): la formalizzazione giuridica rispecchia il vissuto mirando a renderlo compatibile con il diritto ecclesiale (cf. Regno-att. 14,2002,452). Per una più piena comprensione della vicenda, riportiamo anche gli interventi dei tre fondatori e del card. Stafford alla cerimonia della consegna. Originali: stampe (19.8.2002) da sito Internet: www.camminoneocatecumenale.it.

Lo Statuto

Cammino neocatecumenale; Pontificio consiglio per i laici
Dopo cinque anni di lavoro, il 29 giugno 2002 è stato pubblicato il Decreto di approvazione per lo Statuto del Cammino neocatecumenale. Porta la firma del presidente, card. J.F. Stafford, e del segretario, mons. S. Rylko, del Pontificio consiglio per i laici. Il giorno prima, 28 giugno, lo Statuto era stato consegnato ai fondatori e massimi responsabili: Kiko Argüello, Carmen Hernández, p. Mario Pezzi. Il 30 è stato illustrato ai catechisti itineranti a Porto San Giorgio (Ascoli Piceno, Marche) da parte dello stesso card. Stafford. L’insieme dello Statuto è composto da 35 articoli, divisi in 6 titoli e una disposizione finale. Il decreto prevede «l’approvazione “ad experimentum” per un periodo di cinque anni». Lo Statuto riprende la definizione del Cammino già espressa da Giovanni Paolo II: «un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi moderni», e lo descrive «al servizio dei vescovi come una modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede» (artt. 1-2). In tal modo il Cammino non viene ricondotto a nessuna delle figure previste dal CIC (prelatura, movimento, associazione, aggregazione): la formalizzazione giuridica rispecchia il vissuto mirando a renderlo compatibile con il diritto ecclesiale (cf. Regno-att. 14,2002,452). Per una più piena comprensione della vicenda, riportiamo anche gli interventi dei tre fondatori e del card. Stafford alla cerimonia della consegna. Originali: stampe (19.8.2002) da sito Internet: www.camminoneocatecumenale.it.

Statuto

Cammino neocatecumenale; Pontificio consiglio per i laici
Dopo cinque anni di lavoro, il 29 giugno 2002 è stato pubblicato il Decreto di approvazione per lo Statuto del Cammino neocatecumenale. Porta la firma del presidente, card. J.F. Stafford, e del segretario, mons. S. Rylko, del Pontificio consiglio per i laici. Il giorno prima, 28 giugno, lo Statuto era stato consegnato ai fondatori e massimi responsabili: Kiko Argüello, Carmen Hernández, p. Mario Pezzi. Il 30 è stato illustrato ai catechisti itineranti a Porto San Giorgio (Ascoli Piceno, Marche) da parte dello stesso card. Stafford. L’insieme dello Statuto è composto da 35 articoli, divisi in 6 titoli e una disposizione finale. Il decreto prevede «l’approvazione “ad experimentum” per un periodo di cinque anni». Lo Statuto riprende la definizione del Cammino già espressa da Giovanni Paolo II: «un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi moderni», e lo descrive «al servizio dei vescovi come una modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede» (artt. 1-2). In tal modo il Cammino non viene ricondotto a nessuna delle figure previste dal CIC (prelatura, movimento, associazione, aggregazione): la formalizzazione giuridica rispecchia il vissuto mirando a renderlo compatibile con il diritto ecclesiale (cf. Regno-att. 14,2002,452). Per una più piena comprensione della vicenda, riportiamo anche gli interventi dei tre fondatori e del card. Stafford alla cerimonia della consegna. Originali: stampe (19.8.2002) da sito Internet: www.camminoneocatecumenale.it.

«Un evento di notevole portata ecclesiale»

Pontificio consiglio per i laici
Dopo cinque anni di lavoro, il 29 giugno 2002 è stato pubblicato il Decreto di approvazione per lo Statuto del Cammino neocatecumenale. Porta la firma del presidente, card. J.F. Stafford, e del segretario, mons. S. Rylko, del Pontificio consiglio per i laici. Il giorno prima, 28 giugno, lo Statuto era stato consegnato ai fondatori e massimi responsabili: Kiko Argüello, Carmen Hernández, p. Mario Pezzi. Il 30 è stato illustrato ai catechisti itineranti a Porto San Giorgio (Ascoli Piceno, Marche) da parte dello stesso card. Stafford. L’insieme dello Statuto è composto da 35 articoli, divisi in 6 titoli e una disposizione finale. Il decreto prevede «l’approvazione “ad experimentum” per un periodo di cinque anni». Lo Statuto riprende la definizione del Cammino già espressa da Giovanni Paolo II: «un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi moderni», e lo descrive «al servizio dei vescovi come una modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede» (artt. 1-2). In tal modo il Cammino non viene ricondotto a nessuna delle figure previste dal CIC (prelatura, movimento, associazione, aggregazione): la formalizzazione giuridica rispecchia il vissuto mirando a renderlo compatibile con il diritto ecclesiale (cf. Regno-att. 14,2002,452). Per una più piena comprensione della vicenda, riportiamo anche gli interventi dei tre fondatori e del card. Stafford alla cerimonia della consegna. Originali: stampe (19.8.2002) da sito Internet: www.camminoneocatecumenale.it.

Dichiarazioni

K. Argüello; C. Hernandez; M. Pezzi; Card. Stafford
Dopo cinque anni di lavoro, il 29 giugno 2002 è stato pubblicato il Decreto di approvazione per lo Statuto del Cammino neocatecumenale. Porta la firma del presidente, card. J.F. Stafford, e del segretario, mons. S. Rylko, del Pontificio consiglio per i laici. Il giorno prima, 28 giugno, lo Statuto era stato consegnato ai fondatori e massimi responsabili: Kiko Argüello, Carmen Hernández, p. Mario Pezzi. Il 30 è stato illustrato ai catechisti itineranti a Porto San Giorgio (Ascoli Piceno, Marche) da parte dello stesso card. Stafford. L’insieme dello Statuto è composto da 35 articoli, divisi in 6 titoli e una disposizione finale. Il decreto prevede «l’approvazione “ad experimentum” per un periodo di cinque anni». Lo Statuto riprende la definizione del Cammino già espressa da Giovanni Paolo II: «un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi moderni», e lo descrive «al servizio dei vescovi come una modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede» (artt. 1-2). In tal modo il Cammino non viene ricondotto a nessuna delle figure previste dal CIC (prelatura, movimento, associazione, aggregazione): la formalizzazione giuridica rispecchia il vissuto mirando a renderlo compatibile con il diritto ecclesiale (cf. Regno-att. 14,2002,452). Per una più piena comprensione della vicenda, riportiamo anche gli interventi dei tre fondatori e del card. Stafford alla cerimonia della consegna. Originali: stampe (19.8.2002) da sito Internet: www.camminoneocatecumenale.it.

Sette donne ordinate e scomunicate

Congregazione per la dottrina della fede
Il 29 giugno sette donne sono state ordinate prete a bordo di un battello sul Danubio, nel tratto fra Passau (Germania) e Linz (Austria), alla presenza di circa 200 persone. Quattro delle ordinate sono tedesche, due austriache, una statunitense. La loro età varia da 46 a 72 anni. Vi sono insegnanti, religiose, assistenti pastorale. I media hanno sottolineato che la loro vita è stata segnata da ferite: sia sul versante accademico, sia su quello delle storie personali. Il celebrante, la cui identità è stata resa nota solo pochi giorni prima, è il sedicente vescovo mons. Romulo Braschi: ordinato prete nel 1966 a Buenos Aires si è poi sposato ed è stato scomunicato. Alle durissime prese di posizione dei vescovi tedeschi e austriaci ha fatto seguito un monito della Congregazione per la dottrina della fede, reso pubblico il 10 luglio. La richiesta che esso conteneva di riconoscere la nullità dell’ordinazione e di pentirsi per lo scandalo procurato ha avuto come risposta una lettera aperta delle sette donne a Giovanni Paolo II, resa pubblica il 12 luglio. Il 5 agosto la Congregazione per la dottrina della fede ha emanato il decreto di scomunica. Originali: stampe (25.8.2002) da siti Internet: www.vatican.va; www.kath.net (per la lettera delle sette donne: nostra traduzione dal tedesco).

Monitum

Congregazione per la dottrina della fede
Il 29 giugno sette donne sono state ordinate prete a bordo di un battello sul Danubio, nel tratto fra Passau (Germania) e Linz (Austria), alla presenza di circa 200 persone. Quattro delle ordinate sono tedesche, due austriache, una statunitense. La loro età varia da 46 a 72 anni. Vi sono insegnanti, religiose, assistenti pastorale. I media hanno sottolineato che la loro vita è stata segnata da ferite: sia sul versante accademico, sia su quello delle storie personali. Il celebrante, la cui identità è stata resa nota solo pochi giorni prima, è il sedicente vescovo mons. Romulo Braschi: ordinato prete nel 1966 a Buenos Aires si è poi sposato ed è stato scomunicato. Alle durissime prese di posizione dei vescovi tedeschi e austriaci ha fatto seguito un monito della Congregazione per la dottrina della fede, reso pubblico il 10 luglio. La richiesta che esso conteneva di riconoscere la nullità dell’ordinazione e di pentirsi per lo scandalo procurato ha avuto come risposta una lettera aperta delle sette donne a Giovanni Paolo II, resa pubblica il 12 luglio. Il 5 agosto la Congregazione per la dottrina della fede ha emanato il decreto di scomunica. Originali: stampe (25.8.2002) da siti Internet: www.vatican.va; www.kath.net (per la lettera delle sette donne: nostra traduzione dal tedesco).

Lettera delle sette donne

Il 29 giugno sette donne sono state ordinate prete a bordo di un battello sul Danubio, nel tratto fra Passau (Germania) e Linz (Austria), alla presenza di circa 200 persone. Quattro delle ordinate sono tedesche, due austriache, una statunitense. La loro età varia da 46 a 72 anni. Vi sono insegnanti, religiose, assistenti pastorale. I media hanno sottolineato che la loro vita è stata segnata da ferite: sia sul versante accademico, sia su quello delle storie personali. Il celebrante, la cui identità è stata resa nota solo pochi giorni prima, è il sedicente vescovo mons. Romulo Braschi: ordinato prete nel 1966 a Buenos Aires si è poi sposato ed è stato scomunicato. Alle durissime prese di posizione dei vescovi tedeschi e austriaci ha fatto seguito un monito della Congregazione per la dottrina della fede, reso pubblico il 10 luglio. La richiesta che esso conteneva di riconoscere la nullità dell’ordinazione e di pentirsi per lo scandalo procurato ha avuto come risposta una lettera aperta delle sette donne a Giovanni Paolo II, resa pubblica il 12 luglio. Il 5 agosto la Congregazione per la dottrina della fede ha emanato il decreto di scomunica. Originali: stampe (25.8.2002) da siti Internet: www.vatican.va; www.kath.net (per la lettera delle sette donne: nostra traduzione dal tedesco).

Scomunica

Congregazione per la dottrina della fede
Il 29 giugno sette donne sono state ordinate prete a bordo di un battello sul Danubio, nel tratto fra Passau (Germania) e Linz (Austria), alla presenza di circa 200 persone. Quattro delle ordinate sono tedesche, due austriache, una statunitense. La loro età varia da 46 a 72 anni. Vi sono insegnanti, religiose, assistenti pastorale. I media hanno sottolineato che la loro vita è stata segnata da ferite: sia sul versante accademico, sia su quello delle storie personali. Il celebrante, la cui identità è stata resa nota solo pochi giorni prima, è il sedicente vescovo mons. Romulo Braschi: ordinato prete nel 1966 a Buenos Aires si è poi sposato ed è stato scomunicato. Alle durissime prese di posizione dei vescovi tedeschi e austriaci ha fatto seguito un monito della Congregazione per la dottrina della fede, reso pubblico il 10 luglio. La richiesta che esso conteneva di riconoscere la nullità dell’ordinazione e di pentirsi per lo scandalo procurato ha avuto come risposta una lettera aperta delle sette donne a Giovanni Paolo II, resa pubblica il 12 luglio. Il 5 agosto la Congregazione per la dottrina della fede ha emanato il decreto di scomunica. Originali: stampe (25.8.2002) da siti Internet: www.vatican.va; www.kath.net (per la lettera delle sette donne: nostra traduzione dal tedesco).

La dignità del morente

Vescovi svizzeri
«L'attuale dibattito sugli aiuti al morire indica chiaramente che occorre migliorare la cura dei morenti. Invece di rimuovere il morire attraverso l'uccisione dei malati gravi, occorre curare e accompagnare i morenti con umanità e competenza». Spesso il dibattito sull’eutanasia si appoggia sul fraintendimento tra desiderio di morire e desiderio di non soffrire disperatamente, cioè di morire con dignità e dando alla morte un senso. Nella lettera pastorale dei vescovi svizzeri La dignità del morente sulla questione dell'aiuto a morire e dell'accompagnamento dei morenti, il concetto chiave su cui s’impernia la distinzione tra ciò che è doveroso, ciò che è permesso e ciò che è vietato nell’assistere chi è prossimo al trapasso, è appunto quello secondo cui al morire va riconosciuta altrettanta dignità che al vivere. Ne discende un preciso quadro di riferimento per le scelte cruciali degli ultimi momenti, in quanto malati, familiari o medici. I criteri di discernimento sono disposti in crescendo dal livello biografico a quello religioso, per cui le indicazioni offerte risultano valide anche da una prospettiva laica. Il documento, che reca la data del 4 giugno 2002, è stato discusso e approvato nel corso dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale svizzera (Einsiedeln, 3-5.6.2002). Cf. Regno-att. 14,2002,457. Die Würde des sterbenden Menschen, stampa da supporto magnetico. Nostra traduzione dal tedesco.
Disponibile per tutti

La sapienza di Charles de Foucauld

Mons. Renato Corti, vescovo di Novara

«In un tempo di pluralismo culturale e religioso il servizio della Chiesa alla missione di Cristo, in favore di ogni uomo, è precisamente quello che ci è testimoniato da Charles de Foucauld mentre è immerso in un mondo non cristiano, dove intende vivere da “fratello universale”: è proprio lì che, con assoluta semplicità, dal mattino alla sera, il mistero di Cristo lo avvolge, lo spiega, lo trasforma, lo rende vicino a tutti, mentre egli custodisce dentro di sé la più grande novità».

Una riflessione spirituale dal titolo Quest'uomo mi ha fatto molta compagnia. La sapienza semplice e profonda di Charles De Foucauld, condotta da mons. Renato Corti a un convegno internazionale di studi organizzato dal Monastero di Bose nel centenario dell’installazione del monaco nel deserto, diviene anche una riflessione sullo stile evangelico della Chiesa e sulla necessità di assumere come riferimento centrale di ogni missione e pastorale l’ascolto della Parola. Mons. Corti rinviene la medesima ispirazione di fondo di Charles de Foucauld nella Novo millennio ineunte di Giovanni Paolo II: «un testo che è apparso a qualcuno “ovvio” e che, invece, ha la forza di dare uno strattone vero e proprio alla nostra pigrizia mentale e alla nostra mediocrità spirituale su alcuni elementi qualificanti per il servizio della Chiesa alla missione di Cristo».

Opportunità, non destino

Johannes Rau
«Noi possiamo vedere nella globalizzazione un’opportunità, se non l’accettiamo passivamente come un destino, bensì la giudichiamo un compito politico, e come tale la prendiamo seriamente». Nel «discorso di Berlino», tenuto il 13 maggio 2002 al Museo per la comunicazione di Berlino, sul tema Opportunità, non destino. Dare forma politica alla globalizzazione, il presidente della Repubblica federale di Germania Johannes Rau ha offerto un’analisi chiara ma non semplificata delle prospettive che il mondo globalizzato ci pone di fronte, sia in positivo sia in negativo, sia in quanto individui sia in quanto umanità. Anche alle critiche avanzate dal vasto e variegato movimento «no-global», così come alle paure e alle preoccupazioni di tanti, è riconosciuto un ruolo positivo e di stimolo, in vista del necessario primato della politica per un ordinamento globalizzato ma giusto. Dalla sua entrata in carica nell’autunno 1999, ogni anno il presidente Rau ha tenuto a Berlino in maggio un discorso su un tema di calda attualità per il paese (nel 2000 l’immigrazione, nel 2001 le biotecnologie), conferendo «un nuovo stile all’autorità del presidente federale» (K. Lehmann). Originale: stampa da supporto magnetico in nostro possesso. Nostra traduzione dal tedesco, con sottotitoli redazionali.

La Chiesa, la pace e la guerra

Drew Christiansen sj

«L'11 settembre e la conseguente guerra contro il terrorismo hanno come minimo palesato la varietà e la molteplicità delle posizioni cattoliche riguardo all'uso della forza e possono tuttavia guidarci a formulare una nuova, sintetica visione cattolica della pace e della guerra», ha detto il gesuita padre Drew Christiansen in un discorso rivolto il 28 aprile al meeting della Association of Diocesan Attorneys ad Arlington, Va. Egli ha presentato una panoramica dello sviluppo della riflessione cattolica ufficiale sulla guerra e la pace a partire dal concilio Vaticano II, e durante la guerra fredda, la guerra del Golfo e la guerra nei Balcani, collocando in tale contesto la posizione della Chiesa rispetto agli attentati dell’11 settembre e alla guerra contro il terrorismo. L'insegnamento cattolico sulla guerra e la pace si è andato progressivamente trasformando in un «ibrido» di componenti di guerra giusta e non-violenza, «con il reale esaurimento dei mezzi non violenti come condizione necessaria per l'uso della forza come ultima risorsa (...) La sfida che abbiamo tutti davanti è riuscire a elaborare per noi stessi una concezione moderna della guerra e della pace che vada ben oltre la teoria della guerra giusta e che integri la tradizione della guerra giusta con gli elementi che costituiscono la visione cattolica contemporanea della pace, ossia il rispetto dei diritti umani, l'impegno per lo sviluppo e per la giustizia negli affari internazionali e fattori più nuovi e recenti come la non violenza e il perdono».

 

Origins 32(2002)3, 33-40; nostra traduzione dall’inglese. P. Christiansen è professore e direttore ad interim del Woodstock Theological Center di Washington e consulente per gli affari internazionali per la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, ed è di recente diventato condirettore del periodico dei gesuiti americani America.

Per una laicità d'intelligenza

R. Debray - L'insegnamento del fatto religioso in Francia
«La laicità non è una scelta spirituale fra altre, ma è ciò che rende possibile la... coesistenza [delle religioni], poiché ciò che è comune di diritto a tutti gli uomini deve prevalere su ciò che li separa di fatto. La facoltà di accedere alla globalità dell’esperienza umana... implica... lo studio dei sistemi di credenze esistenti. Perciò non si può separare principio di laicità e studio del fatto religioso». È questo il passaggio centrale del Rapporto al ministro dell’educazione nazionale francese Jack Lang, intitolato L’insegnamento del fatto religioso nella scuola laica, a firma di Régis Debray. Pubblicato nell’aprile scorso, non ha mancato di suscitare un acceso dibattito (cf. Regno-att. 14,2002,438). Il rapporto delinea alcuni percorsi concreti per l’inserimento del «fatto religioso» nelle scuole di ogni ordine e grado, non tanto con un’ora aggiuntiva nel curricolo scolastico, ma come ripensamento delle discipline umanistiche e come formazione specifica degli insegnanti. Occorre prendere atto – afferma il Rapporto – che la mancata conoscenza dei codici simbolici religiosi della nostra cultura fa parte di una «“mancanza di cultura” a monte, di una perdita dei codici di riconoscimento» che colpisce in particolare i giovani: «Come comprendere l’11 settembre 2001 senza risalire al wahabismo, alle diverse filiazioni coraniche...? Come comprendere le lacerazioni iugoslave senza risalire allo scisma del Filioque...? Come comprendere il jazz e il pastore Luther King senza parlare del protestantesimo e della Bibbia?». R. DEBRAY, L’enseignement du fait religieux dans l’École laique. Rapport au ministre de l’Éducation nationale, Odile Jacob, Paris 2002; nostra traduzione dal francese.