Suicidio e preghiera
Le ultime parole di chi si uccide
Tra «i capitoli dei tuoi libretti Cerco fatti di Vangelo ne dovresti inserire uno sul suicidio cristiano»: così mi parlò un giorno Giovanni Benzoni, amico di gioventù e cristiano vagliato al fuoco dal suicidio di un figlio ventenne. Non l’ho mai azzardato quel capitolo, ma ora qui l’abbozzo in obbedienza all’amico che non c’è più: l’ho ricordato in questa rubrica nel mese di luglio (cf. Regno-att. 14,2024,463s). In vista di quel capitolo Giovanni mi aveva dato due dritte che ho seguito: leggere il testo «Suicidio e preghiera» posto da Giuseppe Capograssi a conclusione del volume Introduzione alla vita etica (Studium 1976, 1a ed. 1953) e cercare esempi di suicidio cristiano nel volume Last words [Ultime parole] di Gabriele Tinti (Skira 2016). «Seguendo queste piste potrai mettere in chiaro che anche il suicidio è dentro il mistero di Dio, non è cosa altra», aveva concluso il mio amico.
L’ora della disperazione
è anche l’ora del grido a Dio
Quella di Capograssi è stata una lettura chiarificatrice: «Suicidio e preghiera: il momento supremo del suicidio, del veramente disperare coincide con il momento della preghiera, cioè col momento della speranza. Il momento della più perfetta chiaroveggenza sulla disperata avventura umana è il momento del grido a Dio. L’uomo è l’unico essere della creazione che dispera del finito, e nell’atto che dispera spera in Dio (...) La preghiera è il trepido desiderio, la trepida quasi non formulata domanda, che Dio abbia pietà degli uomini, di questa umanità senza pietà (…) La preghiera è la vera disperazione e la vera speranza» (149-191, passim).
Ho ragionato a lungo, tra me, sulla possibilità che nella disperazione del suicida si rintracci un grido a Dio. Mi era chiaro che lo potesse affermare un filosofo credente, ma non sapevo dire se ciò fosse fattualmente verificabile. Mi sono messo alla prova come giornalista setacciando centinaia di storie di suicidi e in tanta notte qualche filamento di preghiera mi pare d’averlo trovato.
Richiamo quei filamenti con il solo nome del suicida accompagnato dall’anno in cui si è dato la morte e li metto in ordine cronologico.
Anthony 2002: Spero che tutta questa difficoltà mi abbia maturato per affrontare il regno dei cieli, dove spero che ci sia più fratellanza tra gli umani.
Sara Pegoraro 2016: Un consiglio, amatevi forte, abbracciatevi e non litigate. Vi sorveglierò dal cielo.
Teodosio Losito 2018: Perdonami se potrai. Perché credo che dove andrò potrò provare col tuo perdono un po’ di serenità (lettera al compagno con cui viveva).
Angelo Burzi 2021: Siccome credo in Dio sono anche certo che Lui mi comprenderà.
Paolo Trimarchi 2023: Addio, ci rivedremo forse in un mondo migliore.
Ousmane Sylla 2024: La pace sia con la mia anima.
La mia raccolta di contatti tra suicidio e preghiera è ben misera. Eppure mi sono rivolto ai vari osservatori sul suicidio e anche ai gruppi ecclesiali di genitori di ragazzi che si sono dati la morte. Molti tabù, oltre alla riservatezza delle famiglie, si affollano intorno ai suicidi e alle loro ultime parole. Il fatto è che davanti alla morte non abbiamo parole e non le abbiamo due volte davanti alla morte volontaria.
Ma il volumetto Last Words, che mi era stato segnalato da Giovanni, mi è venuto in aiuto. Raccoglie gli ultimi messaggi di 69 persone che si sono uccise e una decina, tra loro, davvero gridano a Dio.
Riporto le parole ultime che mi sono parse più convincenti quanto al binomio suicidio e preghiera. Le indico con il numero progressivo che hanno nell’antologia: il curatore non riporta né i nomi, né le date.
Voglio lasciare questo mondo. Pregate per me. XI
Il mio amore per voi due [figli] non svanirà mai. E quando avrete bisogno potrete ancora sentirlo. XIX
Ti vorrò bene in eterno. XXI
Debbo trovare un mondo nuovo, un mondo fatto di pace e felicità. XXVII
Forse nel mio viaggio troverò Gesù. Prega per me mamma. XXX
Se non posso vedere mia figlia qui, la vedrò dall’alto. XXXIV
Mamma sto arrivando. XXXV
Pensa tu ai bambini. Ci vedremo in un altro tempo, in un altro luogo. XXXVI
Buon Natale. Arrivederci. XLVIII
Se c’è un Dio allora mi sta chiamando a sé. Dio perdonami. LXI
Sarò l’angelo custode di chi ama. LXII
Sto arrivando all’aldilà. LXIV
Sto per scoprire che c’è dopo:
forse nulla, o forse no
Parole che non chiedono commenti. Mi limito a ricordare un suicida famoso che ho conosciuto, Mario Monicelli, che così parlò alla compagna il giorno prima di uccidersi: «Non ho paura della morte. La mia vita è stata perfetta ma mi manca l’ultima avventura: scoprire che c’è dopo: forse nulla, forse no. Lo vedremo» (C. Rapaccini, Mio amato Belzebù, Giunti 2023, 321).
Anche l’agnostico disincantato, quando decide di uscire dalla vita, lo fa portando con sé la domanda delle domande.
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