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Attualità
Attualità, 22/2025, 15/12/2025, pag. 678

Romolo Pietrobelli

La quercia della FUCI compie 100 anni

Luigi Accattoli

Compie 100 anni Romolo Pietrobelli: non ha bisogno del bastone, sveglissimo di testa. Ha guidato l’auto fino ai 97. Pieno di gratitudine per quanto ha avuto e lieto nell’attesa di passare all’altra sponda. Sono tra i tanti che lo hanno festeggiato sabato 22 novembre a San Gregorio al Celio: lo considero il ramo portante della mia radice fucina e vincenziana. Quando gli arriva Il Regno, mi chiama per commentare quello che scrivo.

Romolo è stato presidente della FUCI dal 1949 al 1955 e poi presidente dei Laureati cattolici che nel 1980 sono diventati Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC). Siamo stati insieme per 12 anni nella giuria del Premio Castelli per carcerati, promosso dalla San Vincenzo. Insieme abbiamo visitato le carceri di tante città.

Un «testimone della continuità», l’hanno definito Carmen Di Donato e Andrea Di Gangi che, in vista dei 100 anni, l’hanno intervistato per conto della Fondazione FUCI. Da quell’intervista, dal prologo della festa svolto dalla segretaria della Fondazione Laura Rozza, dalla mia conversazione con Gino Giraldi, fucino di buona annata e discreto accompagnatore di Romolo nei decenni, sono prese, con fedele libertà, le parole che gli attribuisco in questo profilo.

Nel 1949 prende il posto che era stato di Moro e di Andreotti

È incredibile lo spaccato di storia e di Chiesa che si apre sfogliando la sua vicenda secolare. Come presidente della FUCI prende il posto che era stato – negli anni della guerra – di Aldo Moro e di Giulio Andreotti. Entra in contatto con Giovanni Battista Montini che gli regala una vespa per aiutarlo a tenere i contatti tra i circoli FUCI. Quando Montini lascia Roma per Milano (1954) e l’Azione cattolica organizza un incontro di commiato, tocca a lui fare il saluto a nome di tutti, su incarico del presidente Luigi Gedda.

A tavola, nella festa di San Gregorio al Celio, Romolo e Raniero La Valle (94 anni), che sedevano l’uno di fronte all’altro, rievocavano i contrasti tra Gedda e la FUCI montiniana: «Ci guardava con sospetto, Gedda (presidente dell’ACI dal 1952 al 1959), e ci fu sempre un poco di tensione tra noi, che poi abbiamo superato tant’è che venne anche al mio matrimonio, che fu nel 1954 a Sant’Ivo alla Sapienza».

Sui rapporti con il Vaticano s’inserisce Raniero La Valle, che rievoca un articolo pubblicato su Ricerca (il quindicinale della FUCI) dal condirettore Claudio Leonardi il 1° luglio 1950, con il titolo «L’amore dei nemici»: sono andato a cercarlo, è pane caldo anche oggi. Afferma che quell’amore segna «l’atteggiamento del cristiano di fronte al mondo» e invita a evitare crociate «contro gli avversari del Cristo». «Quell’articolo ci espose ai rimproveri dei monsignori», dice Raniero.

«Sono venuto a Roma nel ’44, da Schio, Vicenza», riprende il suo racconto Romolo. Precisa che la sua prima uscita da Schio era stata per fare il militare in Piemonte: «Ero sempre in fureria perché ero tra i pochi che sapevano leggere e scrivere. Un giorno scrissi a mia madre una cartolina: Non mi manca niente, sto bene, ma vivo in un ambiente corrotto e marcio. Dopo un po’ di giorni mi chiama il colonnello chiedendomi se fosse mia, e aggiungendo: “Insieme con la cartolina mi hanno trasmesso l’ordine di mandarti in Germania per punizione”. A 18 anni e mezzo quindi ho fatto 6 mesi d’addestramento militare in Germania. Ero lassù quando ci fu l’attentato a Hitler».

E arriva, Romolo, a Milano – da militare in fuga verso casa – quattro giorni prima del 25 aprile 1945: «Ero vicino a piazzale Loreto dove avevano impiccato Mussolini e l’amante, ho visto una donna che era andata ad allacciare le sottane di Claretta, un gesto di pietà che mi colpì. Dopodiché ho ripreso la bicicletta che era in deposito da parenti a Milano, e in bici sono arrivato a Schio».

Quattro figli e dieci nipoti che so volenterosi nel bene

«Da presidente della FUCI tenevo i collegamenti con i circoli girando in treno: Andreotti mi aveva mandato un tesserino e ho girato per 3, 4 anni in prima classe senza pagare una lira. Sempre Andreotti mi ha fatto conoscere De Gasperi e la prima parola che De Gasperi mi rivolse fu: “Ah, i nostri continuatori”. Sentirmi chiamare suo “continuatore” mi fece un certo timore, ma ho retto a questa cosa».

Qual è il suo desiderio oggi? «Di andare in Paradiso! Io aspetto il transito, perché ho avuto tutto dalla vita, davvero. Gli impegni associativi così ricchi e poi il lavoro all’IRI dove ho imparato tanto. Io mi sento da questo punto di vista debitore: non della buona sorte, sì anche quella, ma della provvidenza, perché non ho mai perso la serenità, ho fatto il mio dovere, ho incontrato Silvana che mi ha dato i figli: quattro figli e dieci nipoti che so volenterosi nel bene, che riempiono la mia vita, senza di loro sarei morto prima di sicuro».

 

www.luigiaccattoli.it

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
Tema Cultura e società
Area
Nazioni

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