Dilexi te
Come lega Leone a Francesco
Il papabile Prevost disse, in morte di Francesco, che il suo più vivo insegnamento era stato l’amore per i poveri. Diventato Leone, l’informano che il predecessore aveva fatto preparare un documento su quel tema, lo fa subito suo e così nasce l’esortazione Dilexi te (cf. Regno-doc. 19,2025,561ss; e il commento di Gianfranco Brunelli in Regno-att. 18,2025,497). Ma è un parto laborioso, con aggiunte e con tagli: provo a indovinare dove e come.
Credo che le aggiunte vadano cercate nelle pagine sull’America Latina e i movimenti popolari (nn. 80s) e in quelle che inquadrano l’amore verso i poveri nella dottrina sociale della Chiesa (nn. 82-89). I tagli hanno forse riguardato la strutturazione argomentativa del documento preparato per Francesco e qualche suo affaccio sul versante politico.
Il pontificato sarà diverso ma l’amore ai poveri sarà lo stesso
In principio – dunque – c’è un’intervista del cardinale Prevost a Vatican News del 22 aprile, che è il giorno dopo la morte di Francesco. In essa c’è questo paragrafo: «Fra gli insegnamenti che Francesco ha lasciato, occorre fare, soprattutto, tesoro dell’amore per i poveri e di quel suo volere una Chiesa povera, che cammina con i poveri, che serve i poveri. Io penso che il messaggio del Vangelo si capisce molto meglio dall’esperienza dei poveri, che non hanno niente, che cercano di vivere la fede e trovano in Gesù Cristo tutto. Ritengo che in questo senso il papa ha lasciato un esempio molto grande per il mondo. A me, personalmente, lo ha lasciato, per il mio lavoro come vescovo in Perù, come missionario, e per tante altre cose».
Ecco il punto: l’esortazione va letta come svolgimento di questa affermazione sulla centralità, sul primato, sul paradigma dell’amore verso i poveri. Tutto ciò c’era in Francesco e Leone lo fa suo, con l’intenzione di una piena e programmatica continuità. In altri aspetti della predicazione e del governo papale avremo novità e già qualcosa ne sappiamo, ma sui poveri sentiamo battere lo stesso cuore.
Com’era nato il progetto bergogliano di un documento – forse un’enciclica, divenuta con Leone un’esortazione – sull’amore verso i poveri? Pare che la prima idea gli sia venuta da suor Emmanuelle, detta anche Emmanuelle del Cairo, che infatti è citata nell’esortazione al paragrafo 79 (cf. Regno-doc. 19,2025,577). Ma non gli sarebbe arrivata direttamente dalla suora che è morta nel 2008, prima che Bergoglio divenisse Francesco. Il sogno di un papa che promulga un’enciclica sui poveri, coltivato dalla suora belga, sarebbe stato segnalato a Francesco dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, autore del volume Storia della povertà (Rizzoli 2014), citato nell’esortazione alla nota 22 (cf. Regno-doc. 19,2025,568).
Infine Francesco ha accettato quel suggerimento, maturando la convinzione – come ha scritto lo stesso Paglia nella «guida alla lettura» che ha firmato per l’edizione San Paolo della Dilexi te – che «dopo la Laudato si’ (sulla casa comune) e la Fratelli tutti (sulla famiglia dei popoli che l’abita) era giunto il momento di pensare a un terzo testo che mostrasse l’unica tavola dalla quale nessuno deve essere escluso». La Fratelli tutti è del 2020 e dunque la lavorazione del nuovo documento dev’essere iniziata negli ultimi anni del pontificato bergogliano, affidata in solido – pare – al card. Fernández (che è al Dicastero per la dottrina della fede dal 2023) e alla Segreteria di Stato.
La specificità leoniana del documento è così segnalata da Settimana News: «Rispetto all’aperto contrasto con il sistema neo-liberistico e tecnocratico riscontrabile nel magistero di Francesco la parola di Leone si ferma prima, nella convinzione che l’efficacia della testimonianza possa superare le rigidità ideologiche e le pregiudiziali immotivate. Ma la denuncia è tutt’altro che sbiadita» (9.10.2025).
Impareremo a capire questo Prevost metapolitico
Impareremo a capire il linguaggio del nuovo papa, che Andrea Riccardi ha qualificato come «metapolitico», volendo forse dire che evita le punte delle denunce bergogliane che si prestano a essere interpretate come schieramento politico, ma fa sua la sostanza di quelle denunce e le riformula con parole inequivoche.
Il grido dei poveri, Dio sceglie i poveri, Una Chiesa per i poveri, Strutture di peccato che creano povertà e disuguaglianze estreme sono alcuni titoli dell’esortazione. Tra le affermazioni più forti senza rimando a testi di Francesco – e dunque forse attribuibili a Leone – mi piace segnalare questa: «Egli [Gesù] si presenta al mondo non solo come Messia povero, ma anche come Messia dei poveri e per i poveri» (n. 19; Regno-doc. 19,2025,565).
Papa Prevost, nelle prime tre settimane dopo la pubblicazione dell’esortazione, l’ha citata almeno tre volte in contesti impegnativi: parlando ai movimenti popolari il 23 ottobre (cf. Regno-doc. 19,2025,587ss), ai superiori maggiori dei gesuiti il 24 ottobre, proclamando Newman dottore della Chiesa il 1° novembre.
Dunque la Dilexi te ora è davvero sua.
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