Commemoriamo i martiri
Ma non li nominiamo
Anche questo giubileo – come già quello del 2000 – ha commemorato i nuovi martiri con una creativa celebrazione papale ed ecumenica il 14 settembre a San Paolo fuori le Mura. Sono state lette le Beatitudini secondo Matteo e, per ognuna, è stata accesa una lampada che i rappresentanti delle 24 Chiese e comunità cristiane partecipanti alla commemorazione hanno processionalmente collocato ai piedi della croce.
Si è trattato dell’unica celebrazione ecumenica di questo giubileo e c’era anche il Patriarcato di Mosca: buona cosa, di questi tempi.
Ma quel martirologio sarà mai pubblicato?
Tutto bene dunque? No: perché non sono stati pubblicati i nomi dei 1.624 martiri – relativi agli anni 2001-2025 – che sono stati segnalati dalle diocesi e dalle congregazioni religiose, e non è stato indicato un tempo per tale pubblicazione, o per l’apertura dell’archivio della Commissione che ha raccolto quelle segnalazioni. Del resto, di tale archivio non sono ancora accessibili le 12.692 schede raccolte nell’anno 2000, riguardanti l’intero XX secolo.
Dalla conferenza stampa dell’8 settembre – nella quale è stata presentata la commemorazione – abbiamo saputo che stavolta sono stati 304 i martiri segnalati per le Americhe, 153 quelli europei, 277 del Medio Oriente e del Maghreb, 357 dell’Asia e dell’Oceania, 643 dell’Africa: la terra dove i cristiani muoiono di più.
Sempre in quell’incontro con la stampa l’arcivescovo Fabio Fabene, segretario del Dicastero delle cause dei santi e presidente della Commissione dei nuovi martiri – testimoni della fede, alla domanda sui tempi della pubblicazione dei nomi ha risposto «vedremo»: «Le schede sono ancora in elaborazione e poi, date le situazioni particolari che potete ben comprendere, dovremo esaminare la possibilità della pubblicazione insieme agli altri organismi competenti».
Mi sono occupato dei nuovi martiri italiani sia nel 2000 sia per l’attuale giubileo (cf. L. Accattoli, C. Fusco, Nuovi Martiri, 443 storie cristiane nell’Italia di oggi, San Paolo 2025) e non ho difficoltà ad accettare l’invito alla prudenza dell’arcivescovo Fabene. L’affrettata formulazione delle schede e la loro non sempre verificabile attendibilità già invitano a maneggiarle con cautela, ma cautela non può voler dire nascondimento.
Perché non prevedere una pubblicazione con omissis? È chiaro che onorare come martiri le vittime di attentatori islamisti può esporre a rappresaglie, ma quando questo rischio non c’è, taceremo comunque? E per tale prudenza estensiva continueremo a tenere sotto chiave tutto questo patrimonio conoscitivo?
La Commissione che ha raccolto le schede non ha proprio il compito di far conoscere le storie segnalate dalle comunità locali? E come giustificare che le schede non siano accessibili neanche a una consultazione controllata? In ordine alle due celebrazioni giubilari poteva bastare quanto già si sapeva dalla pubblicistica in argomento: l’inchiesta presso le Chiese locali e le famiglie religiose aveva ovviamente lo scopo d’andare oltre il già noto.
Si trattava di documentare vicende testimoniali prima che se ne perdesse la memoria e di farle conoscere oltre gli ambienti nei quali si erano svolte: la sistemazione di questo materiale in un archivio segreto, se consegue almeno parzialmente il primo di questi obiettivi, manca del tutto il secondo.
La memoria dei martiri s’illumina quando vengono evocate le storie dei testimoni che hanno pagato con il sangue la loro fedeltà al Vangelo. Papa Leone, nell’omelia della commemorazione, ne ha nominati alcuni: la suora statunitense Dorothy Stang, della Congregazione di nostra Signora di Namur, impegnata nel soccorso ai senza terra, uccisa nel 2005 ad Anapu, in Brasile; Ragheed Ganni, prete caldeo di Mosul, ucciso con tre diaconi dopo la messa nel giugno del 2007 da terroristi islamisti: nel 2019, celebrando nella Basilica romana di San Bartolomeo, papa Francesco aveva indossato la sua stola rossa; Francis Tofi, anglicano della Melanesian Brotherhood, ucciso con sei confratelli nell’aprile del 2003, in una faida della guerra civile delle Isole Salomone.
L’aiuto che può venire dall’ecumenismo del sangue
Altri martiri sono stati evocati durante il rito: Leonella Sgorbati, missionaria della Consolata, uccisa in Somalia nel settembre 2006 davanti all’ospedale dove lavorava; i cristiani evangelici assassinati da terroristi nella missione di Silgadji, nell’aprile 2019, in Burkina Faso; i ventuno copti ortodossi uccisi in Libia nel febbraio 2015 dai terroristi dello «stato islamico». Papa Francesco li ha inseriti nel Martirologio romano in nome dell’ecumenismo del sangue.
Bello che siano risuonati questi nomi nella commemorazione. Ma più bello sarà quando tutti i nomi dei nuovi martiri potranno essere conosciuti e onorati.
www.luigiaccattoli.it
 
                             
                             
                            