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Attualità
Attualità, 16/2024, 15/09/2024, pag. 528

Il vescovo Bettazzi

Tutte le benedizioni

Luigi Accattoli

Il giorno prima di morire il vescovo Bettazzi prende le mani del vescovo di Biella Roberto Farinella e di Enzo Bianchi, che sono da lui per l’ultimo saluto, le congiunge sul proprio petto e li benedice chiedendo loro d’operare per la riconciliazione tra la Comunità di Bose e i fratelli da essa allontanati.

 

Il giorno prima di morire il vescovo Bettazzi prende le mani del vescovo di Biella Roberto Farinella e di Enzo Bianchi, che sono da lui per l’ultimo saluto, le congiunge sul proprio petto e li benedice chiedendo loro d’operare per la riconciliazione tra la Comunità di Bose e i fratelli da essa allontanati.

Parto da questa benedizione del patriarca Bettazzi – morto il 16 luglio 2023, 4 mesi prima del compimento dei 100 anni – per ricostruire a mio talento le benedizioni che ci ha lasciato in eredità e per segnalare la sottovalutazione di quest’uomo di Dio, che è restata dominante nella nostra Chiesa prima e dopo la sua morte. 

Mi appoggio a due testi usciti postumi, per così dire: il libretto A tu per tu con Dio (EDB 2023, pp. 96, € 9,00), che Bettazzi aveva scritto in vista del compimento dei 100 anni e aveva inviato all’editore un mese prima di morire; e la biografia corale tessuta dal collega Alberto Chiara dando la parola a quanti l’avevano conosciuto: Luigi Bettazzi. Un vescovo alla sinistra di Dio (San Paolo 2024, pp. 192, € 18,00). 

Nel libretto il vescovo centenario formula una decina di volte il motto A tu per tu con Dio che infine mette a titolo dell’operetta. Esso ci dice l’atteggiamento ultimo del nostro patriarca, come di uno che è «pieno dell’amore di Dio e desidera davvero incontrarlo a tu per tu» (80). «A tu per tu con Dio ora e sempre» è infine il titolo dell’ultimo capitoletto, che termina con l’invocazione: «Benedici il Signore anima mia».

Mosso dal desiderio d’incontrare Dio a tu per tu

Vescovo per 60 anni, Bettazzi, e vescovo sempre parlante fino alla vigilia della morte. E sempre capace di farsi capire. Sul Concilio, certamente, ma più ancora sulla pace e sul sud del mondo, sull’aiuto ai poveri in Italia e sul pianeta.

Le lettere aperte sono il suo modo di parlare a tutti: scrive a Benigno Zaccagnini, Bettino Craxi, Carlo De Benedetti, Sandro Pertini, Giovanni Spadolini, Enrico Berlinguer. Agli evasori fiscali. A Corrado Augias che si qualifica come ateo. Lettere come presa di parola della Chiesa in uscita, per dirla con il linguaggio di papa Bergoglio. 

Chiesa in uscita sono anche le 55 marce della pace alle quali partecipa. Non ne manca una: dalla prima del 31 dicembre 1968 all’ultima della sua vita, che si fa ad Altamura, in Puglia, il 31 dicembre 2022. Va 8 volte in Vietnam, e la Bosnia, il Kosovo, El Salvador, Guatemala, Iraq, Israele, Palestina sono nella sua geografia di apostolo.

Egli intende la pace come «compito specifico del cristiano, testimonianza storica della propria vocazione evangelica, forma attuale della carità». Pronuncia parole scomode sulla guerra anche quando arriva quella dell’Ucraina: «È una follia sia la guerra d’attacco sia la guerra di difesa: quello che ci manca è la mentalità della nonviolenza». L’idea chiave della sua pedagogia della pace è quella dell’interposizione: «Ci vogliono dei volontari che vadano in mezzo».

Sobrietà e semplicità erano le note dominanti della sua vita di vescovo, sul modello proposto dal «Patto delle catacombe», sottoscritto da un gruppo di padri conciliari in margine all’ultima sessione del Vaticano II: Bettazzi era stato l’unico italiano tra i primi sottoscrittori. Tante volte mi sono trovato a tu per tu con lui in stazioni e su treni per tutta Italia, nelle occasioni in cui eravamo insieme relatori a convegni e tavole rotonde. Portava da solo la valigia anche quando aveva più di 90 anni. 

Nel libretto dei 100 anni accenna con garbo alle novità di linguaggio e di prassi che gli sono divenute care nei decenni: la necessità d’evitare l’«aridità affettiva dei sacerdoti» che germina nei seminari, l’urgenza di prepararsi a «cene eucaristiche» senza presidente e ad ampliamenti dell’intercomunione con i fratelli protestanti. 

Mandato da Bologna a Ivrea motteggiò: «mi hanno sbolognato»

La battuta di spirito l’aiutava a non prendersi troppo sul serio. Quando fu mandato a Ivrea, lontano dalla fucina bolognese nella quale si era formato, disse che l’avevano «sbolognato». Accusato per tutta la vita d’essere un vescovo rosso, amabilmente commentava che «non era di sinistra ma mancino».

Dei vescovi chiamati negli anni alla presidenza di Pax Christi, accomunati tutti da cognomi che iniziano con la lettera B (Bettazzi, Bello, Bona, Bregantini), diceva: «Siamo vescovi di serie B».

Con la sua biografia Alberto Chiara ha suggerito alla CEI di chiedere a Bettazzi «d’intercedere presso Dio per la riuscita dei lavori sinodali» e di metterlo a «patrono delle assemblee prossime venture»: l’afferma a pagina 11. Mi azzardo a dire che sarebbe giusto, ma che non succederà. Per il nostro episcopato il vescovo Bettazzi è troppo poco in regola con il protocollo ecclesiastico. Così come sregolato appare ai nostri papa Francesco.

 

www.luigiaccattoli.it

 

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
Tema Chiese locali Attualità ecclesiale
Area EUROPA
Nazioni

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