P. Stefani
Una generazione se ne va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa» (Qo 1,4). Nonostante l’abuso da esso subito nel corso della disputa galileiana, il verso del Qoèlet resta bellissimo nel suo contrapporre due antitetici verbi di moto a un imperturbabile, statico fondale. In prospettiva globale, le parole esprimono quanto, rispetto al soggetto individuale, sarà detto più oltre sostituendo «polvere» a «terra»: là si individuerà in quella materia leggera il luogo dell’andare e del ritornare di ogni singolo vivente (cf. Qo 3,20; Gen 3,19). Gli altri elementi – il sole (fuoco), l’aria (vento), l’acqua (fiumi) – girano e rigirano (cf. Qo 1,5-7), gli esseri viventi vanno e vengono, la terra resta immobile. Secondo un approccio cronologico il venire al mondo precede il congedo; tuttavia per lo spirito proprio del testo l’ordine deve essere l’inverso, che meglio individua quanto più di ogni altra dimensione caratterizza l’esistenza umana: il suo venir meno.
Parole delle religioni, 15/10/2009, pag. 652