Se il Rosario avrà un futuro, e tutto lascia credere che lo avrà, non sarà né per le metamorfosi dello spirito di Lepanto, né per usi propagandistici compiuti all’ombra della dorata Madonnina che svetta su Milano; lo avrà perché sarà ancora una preghiera recitata con il cuore.
«Ama il prossimo tuo come te stesso» è un detto noto, anche se è ancora diffusa l’errata convinzione che rappresenti una novità evangelica, mentre esso risale al libro del Levitico (cf. 19,18). Nell’orizzonte interumano, al precetto del Levitico si potrebbero infatti applicare le parole di Agostino: «Ama e fa ciò che vuoi».
Nell'episodio evangelico della donna che entrò in casa di Simone il fariseo (cf. Lc 7,36-50), si conosce il nome di colui che offre il pranzo a Gesù, mentre ignoriamo quello della donna che, nel suo comportamento, dimostra una personalità audace e tutt’altro che anonima. Il confronto suscita qualche sconcerto.
Quando parliamo di cittadinanza, di diritti dell'uomo, di dignità umana... c’è un antecedente biblico davvero paragonabile alla logica che regge i diritti umani? Sì, lo si trova all’inizio della Genesi. Qui il riferimento alla nascita è ancora attuale e coglie bene l'aspetto dell'universalità della dignità umana: quello che ci accomuna tutti è infatti la nascita. Non si nasce uguali solo in diritti, ma anche nei bisogni.
«Nessuno vive per se stesso»: la massima interagisce anche con la nostra terza coppia che mette in relazione tra loro «vita biologica» e «vita biografica». Nella prospettiva biologistica tutto si colloca su un piano che esula dalla soggettività personale; non così nell’ambito delle biografie, nel quale l’autocoscienza soggettiva e le relazioni con altre persone svolgono un ruolo determinante.