A
Parole delle religioni

Parole delle religioni

Morti per acqua. Il mare li restituirà

P. Stefani

Parabola del potente. Natan e Davide

P. Stefani
Di fronte al testo che narra dell’adulterio di re Davide con Betsabea (cf. 2Sam 11), la prima cosa da fare è scacciare l’idea che qui si alluda a una specie di dramma borghese ante litteram incentrato sulla violazione della morale matrimoniale.

I forse di Dio. In forma narrativa

P. Stefani

La voce del profeta. Il silenzio delle parole

P. Stefani

La porta e la chiave. Sull'Anno della fede

P. Stefani
Se si consulta un dizionario dei simboli a proposito del termine «porta» si leggeranno, più o meno, queste parole: essa rappresenta il luogo di passaggio fra due stati, fra due mondi, fra il conosciuto e l’ignoto, tra la luce e le tenebre. La porta è un varco aperto sul mistero. Essa ha un valore dinamico e psicologico, in quanto non solo indica un passaggio ma si trasforma in invito a superarlo. Per questo può facilmente alludere anche a un viaggio verso l’aldilà. La porta è anche un simbolo ambivalente, è connessa a un entrare ma anche a un uscire, è aperta o è chiusa.

La provvidenza. Secondo don Giovanni Calabria

P. Stefani
Per rifarci a un’espressione di don Giuseppe De Luca, nell’«Archivio italiano della storia della pietà» un posto significativo spetterebbe senza dubbio a don Giovanni Calabria (1873-1954), il fondatore della Congregazione dei poveri servi e delle povere serve della divina Provvidenza. La sua figura e la sua opera costringono a confrontarsi con un termine un tempo comunissimo, e oggi di uso sempre meno frequente. Ogni persona è figlia del proprio tempo. Sarebbe improprio interpretare una spiritualità solo come frutto di una dimensione cultural-sociologica; però è ugualmente falso sostenere che i tempi e i luoghi in cui uno è chiamato a vivere non incidano sulla sua maniera di leggere il mondo. Le linee secondo le quali veniva presentata la Provvidenza nell’Ottocento costituiscono un riferimento qualificante anche per capire la particolarità e la radicalità proprie di don Calabria. Nella seconda metà del XIX secolo, nella Chiesa cattolica prevalevano due anime rispetto alla visione della Provvidenza. La prima la connetteva allo stesso atto creativo, la seconda alla storia.

Giona. Il profeta chiamato a convertirsi

P. Stefani
Riguardo alla natura del piccolo-grande libro di Giona, vi sono tre punti su cui il consenso interpretativo è pressoché unanime: si tratta di un libro «favolistico-profetico», «penitenziale» e «universalistico». In esso compare un solo nome di persona, quello del protagonista, e un solo nome di città, Ninive; non vi è però alcun riferimento a eventi e cronologie specifiche. Letta da questa angolatura, la profezia sembra estraniarsi dal fuoco della storia concreta per assumere un andamento sapienziale paragonabile a quello del libro di Giobbe, in cui non è richiesto datare l’«eterna parabola » relativa al giusto sofferente. Da qui la dimensione paradigmatica della «sapienza», che vale al di là delle delimitazioni di tempo e luogo.

L'unità del genere umano. In un linguaggio «laico»

P. Stefani
L'unità del genere umano è un punto fondamentale della fede e dell’insegnamento cattolici. Humani generis unitas è anche il titolo della cosiddetta «enciclica nascosta» di Pio XI,1 vale a dire il testo contro il razzismo commissionato da papa Ratti nel 1938 e mai pubblicato a causa della morte del pontefice. Il suo decesso avvenne il 10 febbraio 1938, immediata vigilia del decennale dei Patti lateranensi (in base alle disposizioni del diritto canonico, gli appunti del fondamentale discorso che avrebbe tenuto in quell’occasione sono stati distrutti).

L'ombra di Costantino. Siamo davvero usciti dalla nostalgia di quell'età?

P. Stefani
Nel 2013 cade il XVII centenario del cosiddetto «Editto di Milano», con cui fu concessa libertà di culto ai cristiani. Con Costantino, nome storico ma anche simbolico, inizia una fase nuova del cristianesimo che non pochi nel Novecento hanno ritenuto ormai giunta a termine. L’affermazione è tanto ovvia da suonare banale. Essa però acquista spessore quando ci si comincia a domandare dove si trova il fulcro di quel mutamento. Il diffuso fraintendimento che con quell’imperatore il cristianesimo sia diventato religione di stato (fatto in realtà avvenuto solo sotto Teodosio) è spia di dove vada a parare la precomprensione corrente: a essere messi al centro della questione sono i rapporti tra religione e potere.

Una festa di tutti. Natale: la dinamica divina e la nostra accoglienza

P. Stefani
Le feste dipendono dai calendari, i quali a loro volta si poggiano su moti celesti. Essi non sono sottoposti al capriccio umano, né a variabili stagionali. Un inverno può essere molto rigido e nevoso o solo freddo e piovoso, ma si può essere certi che ogni anno fino al solstizio d’inverno i dì si accorceranno, dopo di che ricominceranno a crescere. Sole, luna e stelle ci accomunano, o almeno così sembra. È sapienza antica affermare che tutti abitiamo sotto lo stesso cielo. Eppure la misura del tempo differisce da luogo a luogo, da civiltà a civiltà. C’è chi guarda al sole, chi si fa forte della ciclica luna e chi tiene conto dell’uno e dell’altra. Al calendario gregoriano, che s’è imposto in Occidente e di riflesso nel mondo intero, sfuggono ancora molti terreni del sacro. Il papa e i gesuiti del Collegio romano hanno conquistato il nostro pianeta senza occupare tutti gli spazi di Dio. Quasi ogni religione continua, infatti, a misurare il tempo a modo suo. Capita perciò che le feste degli uni cadano quando altri vivono un tempo normale e viceversa. Non a caso nelle società multireligiose si moltiplicano i calendari che indicano le ricorrenze delle varie comunità.