Massimo Faggioli, docente presso il dipartimento di Teologia e scienze religiose di Villanova University (Philadelphia), è uno studioso italiano che ormai da anni indaga sul mondo cattolico, avendo presente in maniera particolare il contesto statunitense. Non fa eccezione questo testo ora tradotto nella nostra lingua (titolo originale: Catholicism and Citizenship: Political Cultures of the Church in the Twenty-First Century). Ciò non significa che il libro abbia pertinenza solo in un ambito statunitense. Come indicano il titolo e il sottotitolo dell’edizione italiana, le sue prospettive si allargano a orizzonti estesi all’intero cattolicesimo mondiale dell’inizio del XXI.
L'ultimo libro di Donatella Di Cesare ha l’ambizione d’affrontare il problema del fenomeno migratorio dal punto di vista filosofico, intrecciandolo con l’ambito storico, giuridico, religioso, e con l’attualità politica. Non è semplice dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama del testo. L'a decostruisce, con una serrata critica, alcuni presupposti dello stato, messi raramente in discussione perché ritenuti naturali e scontati: la differenza tra stranieri e cittadini, la presenza delle frontiere, la legittimità di un’entità istituzionale basata essenzialmente sul diritto degli autoctoni a difendere prima di tutto la loro identità.
Thomas Mann è stato da molti punti di vista di uno «scrittore tra più mondi»:1 il suo esilio biografico e geografico2 dal 1933 si lega al tentativo personale di salvare in patria una tradizione culturale tedesca dai barbari, e di mettere in scena mitopoieticamente nei romanzi di Giuseppe la storia di un altro esiliato.
"Non c’è dubbio che da 10 anni lo spartiacque fra editoria religiosa ed editoria laica sia più sfumato e che siano aumentati i lettori di libri religiosi. È nata un’esigenza nuova di un lettore nuovo e in questa l’editore laico si è accomodato”: lo dice Paolo Repetti, fondatore insieme a Severino Cesari – recentemente scomparso – della collana Einaudi «Stile libero» e suo attuale responsabile, intervistato dalla scrittrice Mariapia Veladiano.
Molteplici sono gli sforzi di decifrare il fenomeno recente del terrorismo.1 In maniera del tutto particolare la vicenda delle azioni violente a matrice islamica ha attirato, per più motivi, l’attenzione. Tra i tentativi di riflessione recente sul problema si annovera Nella mente di un terrorista dello psicologo Luigi Zoja che – qui in dialogo con Omar Bellicini (Einaudi, Milano 2017, pp. XXIV+104) – si era già segnalato per alcuni interessanti studi su tematiche quali la dipendenza, il consumismo, l’assenza di figure paterne, la proiezione dell’odio e più recentemente la paranoia.
La questione delle «leggi imperfette» suscita interesse da più punti di vista e proprio la sua natura interdisciplinare sollecita un confronto che non ammette dogmatismi unilaterali. Il problema evidentemente assume una particolare rilevanza in riferimento alla partecipazione da parte dei cattolici all’attività legislativa in un contesto pluralista. È questo l’oggetto del recente volume curato da Luciano Eusebi, Il problema delle «leggi imperfette». Etica della partecipazione all’attività legislativa in democrazia (vol. 19 di «Quaderni per l’università», Morcelliana, Brescia 2017, pp. 178).
Rabbia, perdono, violenza, vendetta, riconciliazione, giustizia, passato, futuro: sono questi alcuni concetti in cui si dipana l’ultimo volume – Rabbia e perdono. La generosità come giustizia, edito in italiano quest’anno da Il Mulino –, della filosofa americana Martha Nussbaum (1947), forse una delle più note e feconde intellettuali a livello globale. Nussbaum è una studiosa completa e competente, capace d’entrare nel cuore della contemporaneità accogliendo le sfide etiche di un mondo plurale.
Lo storico Edward H. Carr, sui cui testi studiai per la prima volta la rivoluzione russa e i suoi esiti fin dentro lo stalinismo, nelle sue famose Sei lezioni sulla storia (…) polemizza per alcune pagine con «quell’atteggiamento, più emotivo che razionale, che potremmo definire “fare la storia con i se”», sostenendo che non era il «baloccarsi» con la storia «controfattuale», come viene chiamata adesso, a costituire una risposta al determinismo e allo storicismo, e cioè alla convinzione che nulla poteva nella storia accadere di diverso da quello che era realmente accaduto.
È una storia cominciata molti anni fa e proseguita a lungo. Una storia per l’appunto di fiducia in maestri rivelatisi in seguito alquanto diversi da come uno se li era figurati, e quindi, a causa della sopraggiunta consapevolezza di una tale fiducia tradita, a loro volta abbandonati, «traditi»; da qui la necessità di «cambiare», di distaccarsi dai loro insegnamenti, salvo però passare a propria volta per «traditori» del proprio passato. Che storia ingarbugliata, quella capitata forse a un pezzo d’Italia, sicuramente a me e a qualcun altro come me.
Il nodo degli ebrei credenti in Gesù continua tuttora a sfuggire anche alle stesse riflessioni teologiche dedicate all’alleanza mai revocata. Le Chiese, di fatto e da secoli, si pensano e si strutturano come Chiese dei gentili. Il libro di Stefani svolge un’importante funzione di pulizia nei confronti di non pochi equivoci. In ogni sua parte, in particolare nei capitoli su «Ebrei e gentili nella Chiesa delle origini» e su «Il “sì” e il “no” dei figli d’Israele a Gesù Cristo», il lettore potrà riscontrare quanto sono errate o imprecise molte tra le idee del più diffuso modo di pensare e dire da parte dei cristiani. Stefani argomenta e discute sulla base dei recenti studi in campo esegetico e storico.