Sono il portavoce del gruppo «Ospitare i rifugiati» della mia parrocchia romana e qui racconto qualcosa della nostra esperienza, tra entusiasmo e delusione. Costruire il gruppo è stato facile ma abbiamo atteso a lungo l’arrivo della prima ospite e questa è stata già una prova per la tenuta del gruppo. Ci eravamo appena affezionati a lei quand’è arrivata una seconda, le due hanno litigato e la prima se ne è andata senza un «grazie». Altra prova viene dall’impressione che sia poco, troppo poco quello che si fa e non solo in parrocchia ma in Roma e in Italia. Per andare avanti occorre, qui come sempre, imparare l’umiltà e restare fedeli nel poco.
I nostri vescovi hanno tutte le ragioni di temere il nuovo, il papa fa bene a spingerli ad affrontarlo. La posta in gioco è alta, la situazione è creativa: rispondevo così – nei giorni dell’Assemblea della CEI – a una domanda televisiva sul disagio che da tre anni segna il rapporto tra il nostro episcopato e Bergoglio. Tanti ne parlano, pochi lo indagano. Ci provo, mettendo in ordine gli spunti di conversazioni con vescovi nei miei giri per conferenze.
Mi sono appassionato alle «porte sante della carità» e le vado cercando per ogni dove da quando è stata annunciata quella di via Marsala a Roma. Vedo in esse la prima novità di questo giubileo innovatore e vado costruendo un elenco di quelle italiane chiedendo in giro e interrogando i visitatori del blog. Mentre scrivo se ne aprono dappertutto: in ospedali e in carceri, in centri della Caritas, in comunità d’accoglienza, in ogni luogo del soccorso ai bisognosi. Esulto nello scoprirle, ci vedo un riflesso cultuale del genio della carità che caratterizza la nostra Chiesa, specie in Italia. Un inveramento gestuale dell’affermazione teologica che «l’amore per i poveri è liturgia», cara a papa Benedetto (catechesi del 1° ottobre 2008, Angelus dell’11 luglio 2010). Un ulteriore segno della continuità nella predicazione della carità – la continuità che conta – tra Benedetto e Francesco: dalla teologia dell’amore dell’uno alla pastorale della misericordia dell’altro.
In che cosa è cambiata la mia vita da quando c’è Francesco? Poco o niente. Molto nella chiacchiera, da quella nobile delle conferenze a quella maldicente dei circoli minori. Pochissimo nei fatti. Provo a dirli. Sono tornato a scrivere del papa a gran richiesta del Corsera e di riviste e siti ed editori: ma questo è un effetto esterno, professionale. Non vale. Prego di più per lui. Lo facevo sempre, ma era un’intenzione rituale. Già di più con la malattia di Giovanni Paolo. Ma come si fa con un parente in ospedale. Ora invece prego tremando per le decisioni che Francesco deve prendere. È l’unico vero cambiamento.
Uno dei quattro itinerari del Giubileo dei camminanti passa sotto le mie finestre e io ne sono felice e anche il mio parroco, perché sfiora la nostra chiesa, che è quella della Madonna dei Monti. Faremo un pellegrinaggio a piedi verso San Pietro, ma più ancora io aspetto di varcare la Porta santa della carità, che il papa aprirà all’ostello Luigi di Liegro di via Marsala, a lato della Stazione Termini, il 18 dicembre. Una Porta nuova per segnalare che è nei poveri che incontriamo Cristo. È sulla carità che il Giubileo incontra la città. Così era nella storia e ancora di più lo sarà stavolta. Mi suona strana la preoccupazione degli organizzatori, buttata là nelle conferenze stampa, che gli ambulanti e i questuanti non disturbino i pellegrini: ma se debbiamo incontrare Dio nei poveri, se una delle porte sante sarà per andare da loro, che paura avremo di averli intorno?
Dopo vari esperimenti ho avviato un nuovo corso del mio blog e la favola ha una morale: che se hai un blog è necessaria una «moderazione» costante dello stesso. Una rottura per il gestore, ma non vedo alternative. Lasciarlo libero, anche solo mezza giornata, sarebbe come una maestra che s’assentasse dall’aula per due ore: al rientro troverebbe qualche astuccio e alcune piccole ossa. Grazie al nuovo corso posso dire che non sono più in conflitto con il blog e come avevo dato conto della battaglia (ad aprile in questa rubrica: «Sono in lite con il blog e mi chiedo a che serva», in Regno-att. 4,2015, 287s), così ora faccio il punto sulla pace. Uno dirà: è così importante quello che succede in un blog? No, per nulla. Ma può essere utile capire il fenomeno, che va oltre i blog ed è grande quasi quanto la realtà. Mi considero un esploratore ai bordi della blogosfera.