«La Presidenza tedesca giunge davvero in un momento cruciale per il futuro dell’UE, dimostrando la necessità per noi tutti di stare uniti e con una visione comune e forte dell’Europa», e gli episcopati europei, non solo cattolici ma anche ortodossi ed evangelici, appoggiano in pieno «l’ambizioso e lungimirante programma della Presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione Europea Insieme per la ripresa dell’Europa e l’impegno della Presidenza tedesca a sviluppare un’Unione Europea forte, innovativa, giusta e sostenibile agendo in linea con i suoi valori e principi comuni, e promuovendo così il bene comune».
Lo hanno affermato il Consiglio degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE), che rappresenta i vescovi cattolici del continente, e la Conferenza delle Chiese europee (KEK), che rappresenta quelli ortodossi ed evangelici, in un documento congiunto dal titolo Contributo di COMECE e KEK al programma della Presidenza tedesca EU «Insieme per la ripresa dell’Europa».
Il documento è stato consegnato il 7 luglio da una delegazione di COMECE e KEK a Michael Clauss, ambasciatore presso la Rappresentanza permanente della Germania all’Unione Europea.
Inaugurando i lavori del 40° Meeting per l’amicizia fra i popoli (Rimini, 18-23 agosto 2020), il 18 agosto Mario Draghi – presidente della Banca centrale europea dal 2011 al 2019 – ha espresso in filigrana, come nel suo stile, forti preoccupazioni rispetto alle scelte politiche nazionali. «I sussidi servono a sopravvivere, a ripartire… ma poi finiranno. Ai giovani bisogna però dare di più». Perché «se non si è fatto niente, resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri».
Draghi ha affrontato lungamente la questione europea, indicando una necessaria evoluzione dei suoi ordinamenti: «Da questa crisi l’Europa può uscire rafforzata. L’azione dei governi poggia su un terreno reso solido dalla politica monetaria. Il fondo per la generazione futura (Next Generation EU) arricchisce gli strumenti della politica europea. Il riconoscimento del ruolo che un bilancio europeo può avere nello stabilizzare le nostre economie, l’inizio di emissioni di debito comune, sono importanti e possono diventare il principio di un disegno che porterà a un Ministero del tesoro comunitario la cui funzione nel conferire stabilità all’area dell’euro è stata affermata da tempo».
«In questi tempi difficili ed eccezionali per l’umanità, mentre la pandemia colpisce con forza la regione panamazzonica e la realtà di violenza, esclusione e morte contro il bioma e i popoli che lo abitano reclama un’urgente quanto imminente conversione integrale, la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia vuole essere una buona notizia e una risposta opportuna al grido dei poveri e della sorella madre Terra, così come uno strumento efficace per assumere, a partire dal territorio, molte delle proposte nate nell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica».
Il 29 giugno 2020 un comunicato congiunto del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) e della Rete ecclesiale panamazzonica (REPAM) ha annunciato la nascita della «Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia». È il primo frutto concreto del recente Sinodo dei vescovi della regione panamazzonica (6-27.10.2019), che nel Documento finale proponeva la creazione di «un organismo episcopale che promuova la sinodalità tra le Chiese della regione, che aiuti a delineare il volto amazzonico di questa Chiesa». Lo presiederà il card. Claudio Hummes, e all’interno del Comitato esecutivo avrà tre rappresentanti dei popoli originari.
Il 23 agosto, mentre i numeri della pandemia di COVID-19 in America Latina continuano a crescere (oltre 6 milioni di malati a quella data), il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) ha inviato una Lettera ai leader e governanti dell’America Latina e dei Caraibi intitolata Appello all’integrazione e alla cooperazione regionale per cercare soluzioni di fronte alla crisi del COVID-19.
Il modo per affrontare la tragedia che sta colpendo la regione, secondo i vescovi cattolici, è realizzare «una “patria grande” integrata tra America Latina e Caraibi. Come primo passo ci auguriamo che siano adottate azioni concrete per garantire centri di ricerca, laboratori e produzione di farmaci che riuniscano il meglio della nostra intelligenza scientifica e siano supportati in modo cooperativo dai paesi della regione, per fare insieme ciò che nessuno o pochissimi potrebbero fare separatamente». Le pandemie in realtà sono due, e una di esse è la strutturale situazione di ingiustizia sociale che ha esposto la parte più povera della popolazione al contagio senza aver adeguato accesso alle cure. «Potremmo così affrontare anche le cosiddette malattie invisibili, risultato di condizioni socio-economiche deficitarie e inique, che provocano più morti del COVID-19».
l 26 luglio è filtrata nella stampa brasiliana, prima che la Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB) la approvasse, una Lettera al popolo di Dio di 152 vescovi brasiliani, circa un terzo del totale dei membri della CNBB, che denuncia le scelte compiute dal governo Bolsonaro nella gestione della pandemia di COVID-19 (www.religiondigital.org; nostra traduzione dallo spagnolo, titolazione redazionale).
«Il tempo presente, con le sue difficoltà e le sue opportunità, ci chiede di non restringere gli orizzonti del nostro discernimento e del nostro impegno semplicemente ai protocolli o alle soluzioni pratiche. Siamo all’interno di una situazione storica che invoca un nuovo incontro con il Vangelo, in particolare con l’annuncio del kerygma, cuore dell’esperienza credente». La Presidenza della Conferenza episcopale italiana (CEI) il 23 luglio ha inviato una lettera a tutti i vescovi italiani, in cui si indicano alcuni punti intorno ai quali organizzare la progettualità pastorale delle Chiese locali nelle ancora incerte circostanze dovute alla pandemia di COVID-19.
Frutto della riflessione maturata nell’ultima riunione della Presidenza, la lettera si sofferma sul ritorno alla celebrazione dell’eucaristia con il popolo, «segnato anche da un certo smarrimento (in particolare, una diffusa assenza dei bambini e dei ragazzi), che richiede di essere ascoltato».
Il necessario «saggio discernimento per cogliere ciò che è veramente essenziale» proseguirà nella prossima riunione del Consiglio episcopale permanente (21-23 settembre) e, quindi, in Assemblea generale (16-19 novembre).
La pandemia di COVID-19 ha inciso profondamente sulla nostra coscienza collettiva, ed è necessario che l’elaborazione culturale di quanto il mondo sta vivendo continui anche nei prossimi mesi. A leggerne l’impatto e a interpretarne il senso in vista di un progresso della riflessione etica mira il Manifesto elaborato dal Consiglio di presidenza dell’Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM), pubblicato l’8 giugno con il titolo Etica, per un tempo inedito. Un manifesto dopo COVID-19.
La prospettiva che guida il documento è di una teologia morale radicata nel Vangelo, orizzonte fondativo di una lettura dei segni dei tempi che medita con sapienza l’esperienza umana, per abitare eticamente un tempo nuovo: «Tale esperienza invoca una vera etica dell’imprevisto, per un mondo prevedibilmente destinato a forti e veloci mutamenti (si pensi solo al riscaldamento globale). Un’esigenza non nuova per una prospettiva morale radicata sulla sequela del Signore Gesù in una storia mutevole, ma che richiede, tuttavia, un metodo adeguato».
«Per rispondere alle numerose domande sui passi da seguire nelle cause penali di propria competenza» la Congregazione per la dottrina della fede ha predisposto un Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici. Diffuso il 16 luglio, esso «non innova la legislazione in materia», proponendosi solo di «rendere più chiaro» e più omogeneo il percorso da seguire. Vi si dice che la notitia de delicto deve essere presa sul serio anche quando viene «diffusa dai mezzi di comunicazione di massa (ivi compresi i social media)» (n. 10) e persino, pur con cautela, da fonti anonime (n. 11). Si sottolinea che è positivo «che si attivi la comunicazione» tra le autorità ecclesiastiche interessate a una medesima notitia de delicto (n. 22), ovvero si incoraggia la comunicazione tra i nodi della rete ecclesiastica, pur con tutta la prudenza sul come farlo. Non si invita alcun soggetto a tacere, neppure le vittime o i testimoni (n. 30), ma si raccomanda cautela «quando si debbano diffondere pubblici comunicati» durante l’indagine previa (n. 45), rispettando tanto la presunzione d’innocenza dell’accusato quanto la buona fede della presunta vittima. E infine si suggerisce, quanto alla comunicazione delle indagini alle autorità civili, di farlo non solo se lo prevede la legge, ma anche se la vittima è d’accordo o se il tacere crea pregiudizio per lei, «incoraggiando l’esercizio dei suoi doveri e diritti di fronte alle autorità statali».
Anche in mezzo ai profondi cambiamenti antropologici e sociologici che caratterizzano le società attuali, per la Chiesa cattolica la parrocchia rimane il «segno della presenza permanente del Signore risorto in mezzo al suo popolo». Tuttavia proprio per i cambiamenti suddetti «occorre individuare prospettive che permettano di rinnovare le strutture parrocchiali “tradizionali” in chiave missionaria. È questo il cuore della desiderata conversione pastorale, che deve toccare l’annuncio della parola di Dio, la vita sacramentale e la testimonianza della carità, ovvero gli ambiti essenziali nei quali la parrocchia cresce e si conforma al Mistero in cui crede».
L’istruzione La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa, pubblicata dalla Congregazione per il clero il 20 luglio – mentre diversi episcopati nazionali e macro-regionali stanno elaborando ipotesi di riforma della strutturazione pastorale –, procede quindi a indicare, essenzialmente sulla base del vigente Codice di diritto canonico, quali siano i limiti delle possibilità di cambiamento della struttura della parrocchia, ribadendo il ruolo centrale del parroco; qualche spazio si apre per i diaconi.
Il 27 marzo è stato presentato, e pubblicato in 12 lingue sul sito dell’arcidiocesi ortodossa d’America, un lungo documento sulla dottrina sociale della Chiesa ortodossa. È il lavoro di una commissione di teologi incaricata nel 2017 dal patriarca ecumenico Bartolomeo I d’applicare in questo ambito le linee individuate dal concilio di Creta del giugno 2016, ed è stato approvato dal Santo Sinodo del Patriarcato a fine 2019.
Intitolato Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa e costituito da 9 capitoli, è il risultato dello sforzo di confrontarsi con le questioni che la globalizzazione pone di fronte alle Chiese ortodosse: la Chiesa nella sfera pubblica; povertà, ricchezza e giustizia sociale; guerra, pace e violenza; relazioni ecumeniche e con altre religioni; ortodossia e diritti umani; scienza, tecnologia, mondo naturale. Nel 2000 era stato il Patriarcato di Mosca a pubblicare un lungo documento sullo stesso tema, I fondamenti della concezione sociale (Supplemento a Regno-doc. 1,2001).
Ne pubblichiamo il capitolo VI, che tratta delle relazioni ecumeniche e interreligiose, mentre rimandiamo alla fonte per il documento completo (bit.ly/2SfTHuf).