Un ringraziamento ai giovani «per aver voluto scommettere che vale la pena di sentirsi parte della Chiesa o di entrare in dialogo con essa… di aggrapparsi alla barca della Chiesa che, pur attraverso le tempeste impietose del mondo, continua a offrire a tutti rifugio e ospitalità… di metterci in ascolto gli uni degli altri… di nuotare controcorrente e di legarsi ai valori alti». Con questo «grazie» alla fede dei giovani papa Francesco ha aperto il 3 ottobre la XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi su «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», che si conclude il 28 ottobre. Accogliendo i quasi 300 vescovi e preti delegati con diritto di voto, i 5 delegati fraterni delle altre Chiese cristiane e i 50 uditori e uditrici tra giovani adulti, membri degli ordini religiosi, osservatori ed esperti, Francesco ha raccomandato ai sinodali di non seguire i «profeti di sventura», ma di «frequentare il futuro» impegnandosi nell’ascolto dei giovani, per far uscire «non solo un documento – che generalmente viene letto da pochi e criticato da molti –, ma soprattutto propositi pastorali concreti». Dell’apertura del Sinodo pubblichiamo il discorso del papa e la Relazione introduttiva del relatore generale, il card. Sérgio da Rocha, arcivescovo di Brasilia.
È stata pubblicata il 1° ottobre 2018 l’Istruzione sulla celebrazione delle Assemblee sinodali e sulla Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, in applicazione delle novità introdotte dal papa nello svolgimento dei Sinodi e contenute nella recente costituzione apostolica Episcopalis communio (Regno-doc. 17,2018,528). Gli articoli seguono un ordine consequenziale, come dimostrano le due parti in cui il testo è suddiviso. La prima si occupa dei soggetti, tra cui il romano pontefice, i membri o padri sinodali designati per i diversi tipi di Assemblea, la Segreteria generale con i suoi consigli ecc. La seconda, invece, tratta le procedure: è qui, tra le altre cose, che si disciplina la discussione degli argomenti nelle Congregazioni generali e nei circoli minori, e si descrivono le modalità di votazione.
Tra le novità si segnala l’ampliamento della Segreteria generale, dovuto al fatto che il Consiglio ordinario sarà d’ora in poi costituito da 21 vescovi, di cui 16 eletti dall’Assemblea generale ordinaria. Lo spirito principale del documento è quello di facilitare il più possibile il dibattito e lo scambio di opinioni tra i padri sinodali, così da far emergere la ricchezza delle voci delle Chiese sparse su tutta la terra.
Avviata da papa Francesco con la prima riunione del Consiglio presinodale durante il suo viaggio di gennaio in Perù, si svolgerà nell’ottobre 2019 l’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi dedicata all’Amazzonia, per «una Chiesa con un volto amazzonico … e un volto indigeno». Il Sinodo, che sarà celebrato a Roma, non si concentrerà strettamente sull’ambito ecclesiale, ma partirà da un territorio specifico «per gettare a partire da esso un ponte verso altri biomi essenziali del mondo: il bacino del Congo, il corridoio biologico mesoamericano, i boschi tropicali del Pacifico asiatico, il bacino acquifero Guaranì». Il Documento preparatorio che qui pubblichiamo, frutto del lavoro congiunto della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi e della Rete ecclesiale panamazzonica (REPAM), s’intitola Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale. È stato pubblicato l’8 giugno e riconosce come interlocutori fondamentali del cammino sinodale i popoli indigeni e tutte le comunità che vivono in Amazzonia, ponendo al centro della riflessione «la missione particolare della Chiesa oggi di fronte a questa realtà». Suddiviso in tre parti che corrispondono al metodo «vedere, giudicare (discernere) e agire», presenta in conclusione delle domande che permettono di accostarsi progressivamente alla realtà e al desiderio di una «cultura dell’incontro» nella regione.
«Celebrare i cento anni dell’indipendenza significa soffermarsi un poco nel tempo, recuperare la memoria del vissuto per prendere contatto con tutto quello che vi ha forgiati come nazione e trovarvi le chiavi che vi permettano di guardare le sfide del presente e proiettarsi verso il futuro in un clima di dialogo e di unità tra tutti gli abitanti, in modo che nessuno rimanga escluso»: è la memoria, associata alla libertà e all’unità, il filo conduttore del viaggio apostolico di Francesco in Lituania, Lettonia ed Estonia (22-25.9.2018) a cento anni dall’indipendenza dei tre paesi che si affacciano sul mar Baltico. Nell’incontro con le autorità civili a Vilnius, il pontefice si è soffermato sulla violenza delle ideologie totalitarie che per decenni hanno dominato la Lituania, non riuscendo però a spezzare «la capacità d’ospitare e armonizzare le differenze». Alla preghiera ecumenica a Riga, in Lettonia, il papa ha richiamato la necessaria unità che la missione esige oggi, senza soffermarsi sulle ferite del passato ma incentrandosi «sulla preghiera del Maestro», mentre durante l’incontro ecumenico con i giovani in Estonia Francesco ha esortato a non fare «della nostra vita cristiana un museo di ricordi. La vita cristiana è vita, è futuro, è speranza! Non è un museo. Lasciamo che lo Spirito Santo ci faccia contemplare la storia nella prospettiva di Gesù risorto, così la Chiesa, così le nostre Chiese saranno in grado di andare avanti accogliendo in sé le sorprese del Signore».
Sono stati vari i temi toccati dalla sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente, riunita a Roma da lunedì 24 a mercoledì 26 settembre 2018 sotto la guida del presidente card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Innanzitutto l’Assemblea generale straordinaria del prossimo novembre, che avrà al suo centro la liturgia e l’approvazione della terza edizione del Messale romano; poi la cultura, con la convinzione di dover ereditare il lascito del Progetto culturale della Chiesa italiana e coniugarlo contemporaneamente con i nuovi orientamenti impressi dal magistero di papa Francesco, consapevoli che «la questione antropologica oggi richieda di procedere a partire – più che dalla dottrina – dalla vita e dall’esperienza»; ancora l’educazione, con la necessità di tornare a promuovere un’alleanza educativa con il mondo della scuola, togliendolo da un isolamento nocivo per tutti; e infine il paese, affrontando la drammatica situazione dei giovani senza lavoro, ma anche la preoccupazione per le condizioni delle zone terremotate del Centro Italia e la difficile questione migratoria, ribadendo come «la solidarietà – fatta di accoglienza e integrazione – rimanga la via principale per affrontare la complessità del fenomeno». Subito dopo la riunione del Consiglio permanente, il 28 settembre, papa Francesco ha nominato mons. Stefano Russo, vescovo di Fabriano-Matelica, nuovo segretario generale della CEI.
S’intitola «La guerra deve cessare!» il documento programmatico proposto nel dicembre 2017 dal Consiglio delle Chiese del Sud Sudan nell’ambito del suo Piano d’azione per la pace. Il testo, che è appoggiato esternamente anche dalla Chiesa cattolica, intende offrire alle parti in causa un percorso strutturato per facilitare un dialogo a più livelli, che coinvolga sia i capi politici sia i semplici cittadini, allo scopo di porre fine alla guerra che dilania il paese, divenuto indipendente nel 2011 (cf. Regno-att. 12,2018,362 e riquadro a p. 631). Dopo aver ricostruito il quadro storico e politico entro cui si colloca questa iniziativa, il documento tratteggia puntualmente le azioni da intraprendere per pervenire a una pace duratura, al di là degli accordi firmati (l’ultimo il 12 settembre 2018), con il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan a svolgere un ruolo di mediazione e advocacy del conflitto e delle sue vittime. «Senza azioni concertate e rapide, il Sud Sudan precipiterà ancor più verso il capitolo più cupo della sua storia» si legge nel documento. «Questo crollo deve essere evitato a tutti i costi. Data la situazione in continuo peggioramento del paese, non c’è tempo da perdere. L’obiettivo fondamentale è portare tutte le parti in causa a forum neutrali per criticare e riesaminare gli ultimi provvedimenti, riconoscere i fallimenti e predisporre approcci alternativi per ristabilire pace e stabilità nel paese».
In un incontro a Nairobi, il 19 luglio 2018, il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan è nuovamente intervenuto sulla situazione del paese dopo l’Accordo di Khartoum firmato in giugno, rimarcando la necessità che l’applicazione tecnica di quest’ultimo sia accompagnata da un processo di dialogo nazionale per la pace e la riconciliazione (www.sscchurches.com; nostra traduzione dall’inglese).
Il conflitto tra le due maggiori Chiese ortodosse, che in queste settimane è precipitato fino alla rottura della comunione dichiarata dalla Chiesa ortodossa russa, è basato su un contrasto non dogmatico bensì di giurisdizione canonica, con forti connotati politici in aggiunta.
La crisi tra le Chiese ortodosse di Costantinopoli (la «Chiesa madre») e di Mosca (la «terza Roma») sulla questione del territorio canonico dell’Ucraina è culminata in ottobre nella rottura della comunione, cioè nello «scisma». Dopo la decisione del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli di revocare la scomunica ai metropoliti Filarete Denysenko e Makariy Maletych, leader di due Chiese ortodosse ucraine che sin dalla caduta dell’URSS chiedono l’indipendenza (autocefalia) dal Patriarcato di Mosca, e di revocare l’Atto del 1686 che affidava il territorio ucraino alla Chiesa ortodossa russa, quest’ultima ha deciso che «fino a quando il Patriarcato di Costantinopoli non rinuncerà alle sue decisioni anti-canoniche, è impossibile per tutto il clero della Chiesa ortodossa russa concelebrare con il clero della Chiesa di Costantinopoli, e per i laici partecipare ai sacramenti amministrati nelle sue chiese».
Pubblichiamo l’Annuncio del Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli, dell’11 ottobre, e la Dichiarazione sull’invasione del Patriarcato di Costantinopoli nel territorio canonico della Chiesa russa del Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca, del 15 ottobre. Per una ricostruzione più ampia della vicenda, che ha risvolti geopolitici ed ecumenici, cf. Regno-att. 16,2018,470.
Le donne in posizioni di responsabilità nella Chiesa continuano a essere più l’eccezione che la regola. Tuttavia nel 2013 l’episcopato tedesco si è impegnato a chiarire che cosa significhi leadership nella Chiesa, che cosa sia legato necessariamente all’ordinazione dal punto di vista teologico, quali ruoli possano svolgere donne e uomini su mandato del vescovo e quali nuovi uffici si possano sviluppare al di fuori del ministero ordinato. E nel 2015 ha pubblicato una lettera, Essere Chiesa insieme, per un rinnovamento della pastorale. Secondo l’autrice, che ha svolto il proprio dottorato in teologia pastorale su questo tema, dopo tali sviluppi «per le donne interessate a ruoli di governo nella Chiesa e per una Chiesa interessata alle donne in ruoli di governo ci sono delle prospettive», perché «la discussione su questo tema ha cominciato ad animarsi e a prendere slancio». Il saggio che pubblichiamo affronta la questione dei fattori che favoriscono od ostacolano l’ascesa professionale delle donne nella Chiesa cattolica, e su questa base mostra che uno sviluppo dell’organizzazione che renda giustizia alla differenza di genere va di pari passo con uno sviluppo della Chiesa nel suo complesso.