Se il cristiano spara
Un dialogo nell’80° della Liberazione
 
                L’80° della Liberazione mi ha portato a colloquio con un monaco certosino di Farneta (Lucca), erede dei 12 confratelli che nel settembre del 1944 furono fucilati dai tedeschi anche per aver dato rifugio a partigiani: colloquio che ha comportato il recupero e un qualche sviluppo di informazioni raccolte nei decenni sull’uso e sul rifiuto delle armi da parte di cristiani coinvolti nelle vicende della guerra e della Resistenza.
Eccone un minimo richiamo.
L’extrema ratio esiste
Che dice lei del cristiano che spara all’occupante?, mi chiede il monaco. Rispondo che resistere all’occupante nazista era «non solo lecito ma forse necessario» e resistergli comportava l’uso delle armi, quantomeno come extrema ratio.
Ma era lecito a chi la pensava così appoggiare l’intera impresa resistenziale che l’uso delle armi non lo vedeva affatto come rimedio estremo?
Questa è la seconda perentoria domanda del monaco e questa la mia guardinga risposta: «Credo fosse lecito, purché quel cristiano svolgesse per intero la sua pedagogia mirata al contenimento del ricorso alle armi».
La Resistenza disarmata
 da Dossetti a Lombardini
A questo punto la conversazione con il monaco si è fatta richiamo diretto all’evangelico Bonhoeffer e al nostro Teresio Olivelli (beatificato nel 2018), nonché ai comandanti della Resistenza che l’attraversano disarmati: il cattolico Giuseppe Dossetti, che non fu mai armato e dedicò il massimo sforzo a salvare vite; e il protestante Jacopo Lombardini, commissario politico di Giustizia e libertà in Val Pellice, che muore a Mauthausen il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione.
L’impostazione data alla lotta partigiana in Piemonte da Lombardini è simile a quella sviluppata da Dossetti sull’Appennino emiliano: limitare al massimo l’uso delle armi evitando l’attacco isolato ai tedeschi, per non esporre la popolazione al rischio delle rappresaglie. Come Dossetti, Lombardini non è armato e si oppone alle condanne a morte degli avversari. Amico e discepolo di Lombardini è un carrarese studente di teologia, Giorgio Menghi, che vive attivissimo alla macchia ma sempre disarmato per un anno e mezzo.
Anche tra i militari delle due guerre mondiali vi furono analoghi obiettori all’uso delle armi e non solo tra gli ammirevoli Testimoni di Geova: 20.000 finirono nei campi di concentramento e la metà di essi vi morì. Per esempio Franco Cavazza, alpino della Julia che muore sul Monte Golico, in Albania, nel marzo del 1941, essendo andato all’assalto disarmato, perché cristianamente contrario a ogni uso della violenza. Prima di partire per la guerra aveva detto al padre Filippo: «Papa, non temere, che a me potranno fare del male, ma io non farò del male ad alcuno». Il padre Filippo Cavazza scriverà un affascinante profilo del pacifista cristiano che era stato suo figlio: Papa non temere! (Vita e Pensiero, 1947).
Una testimonianza di combattente disarmato identica a quella di Franco Cavazza l’ha data il valdese Guido Plavan, un fante della Prima guerra mondiale che al momento degli assalti alla baionetta usciva con gli altri dalla trincea ma senza il fucile. Richiamato dal comandante al dovere militare rispose che il comando di Dio è di non uccidere, donò al superiore un Nuovo Testamento e i due si accordarono così, per evitare al fante la fucilazione: negli assalti avrebbe portato il fucile ma scarico.
Non mirava ai nemici
 per non uccidere figli di Dio
Anche indagando sui «santi» della Costituente (De Gasperi, Dossetti, Giordani, La Pira, Lazzati, Medi, Moro, Zaccagnini) ho trovato obiettori all’uso delle armi. Primo tra tutti il pacifista Igino Giordani, che viene spedito sul Carso dove non mira ai nemici per non uccidere dei figli di Dio ma partecipa a operazioni rischiose, resta ferito e – paradossalmente – si guadagna una medaglia d’argento al valore militare. Di Dossetti ho già detto. Benigno Zaccagnini, infine: laureato in Medicina, è il medico della 28a Brigata Garibaldi e non porta armi, ma ha con sé sempre il rosario.
Il rosario ci porta a La Pira: professore di Diritto romano a Firenze, come tutti i docenti fiorentini viene precettato per una veglia nella cripta dei «martiri fascisti». Il biglietto della convocazione prescrive: camicia nera e moschetto. La Pira indossa la camicia nera ma, «siccome si tratta di pregare per i morti», al posto del moschetto porta il rosario: viene esentato dal turno di veglia (V. Citterich, Un santo al Cremlino. Giorgio La Pira, Paoline 1986, 20).1
www.luigiaccattoli.it
1 Dei certosini di Farneta fucilati nel 1944 tratto nel volume La strage di Farneta, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2024. Le storie di militari e partigiani obiettori all’uso delle armi sono nel volume che ho pubblicato insieme a Ciro Fusco: Nuovi martiri. 443 storie cristiane nell’Italia di oggi, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2025. Otto santi alla Costituente è il titolo di una puntata di questa rubrica (cf. Regno-att. 8,2024,256).
 
                             
                            