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Attualità
Attualità, 12/2025, 15/06/2025, pag. 368

I segni del giubileo

Luigi Accattoli

Tra un papa e l’altro

Se chiedi all’intelligenza artificiale una previsione numerica sul giubileo, ti snocciola 35 milioni di arrivi a Roma per un totale di 110 milioni di presenze, attribuendo a ognuno degli arrivati 3 giorni di permanenza: così AI Overview il 5 giugno. 

Se davvero questo avvenisse, l’anno santo che è ora a metà del suo corso finirebbe con il superare i 32 milioni di arrivi del grande giubileo del 2000: che tanti allora ne stimò il CENSIS. Non ottieni risposte molto diverse se la domanda la poni agli addetti ai lavori, che aggiungono: «Sono previsioni, non farci troppo affidamento». Del resto anche Overview ti avverte che «le risposte dell’AI potrebbero contenere errori». Sappiamo bene che essa è fatta a nostra somiglianza.

La sede vacante
rilancia la peregrinatio

Partito basso per più motivi, primo tra tutti la scelta dei mezzi poveri dettata da Francesco, il giubileo della speranza aveva risentito negativamente, i primi mesi, dell’assenza del papa dagli eventi e dell’annullamento delle udienze giubilari del sabato, che erano state previste sul modello sperimentato nel 2000 e nel 2016: Francesco ne ha tenute solo 3, a motivo del ricovero al Gemelli il 14 febbraio e del forzato riposo a Santa Marta dal 23 marzo alla morte, arrivata il 21 aprile. 

Ma gli eventi della sede vacante, la febbre mediatica da essi provocata, l’emozione pasquale e mondiale dell’addio a papa Bergoglio, la novità della figura di Leone XIV e l’inaspettata attrazione della tomba di Franciscus hanno rilanciato la peregrinatio giubilare, spingendo la previsione oltre i dati dell’anno 2000. 

Mi colpiscono i tanti pellegrini in fila sotto il sole per fare visita alla tomba di Francesco, nella navata di sinistra di Santa Maria Maggiore, tra la Cappella Sforza e la Cappella Paolina. Sarà perché abito in via di Santa Maria Maggiore, ma quelle code le trovo parlanti.

A chi nei primi giorni chiedeva che ne pensassi rispondevo: «Dureranno fino alla fumata bianca, ma arrivato il nuovo papa nessuno andrà più dal vecchio». Non potevo avere una smentita più vistosa. Nei prossimi mesi potremo riflettere sull’aiuto a credere e a pregare che ci è venuto dal papa argentino. Più in là nel tempo potremo interrogarci sulla recezione, da parte del popolo di Dio, dei segni giubilari che erano stati proposti da Francesco.

«Nell’anno giubilare saremo chiamati a essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio», aveva scritto nella bolla Spes non confundit (La speranza non delude, n. 10; Regno-doc. 11,2024,325) il papa dei poveri, segnalando i campi nei quali impegnarsi per trasformare «i segni dei tempi» in «segni di speranza»: dalle guerre alle carceri, dalle culle vuote alla fame nel mondo.

Che segni di speranza vanno svolgendo le nostre comunità? Il più diffuso, proposto dalla Caritas, è il progetto di microcredito «Mi fido di noi» (cioè della comunità), che mira a offrire sostegno alle famiglie indebitate. È un progetto ispirato alla biblica remissione dei debiti, variamente attivato in tutta Italia. Ma ci sono anche iniziative originali, ispirate al genio della carità che caratterizza tante nostre comunità. 

La diocesi di Rossano-Cariati ha creato una Casa d’accoglienza per detenuti e famiglie e un Centro d’ascolto giuridico. I poveri non possono ricorrere agli avvocati, neanche quando hanno sacrosanti diritti da far valere.

A Cagliari si punta a favorire il reinserimento degli ex detenuti e l’accoglienza per donne senzatetto e per donne in gravidanza.

«Senza catene» è un progetto della Caritas di Catania mirato all’attivazione di una rete di sostegno per detenuti ed ex detenuti. A Brescia un’analoga iniziativa ha il nome «La libertà trova casa». «Giubilo anch’io» è detto a Nuoro a un programma di reinserimento sociale degli ex detenuti.

Pellegrini alla mensa
dei poveri

La Caritas del Monferrato con il progetto «Un anno di respiro» s’impegna a offrire a una cinquantina di famiglie una liberazione dall’ansia per la casa: perderla, non trovarla, essere sfrattati. Sempre nel Monferrato la mensa Caritas sarà meta di pellegrinaggio giubilare per gruppi di una dozzina di persone disponibili a vivere un pasto domenicale in condivisione con gli ospiti abituali.

A Napoli è stata avviata una Comunità d’accoglienza per donne in emergenza e per uomini «in situazioni di precarietà economica, affettiva o lavorativa».

A Roma alcune parrocchie si sono impegnate a ospitare genitori che hanno bambini ricoverati, altre si occupano di madri in difficoltà.

Altre comunità, in varie parti d’Italia, realizzeranno corridoi umanitari, universitari e lavorativi per migranti e rifugiati. Ad Ales-Terralba, in Sardegna, il progetto «Una strada per casa» mira a fornire sostegno abitativo alle persone che ne sono prive.

 

www.luigiaccattoli.it

 

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
Tema Cultura e società
Area
Nazioni

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