Martiri dell’ecumene
Il sangue valica i confini
L’amico tradizionalista che abitava al piano di sopra deplorava la mia passione per i martiri del nostro tempo e – se fosse qua: se n’è andato nel 2020 (cf. Regno-att. 12,2021,407s) – ancor più biasimerebbe il lavoro che sto conducendo per aggiornare all’Anno santo 2025 il volume Nuovi martiri che pubblicai per il grande Giubileo (San Paolo 2000). Sento che gli verrebbero i brividi se l’informassi che papa Francesco ha dato disposizioni perché la ricerca di queste figure martiriali sia estesa a «tutte le confessioni cristiane» (cf. Regno-att. 4,2024,136).
«C’è troppa confusione sull’argomento e questa iniziativa del papa non fa che aumentarla», commentava desolato le mie cronache sulla Commemorazione dei testimoni della fede del secolo XX che si fece al Colosseo nel maggio del 2000. Egli si confessava da un prete di Lefebvre e se oggi gli dicessi che Francesco, il maggio scorso, ha annunciato l’inserimento nel Martirologio romano dei 21 copti ortodossi uccisi in Libia dall’ISIS nel 2015 mi risponderebbe che «il papa non può fare questo», proprio come sta sostenendo da mesi la comunità lefebvriana. Invano gli ricorderei che già Paolo VI, canonizzando nel 1964 i martiri dell’Uganda, aveva reso omaggio agli anglicani che erano morti con loro. E che Giovanni Paolo II aveva fatto qualcosa di simile prima a Canterbury, nel 1982, partecipando all’inaugurazione di una cappella dedicata ai «Santi e martiri del XX secolo»; e poi a Presov, in Slovacchia, nel 1995, quando pregò davanti al monumento che ricorda i 24 martiri evangelici messi a morte dalle autorità cattoliche nel 1687.
Ogni chiesa insanguinata
è un nuovo santuario
I non cattolici non possono entrare nel martirologio cattolico, giurano i cultori dei confini confessionali. E a nulla serve obiettare che il martirio sana molte insufficienze: rimedia persino alla mancanza del battesimo, figuriamoci all’iscrizione in altro registro confessionale.
Gli oppositori dell’iniziativa papale non si limitano a contestarne la proiezione ecumenica: mettono in dubbio che si possa parlare di vero martirio per gli stessi cattolici che sono morti di morte violenta negli ultimi decenni, lavorando alla diffusione del Vangelo: si tratta quasi sempre – argomentano – di uccisioni per motivi sociali o politici, non «in odio alla fede».
A me invece paiono eventi di puro martirio le stragi di cristiani operate nel vasto mondo dal terrorismo islamista: in Nigeria, Kenya, Egitto e Siria, Algeria, Iraq, Filippine, Indonesia, Sri Lanka, Pakistan. Tante volte si è trattato di sparatorie nelle chiese, durante le celebrazioni domenicali: ognuna di quelle chiese insanguinate è un santuario del martirio contemporaneo.
Padre Hamel è stato ucciso sull’altare in Francia nel 2016, proprio come il vescovo Romero a San Salvador nel 1980. La continuità del sangue versato a motivo del nome cristiano lega i decenni e i continenti: don Andrea Santoro ucciso mentre prega nella sua chiesetta a Trabzon, in Turchia, nel 2006; il vescovo Luigi Padovese massacrato a coltellate a Iskenderun – ancora in Turchia – nel 2010 dal suo autista, musulmano militante. Leonella Sgorbati e Annalena Tonelli uccise nei loro ospedali in Somalia e in Somaliland, l’una nel 2006 e l’altra nel 2003, colpite ambedue da attentatori islamisti, proprio come era capitato nel 1995 a Graziella Fumagalli, anche lei nell’ospedale che dirigeva in Somalia. Gran numero di donne tra questi martiri: Maria de Coppi uccisa in un assalto jihadista nel 2022 in Mozambico.
Né sono solo attentatori islamisti a uccidere i nostri missionari. Per Fausto Tentorio del PIME sono stati probabilmente esponenti governativi e militari intenzionati a stroncarne l’opera a difesa dei nativi dell’isola di Mindanao, Filippine, nel 2011. Analoga è la vicenda di Raffaele Di Bari, missionario comboniano in Uganda, ucciso nel 2000 per il suo impegno a protezione della popolazione.
Nel Martirologio
come i santi innocenti
Martiri della giustizia, martiri della carità. Giuseppe Bessone e Bruno Baldacci, missionari in Brasile, uccisi nel 2005 e nel 2006 per rapina da ragazzi allo sbando dei quali si prendevano cura. Nazareno Lanciotti, Alois Lintner, Luigi Plebani uccisi – sempre in Brasile – probabilmente dai narcotrafficanti nel 2001, nel 2002, nel 2012.
Simile è la storia delle tre suore saveriane Lucia Pulici, Olga Raschietti, Bernadetta Boggian, uccise in Burundi nel 2014 da assalitori restati sconosciuti. E di Luisa Dell’Orto, uccisa nel 2022 ad Haiti dove operava da vent’anni come piccola sorella del Vangelo.
«Ma che bisogno abbiamo di chiamarli martiri?», domanderebbe il mio amico. Proverei a rabbonirlo con un argomento della grande tradizione: quello dei «santi innocenti martiri» che il Martirologio romano rubrica con questo titolo al 27 dicembre.
www.luigiaccattoli.it