Preghiera social
Succede al santuario di Loreto
Nella sempreverde prateria della preghiera spuntano invocazioni in lingua social: ce ne sono anche tra quelle che i pellegrini al santuario di Loreto lasciano per iscritto in Santa casa (cf. Regno-att. 20,2024,656). Eccone una manciata: Smack: ti voglio bene; Annullamento gufaggine; Facci innamorare pazzamente di te; Vorrei essere bella come te; Porta serenità a questa banda di mattacchioni; È la prima volta che vengo: mi hai folgorato.
Grazie Maria tu sei magica. Questa preghiera, come già la precedente, ricorda l’entusiasmo con il quale santa Teresa di Lisieux narra nelle sue memorie la venuta a Loreto durante il viaggio in Italia del 1887: «Loreto mi ha rapita».
Io ti parlo Maria
ma alcune volte parla tu
Non fare scherzi: promettimi che dopo la morte ci sarai.
La comunicazione dei social tende a un uso ludico della lingua anche quando la materia è seria, come in questo richiamo al «dopo morte».
Altra tendenza del linguaggio social è il rovesciamento ironico e autoironico dei ruoli, per il quale uno dice – poniamo – quello che si aspetta gli dicano gli altri, come avviene in queste due invocazioni, dove Maria è trattata come persona che ti ha dato l’amicizia su Facebook: Cara Maria aiutami nel cammino e augurami buona salute; Auguri a noi per il nostro anniversario di matrimonio.
Ai nativi digitali s’addice una disinvoltura di linguaggio in materia di sesso che non ti aspetteresti in messaggi indirizzati alla sempre Vergine: Grazie per la moglie che mi darai con la quale sarà bellissimo avere una famiglia e fare l’amore quasi tutti i giorni; Grazie per avermi dato la grazia di conoscere questa nuova ragazza. Fare l’amore con lei è stato bellissimo.
Le novità espressive che cogliamo in questi messaggi sono da ricondurre alla più ampia innovazione del linguaggio religioso che si viene realizzando negli ultimi decenni, con il passaggio della pietà popolare dalla dominante parrocchiale a una nuova dominante che indicheremo come occasionale, o del pellegrinaggio, o dell’evento religioso.
S’intuisce che molti autori dei messaggi lauretani non sono frequentatori abituali delle messe domenicali ma sono piuttosto pellegrini di Lourdes o di Medjugorje, o magari sono stati a una Giornata mondiale della gioventù, o hanno partecipato a un raduno carismatico o pentecostale. Gli appellativi rivolti alla Vergine e il tono confidenziale delle invocazioni potrebbero essere ricondotti a queste nuove matrici.
Lo sai che cosa voglio: fammi andare con il mio ragazzo; Io amo Camilla e vivrò con lei anche se cade il mondo. Sono povere scritture, forse non prive di qualche filo di zizzania, ma ci pare che portino con sé – pur in una lingua sconosciuta alle sacrestie – qualcosa del mistero di chi crede e di chi prega.
Grazie Maria: ci vediamo presto; Voglio vederti dal vivo; Fammi sentire la tua voce; Gesù ti prego: parlami! Grazie; Io ti parlo Maria, ma ti prego, alcune volte parla tu. In questa e nelle tre precedenti invocazioni s’avverte la supplica dell’umanità di sempre perché cessi il silenzio di Dio, ma è evidente la novità di lingua con cui la supplica viene formulata.
Sii sollecita con me e con tutti i miei cari e anche con i miei nemici. Guarda tu come poteva mai essere enunciato oggi il comandamento evangelico dell’amore per i nemici!
La statistica religiosa segnala che ai nostri giorni viene diminuendo la preghiera liturgica, ma è verosimile che il rigoglio della pietà legata ai santuari possa far registrare un qualche aumento della preghiera spontanea: improvvisata, non limitata alle espressioni normate dai testi liturgici e dai sussidi devozionali.
Il grido al cielo
dai dolmen alle emoticon
Di più: i foglietti di Loreto attestano che anche le preghiere più intime oggi possono essere formulate con le diciture abbreviate e colloquiali che sono proprie della comunicazione via chat. Essi ci dicono che ancora oggi, come sempre, le vie della preghiera sono infinite: Fammi sempre compagnia; Abbi misericordia di me, ma tanta; Maria santa tu sai; Tu sola sai; Di che ho bisogno lo sai già. Ti prego, aiutami; Tienimi tra le tue braccia; Dacci un occhio.
È social anche il parlare breve e spedito: Aiutaci: ti amiamo; Sorridici ogni giorno; Svegliaci; Non mollarci mai; Ciao da noi due.
Dai dolmen della preistoria alle emoticon della comunicazione digitale, ininterrotta è l’impresa umana d’alzare gli occhi al cielo. Reinventando come può e sa la lingua del grido a Dio, l’umanità postmoderna fa sua, a suo modo, l’invocazione che fu già dell’antichità pagana in situazioni senza scampo: «Ma non togliermi, Signore, la preghiera» (Eschilo, Prometeo incatenato 585). Questa nostra umanità sembra gridare nella notte: farò a meno di tutto quello che mi viene dal passato, ma non potrò rinunciare alla preghiera.
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