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Attualità
Attualità, 18/2024, 15/10/2024, pag. 579

Chiese in Europa: rabdomanti della fede

Christoph Theobald

Come riconoscere e portare alla luce le domande esistenziali fondamentali che paiono scomparse dalle nostre società europee? Quali cambiamenti di posture devono attuare i credenti per far nascere e maturare la fede? Quali percorsi e mezzi potrebbero aiutarci a introdurre tali posture nell’esperienza ecclesiale? Sono le tre domande che Christoph Theobald ha scelto come guida dell’intervento che ha tenuto lo scorso 17 settembre ai presbiteri di Bologna, convocati dall’arcivescovo Matteo Zuppi nell’Aula magna del Seminario per l’annuale «tre giorni del clero». L’autore descrive le linee di una possibile «trasformazione missionaria della Chiesa»
(cf.
Evangelii gaudium, c. I). Partendo dal presupposto teologico della circolazione fra i tre poli della Tradizione biblica e cristiana – «il Vangelo del regno di Dio per tutti; la sua “presenza” nelle nostre società e in tutta la creazione grazie a una Chiesa di Cristo Gesù, decentrata rispetto a se stessa e sempre superata da ciò che percepisce nella fede; la storia delle nostre società sul nostro pianeta» –, riprende con esemplare lucidità alcuni elementi caratteristici della sua teologia: il tema dell’«esculturazione» del cristianesimo e quello della «fede elementare» dei nostri contemporanei; le posture dell’«ospitalità» e del «rabdomante» (che ha il dono di saper rilevare chi è alla ricerca di senso); la proposta, con un riferimento al Sinodo sulla sinodalità, di cinque tappe di un possibile percorso di rinnovamento ecclesiale.

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In un recente saggio dal titolo «Una forma di vita dal sapore di Vangelo: sulle dimensioni filosofiche e teologiche della fraternità», pubblicato sulla rivista Culture e fede del Pontificio consiglio per la cultura, il teologo gesuita Christoph Theobald, docente di Teologia sistematica alla Facoltà gesuita di Parigi – Centre Sèvres, individua nella tradizione della teologia spirituale il retroterra teologico dell’enciclica. «Inscrivendosi nella “pastoralità della dottrina”, promossa dal Vaticano II, l’enciclica la sposta… verso i processi di trasformazione spirituale, radicandoli nei nostri corpi individuali e socio-politici», e dimostrando di conseguenza la necessità di importanti e conseguenti trasformazioni nella filosofia e nella teologia.

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Al di là delle polemiche strumentali che l’espressione «nuovo umanesimo» ha suscitato nell’area ecclesiale antimoderna, anche a motivo del suo utilizzo nell’arena politica, la sua evocazione ha in papa Francesco – che l’ha utilizzata parlando al V Convegno nazionale della Chiesa italiana (2015) a Firenze, e vi ha fatto riferimento davanti alle istituzioni europee a Strasburgo (2014) – un preciso orizzonte di riferimento: l’invito costante «a una riforma della Chiesa a partire dal “centro della fede”», che «corrisponda al “cambiamento d’epoca” al quale assistiamo e che porti a inventare un nuovo stile di vita cristiana nel mondo contemporaneo e una nuova maniera di esservi presenti»; sono proprio «il fondamento e l’effetto» di tale stile che «potranno essere colti dai nostri contemporanei come un nuovo umanesimo». Su questo presupposto Christoph Theobald modula una riflessione che interpreta l’auspicio di un nuovo umanesimo alla luce della sua visione del «cristianesimo come stile». Prende dunque le mosse dalle aspirazioni e inquietudini che si esprimono nelle nostre società per scorgervi dei «segni dei tempi» (parte I), per poi interrogarsi sul Vangelo di Dio e sulla maniera ecclesiale di renderlo «presente» (II), e di farlo appunto nella forma di un nuovo umanesimo (III).