Come oggi preghiamo i santi
Il caso di Benedetto Giuseppe Labre
La Giornata dei poveri – che è quest’anno alla 7a edizione – ha risvegliato in Roma l’attenzione verso il patrono dei senzatetto, nonché figura cristologica della povertà volontaria, che è Benedetto Giuseppe Labre (1748-1783). Ho la fortuna d’appartenere alla parrocchia di Santa Maria ai Monti dove Labre è sepolto e di prendere parte alle iniziative di segnalazione dell’attualità di questo santo poco conosciuto in Italia.
Tra le iniziative c’è quella della recognitio canonica delle reliquie, in vista della quale ho avuto la possibilità di dare un’occhiata ai foglietti che i visitatori inseriscono – attraverso una specie di buca delle lettere – nella custodia in vetro dell’urna che ne raccoglie le ossa.
Aiuta i vagabondi e chi si occupa di loro
I mittenti di queste invocazioni sono più stranieri che italiani, più donne che uomini. Ho guardato solo quelli scritti in italiano. Sono tracciati alla meglio su scontrini del bar, biglietti del bus, tovaglioli di ristorante, santini e cartoline, fogli strappati da agende.
Ho letto forse un decimo di un totale di 3-4.000 richieste d’intercessione. Per oltre la metà sono generiche nell’individuazione del destinatario e andrebbero bene anche se rivolte a Maria, o a nostro Signore. Ma ve ne sono di visitatori bene informati sul santo a cui scrivono.
Per lo più implorano guarigioni e aiuti d’ogni genere, da quelli per il pane quotidiano a quelli per gli esami, i figli, il lavoro. Mia sorpresa: tante delle richieste sono formulate con ammirevole adesione alle parole e ai sentimenti di Gesù.
Una donna chiede a «Benedetto mio» la «grazia di avere un figlio», che – promette – chiamerà Benedetto o Benedetta. Molte le richieste d’intercessione per il dono dei figli: «Ti chiedo di essere incinta».
In questo orante c’è un’intuizione forte della spiritualità del santo, che a lungo tribolò per individuare la propria vocazione a farsi monaco della strada: «Ti affido Benedetto il mio abbandono con Dio nella notte oscura della vocazione. Aiutami a unirmi a Dio spogliato di tutto, come hai voluto tu».
Ecco un altro – forse membro di un gruppo di pellegrini: ne giungono spesso, specie dalla Francia – che pare abbia studiato la biografia del santo: «Caro san Benedetto grazie d’averci chiamato qui. Noi poveri arricchiti da Cristo possiamo arricchire di Cristo i poveri che incontreremo sulla nostra via».
Alcuni oranti accennano ai bisogni di chi non dispone di una casa: «Prega per JB, senzatetto con molti problemi»; «Ti prego aiutami fare documenti per vivere in Italia»; «Fa che la casa che abbiamo occupato rimanga a noi»; «Ti prego san Labre fammi trovare un lavoro qui a Roma»; «Ti prego per tutti gli ospiti del dormitorio di Napoli e per i carcerati».
Parlando al santo girovago viene spontaneo chiedere l’aiuto per i vagabondi: «Poni il tuo sguardo attento su ragazzi incontrati lungo la strada della vita, spesso abbandonati a sé stessi». Intercedi «per i senzatetto del mondo e per i miei figli». «Per i miei problemi di bere e per l’AIDS». «Ti chiedo l’aiuto ai vagabondi e a chi si occupa di loro». «Per i sacerdoti e i derelitti».
Una donna confessa d’averlo appena conosciuto e subito gli si affida: «Oggi ho saputo chi sei. Grazie per la tua vocazione per i più poveri e bisognosi».
Colpiscono l’umiltà e il disinteresse degli oranti. «Caro Benedetto ti chiedo di amare Dio ogni giorno, come hai fatto tu; e di aiutarmi ad accettare il fallimento con nostra figlia certa che Dio provvede a lei e a me». «Rendimi il cuore umile».
La domanda della saggezza, il riconoscimento dei peccati, la preghiera per i nemici rendono preziosi questi frammenti della pietà popolare. «Scendi con Gesù in me peccatrice». «Ti prego per i miei nemici». «Aiutami a vivere bene con saggezza».
Ti chiedo tanta fede e la conversione del cuore
Frequente è la domanda che potremmo ritenere come la più importante alla luce del Vangelo: quella della conversione del cuore. «Mio amato Benedetto, proprio te cercavo. Io ti chiedo la conversione del mio cuore e tanta fede. Fai che non pecchi più». «Aiutami a ritrovare la pace e la fede». «Per la conversione dei miei cari. Pietà».
«Tu che leggi – scrive una donna «stanca di urlare al Signore» – porta questa mia preghiera nel tuo cuore con te. Dio forse due persone le ascolterà. Lo scrivo qui al Colosseo». Il riferimento all’anfiteatro Flavio, che dista appena 500 metri da Santa Maria ai Monti, è rivelatore: il senzatetto Labre la maggior parte delle sue notti romane le ha pregate sotto l’arcata 43 del Colosseo.
Girovago e pellegrino, povero per scelta e mendicante di Dio, il nostro santo è amato dai più poveri tra i poveri. Lo attestano quelli che in parrocchia abbiamo imparato a chiamare i pizzini del santo.
www.luigiaccattoli.it