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Attualità
Attualità, 12/2023, 15/06/2023, pag. 408

Il mio sogno secondo Gioele

All’anziano si addice il sognare

Luigi Accattoli

Mentre viene la sera, provo a dire quali siano i miei sogni secondo Gioele. Questo annunciatore del giorno del Signore proclama che, all’avvicinarsi della grande prova, gli «anziani faranno sogni» e i «giovani avranno visioni» (Gl 3,1). Papa Francesco ha cara quella profezia e ci esorta a sognare e a travedere. A me anziano toccano i sogni. Mi azzardo a essi titubante: spero che non somiglino a quelli del sonnambulo. Sogno che io, già distratto da ogni vento, possa finalmente dirmi interessato solo alla figura di Gesù. Memorizzatore delle sue parole. Ho provato a mandarle tutte a memoria, ma non ci sono riuscito. Non ancora.

Opportuno e inopportuno,
attivo e retroattivo

Aspiro ad avere in me le parole e i sentimenti di Gesù migliorando – se mi sarà possibile – quella lettura semplice dei Vangeli che conduco da autodidatta, tenendomi ai bordi della lingua greca che ho dimenticato nonostante un 9 immeritato alla maturità. Confido di potermi fare discepolo di quanti sono maestri in questa scienza, contento se non mi cacceranno.

Sogno di riuscire a comunicare in qualche modo – in qualsiasi modo: opportuno e inopportuno – questo pensiero dominante a quanti incontro nelle mie giornate. 

Mi studio di trasmetterlo anche a quanti ho conosciuto nei giorni che furono, ricercandoli a questo scopo. Già ho avviato la ricerca: sarà il mio modo di mettermi in missione in senso attivo e retroattivo.

Sogno una comunità dove le mamme e i papà si facciano catechisti dei figli, comunicando loro le parole di Gesù con la stessa cura con la quale trasmettono le parole della vita quotidiana.

Molti tra noi avvertono oggi la povertà della catechesi parrocchiale e vedono che i figli, annoiati dalla pallida figura di Gesù che viene loro proposta, rapidamente l’abbandonano e dopo la prima comunione rifiutano di ricevere la cresima. Ho casi intorno a casa e ho nipoti non battezzati in più di una regione.

Sogno che i genitori, sedotti dalla gioia del Vangelo, riescano a contagiare con essa i figli, avviando così un nuovo percorso dell’iniziazione cristiana per i giorni a venire. È un sogno ed è una confessione di peccato: infatti io non ci sono riuscito.

Mi figuro una comunità dove i sacerdoti si occupino unicamente della preghiera e del servizio della Parola (cf. At 6,4), facendo spazio in tutto il resto ai cristiani comuni, che usciranno dalla loro inerzia e si assumeranno le loro responsabilità. In questa direzione qualche passo l’ho pure azzardato, ma so che avrei dovuto fare dieci volte di più.

In tale comunità l’assemblea eucaristica si riunirebbe una sola volta alla settimana per un’unica celebrazione e, in tale modo, farebbe fronte alla diminuzione numerica dei sacerdoti celibi e degli altri responsabili della vita comunitaria.

Ove poi la comunità restasse comunque priva del ministro ordinato necessario per la celebrazione dell’eucaristia e dei sacramenti, sogno che il vescovo possa imporre le mani e ungere un cristiano comune che vive nel matrimonio. Qui il sogno scavalca la siepe del mio orticello e si proietta sui destini generali della comunità, per i quali non ho competenza: ma i sogni – si sa – non rispettano le competenze.

Immagino una comunità dove i pastori prendano con sé negli episcopi – o nei seminari, ormai vuoti – 12 esploratori della Chiesa in uscita, uomini e donne, che costituiscano il nerbo e la scuola dell’animazione comunitaria. Questo sogno l’avevo già scritto in questa rubrica e qualche vescovo si era commosso a leggerlo. Ma i sogni è facile sognarli e anche ammirarli ed è facilissimo dimenticarli.

Sogno una Chiesa dove regni la tolleranza e la convivenza dei diversi, sia nell’interpretazione della Parola, sia nel ministero della carità; dove cioè la varietà nel modo d’essere discepoli sia maggiore – molto maggiore – rispetto a oggi.

La bellezza della Sposa
meglio risplende nella diversità

Una comunità che nella sua dimensione planetaria faccia spazio sia alle esigenze avanzate dal Sinodo tedesco o da quello amazzonico, sia a quelle della galassia tradizionalista, senza che vi debba essere una soluzione unitaria per ogni controversia dottrinale o pratica.

Sogno che domani cresca lo spazio per diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano (cf. Amoris laetitia 3). Domani: a volte i sogni hanno fretta.

Una diversità resa necessaria dal progressivo radicamento nelle varie culture, che saranno tutte invitate a fornire il loro contributo alla veste di gemme e d’oro della figlia del Re del Salmo 45, fiduciosa che la sua bellezza meglio risplenda nella varietà. 

Questi sono i miei sogni secondo Gioele. Che è profeta della pentecoste e della penitenza. Infatti in essi, nei miei sogni intendo dire, le ragioni dell’esultanza si mescolano a quelle della contrizione.

 

www.luigiaccattoli.it

 

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
Tema Francesco Cultura e società
Area
Nazioni

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