Bufera nella Chiesa
Ma non è una novità
Si dice che c’è bufera nella Chiesa, oggi più che mai: ma io penso che la tempesta ci sia sempre stata, intorno e dentro la barca di Pietro. Dico che l’unico rimedio è di guardare e andare oltre la bufera.
Sono cinquant’anni che collaboro al Regno e quando iniziai era già un lustro che scrivevo di Chiesa per altre testate: e sempre erano tuoni e fulmini. Iniziai a occuparmi di Vaticano nel 1968 per Ricerca, la rivista della FUCI: era l’anno dell’Humanae vitae, del Maggio francese, dell’occupazione delle cattedrali. Forse è questa vaccinazione di partenza a farmi cauto nel giudizio sui tempi che corrono.
Del 1969 è il Breve esame critico del «Novus ordo missae» dei cardinali Ottaviani e Bacci. Sento dire che non ci sarebbero mai stati in precedenza cardinali contestatori di testi papali, com’è capitato nel 2016 con i dubia sull’Amoris laetitia (cf. Regno-doc. 21,2016,686s): l’opposizione di quei due cardinali alla messa di Paolo VI era stata molto di più.
Le grandinate epocali
dei due referendum
Del 1978 è la legge sull’aborto; ne venne un comitato promotore del referendum abrogativo fatto di cattolici e un altro schieramento di «cattolici per il no», e io ero tra questi: lo sconquasso fu grande sotto il cielo e portò la divisione in ogni parrocchia. Perché a votare fummo chiamati tutti. Le bufere – già galoppanti con il Concilio – si sono poi susseguite implacabili per tutti gli anni Settanta, Ottanta, Novanta, fino al cambio del millennio. Fino a oggi.
Nel 1973 arriva la lettera di Franzoni La terra è di Dio e nel 1973 nascono in Italia i Cristiani per il socialismo. Del 1974 è il convegno «sui mali di Roma». A partire dal 1975 Comunione e liberazione inizia ad affermarsi sulla scena politica e ne vengono doglie da destra simili a quelle altre che erano venute da sinistra.
Il 12 maggio 1974 il referendum sul divorzio e il 17 maggio 1981 quello sull’aborto furono grandinate epocali. All’amarezza di papa Montini per il primo si sommò quella di papa Wojtyla per il secondo.
Il terrorismo, il caso Moro, Tangentopoli, il naufragio della Democrazia cristiana, il Progetto culturale cristianamente ispirato del cardinale Ruini: quando mai ci fu pace nell’ovile?
E se guardiamo fuori dall’Italia: il Nuovo catechismo olandese e la Teologia della liberazione, i moniti papali all’uno e all’altra; manifesti di teologi contro Roma e i casi Küng, Schillebeeckx e Sobrino. Preti guerriglieri in America Latina. Traumi a non finire. Il ciclone della pedofilia, più grande di tutto. E ci siamo ancora dentro.
Si afferma che Francesco oggi è contestato dentro la Chiesa e questo sarebbe un fatto nuovo: ma non è vero. Attacco a Ratzinger è un volume del 2010 di Paolo Rodari e Andrea Tornielli, dove si legge che «questo attacco non ha origine unicamente al di fuori della Chiesa ma nasce anche all’interno». Mentre si contesta e si discute le chiese si svuotano, i preti invecchiano.
L’età avanza e uno inizia a sentire freddo. E in più capita che per una conferenza ti assegnino il tema: «Perché amare ancora questa Chiesa?».
Da giornalista che sempre un poco si vergogna ad affermare invece che a narrare, dico che amo la Chiesa per la doppia ragione della notizia dell’amore di Dio per l’umanità che mi trasmette e per i segni dell’amore di Dio tra gli uomini che mi aiuta a riconoscere.
Dico ancora che questi segni sono frequenti oggi come sempre: il martirio disarmato, l’accoglienza della vita da parte delle donne sole e delle donne minacciate da grave malattia, il perdono agli uccisori dei parenti, l’accettazione del figlio menomato, la reazione all’handicap, la celebrazione ecclesiale della propria morte, il genio della carità in ogni nuova frontiera dell’umano, il Vangelo annunciato agli ultimi. Questa è la Chiesa: ama i derelitti, li accoglie, li invita alla tavola del Signore. Io amo la Chiesa per questo. Chiesa ospedale da campo. Sento crescere l’obiezione in chi mi legge: «Questa è la Chiesa feriale. Ma la grande Chiesa? È amabile la grande Chiesa di oggi?».
E domani magari
la tempesta crescerà
Per una volta, qui la mia risposta è tranciante: la Chiesa non è nelle grandi cose e sempre il suo governo deluderà i governati.
Sono anche convinto che mai come oggi vi sia stata tra noi tanta sopravvalutazione del fattore governo. Per aiutarci ad amare la Chiesa dovremmo compiere un’operazione di riequilibrio: ridimensionare l’importanza del fattore governo, prestare attenzione ai segni dell’amore di Dio nel mondo di oggi.
Sempre ci fu bufera nella Chiesa e sempre ci sarà. E domani magari la tempesta sarà più grande rispetto a quella di oggi. L’uscita del governo papale dall’Europa, che immagino duratura, mi fa temere un’accentuazione dei conflitti. Ma insieme alla bufera sempre ci sarà anche il poco lievito che fa fermentare tutta la farina. Occhio al lievito dunque, più che alla grandine.
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