A
Attualità
Attualità, 2/2020, 15/01/2020, pag. 1

Italia - Politica: modello Zalone

Gianfranco Brunelli

«La Prima repubblica non si scorda mai». Così cantava Checco Zalone nel film Quo vado?, raccontando un personaggio dal cialtro-opportunismo bonario. Stiamo diventando la caricatura di un passato a cui s’aggrappa il vecchio e il nuovo ceto politico, il quale punta come il protagonista del film al posto fisso. Una politica modello Zalone.

 

«La Prima repubblica non si scorda mai». Così cantava Checco Zalone nel film Quo vado?, raccontando un personaggio dal cialtro-opportunismo bonario. Stiamo diventando la caricatura di un passato a cui s’aggrappa il vecchio e il nuovo ceto politico, il quale punta come il protagonista del film al posto fisso. Una politica modello Zalone.

Fallimento dopo fallimento, su un piano istituzionale e su un piano politico, l’Italia esce da un trentennio di tentativi talora virtuosi di riforma del proprio sistema politico, approdando a un risultato che è la versione caricaturale della Prima repubblica, poiché quella fase della Repubblica ebbe anche i suoi meriti nell’affermazione e nello sviluppo del sistema democratico, almeno fino al 1978. Ora il rischio di uno scollamento tra cittadini senza un progetto-paese e politici senza politica è totale.

A confermare di fatto il blocco del sistema politico, giunge ora la sentenza della Corte costituzionale che boccia il referendum presentato dalla Lega per l’abolizione della quota proporzionale dell’attuale sistema di voto. «Quesito eccessivamente manipolativo», s’è detto. Credo sia utile che la Consulta spieghi questa espressione. L’art. 75 della Costituzione prevede già quello che non può essere oggetto di referendum. E come tali i referendum sono sempre «manipolativi». O si pensa di introdurre un criterio per il quale si può manipolare solo un po’? Ne esce depotenziato anche l’istituto referendario attuale.

Di fatto la sentenza stabilizza l’attuale assetto politico e di governo, escludendo il possibile ritorno al maggioritario, forse per timore della vittoria di uno dei soggetti in campo. In questo caso evidentemente la Lega. Detto per inciso: mentre scriviamo non sappiamo chi vincerà nelle regionali dell’Emilia Romagna il 26 gennaio, ma se in quella regione si votasse col proporzionale lo sapremmo già: la Lega. Col maggioritario la partita è aperta.

Un’occasione persa per riformare il sistema e i soggetti politici. La Lega infatti aveva strumentalmente proposto il referendum per cercare di destabilizzare il governo, tant’è che Salvini si era affrettato nelle scorse settimane a dire (incredibilmente) che il sistema proporzionale gli andava bene ugualmente e alla vigilia della sentenza ha ripescato il «Mattarellum».

La sola ipotesi del referendum a favore del maggioritario avrebbe modificato gli equilibri interni ai partiti e la loro politica. A centro-sinistra avremmo assistito gioco forza alla rinuncia della riedizione da parte dell’attuale Partito democratico, sotto il nominalismo di Democratici, chiamato per l’occasione, togliattianamente, «partito nuovo», della riedizione del vecchio partito dei Democratici di sinistra.

Avremmo assistito a un allargamento del campo politico a tutto il centro-sinistra, in grado di coniugare la responsabilità istituzionale e di governo con la sfida aperta del ciclo di proteste (dapprima intercettato dai 5 Stelle e poi dalla Lega) di un paese in fase di reazioni convulse. E non a una riedizione di un’aggregazione tutta e solo interna alla sinistra (D’Alema più le Sardine), una volta archiviati gli intrusi Calenda e Renzi. Il maggioritario avrebbe consentito di fare emergere le contraddizioni politiche e culturali interne al Movimento 5 Stelle e di farlo o maturare democraticamente o esplodere. Così assisteremo, grazie alle possibilità offerte dal proporzionale, a una loro sopravvivenza senza esami politici. E dal momento che lo sbarramento al 5%, oggi proposto dall’ipotesi di legge elettorale proporzionale in discussione, già col diritto di tribuna e la possibilità di una rappresentanza garantita attraverso il raggiungimento del quoziente intero in 3 circoscrizioni o 2 regioni, si riduce a molto meno, la frantumazione del sistema politico crescerà. Non vincerà nessuno, non perderà nessuno, non governerà nessuno.

Anche il salvinismo di Salvini avrebbe dovuto moderarsi, e assumere toni e responsabilità più istituzionali e di governo, pena lo scadimento in una forma di destra-destra, espressione di un sentimento reazionario. Col proporzionale non deve chiarire il proprio progetto politico. Anche il venir meno della possibilità del referendum coopera a tenere l’Italia nella crisi attuale. «La Prima repubblica, tu cosa ne sai».

 

Gianfranco Brunelli

Tipo Articolo
Tema Politica
Area EUROPA
Nazioni

Leggi anche

Attualità, 2024-8

Russia - Ucraina: la guerra santa di Putin

E le sconcertanti dichiarazioni di Cirillo

Gianfranco Brunelli

Doveva essere il patriarca che avrebbe avvicinato Mosca alla Chiesa di Roma e all’Europa, che avrebbe dato un significativo sviluppo al dialogo ecumenico. Del resto si era reso protagonista di un incontro storico, il primo tra un vescovo di Roma e un capo della Chiesa russa dallo scisma con gli ortodossi del 1054. L’incontro era avvenuto all’aeroporto dell’Avana, il 12 febbraio 2016.

 

Attualità, 2024-8

Achille Silvestrini: tenere viva la speranza

Gianfranco Brunelli

Appena trascorso un secolo dalla sua nascita (25 ottobre del 1923) e ormai un quinquennio dalla morte (29 agosto 2019), nello scrivere queste note sul card. Achille Silvestrini (per molti di noi, suoi amici, era «don Achille») debbo lasciare da parte proprio i sentimenti personali, maturati in anni d’assidua frequentazione (fin dal 1981) e di collaborazione diretta (dal 1989) a livello individuale e con la rivista Il Regno.

Attualità, 2024-6

Italia - Elezioni regionali: serve un progetto

Non basta il potere, non serve un «campo»

Gianfranco Brunelli

Le due elezioni regionali in Sardegna (25 febbraio) e in Abruzzo (10 marzo) hanno dato il via all’anno elettorale.