M. Veladiano
Il nome è difficile da portare, a dispetto del suo bel significato. La signorina si chiama Gaudenzia. Antifrastico quel che basta, vista la malinconia chiusa di questa vita giovane. Il soprannome è ancora più tremendo, Denza. Il papà è notaio in Novara, «ma il suo
studio non era preso d’assalto dai clienti». La mamma è morta di parto. In famiglia c’è una sorella maggiore, Caterina chiamata Titina, e un’antica zia «zitellona, piccola, secca come un’aringa». La casa somiglia alla zia, il tempo fermato da chissaquando. La piccola immobile città somiglia alla casa. Le modiche relazioni somigliano alla città, intagliate in un bon ton solido come le colonne dei monumenti. Tutto si riproduce uguale, privo di grazia e intento. Un matrimonio in provincia, di Marchesa Colombi, è una piccola perfezione, asciutto come un rendiconto, feroce nel restituire un mondo circoscritto fatto di giorni che si lasciano dimenticare, ironico fin nel color verdebottiglia del vestito di festa che Gaudenzia riesce infine a conquistare per il matrimonio della sorella.
Riletture, 15/10/2014, pag. 652