R. Vitillo
L'AIDS è una pandemia, che insieme alla malaria e alla tubercolosi sta decimando la popolazione africana e danneggiando fortemente la sua vita economica e sociale», afferma la proposizione n. 51. Il Sinodo ha infatti dato ampio spazio al problema della salute in Africa, che è aggravato laddove coesiste con la povertà e con la guerra. Tuttavia non si tratta di un semplice problema «medico-farmaceutico», ma «di sviluppo integrale
e di giustizia». Ma occorre anche dire – come afferma con una punta d’orgoglio il Messaggio al n. 31 – che «la Chiesa non è seconda a nessuno nella lotta contro l’HIV/AIDS e nella cura delle persone infette e contagiate da esso». Il concetto è stato ribadito in un convegno che si è svolto a Roma nei giorni del Sinodo (14-16.10), presso la Pontificia università della santa croce promosso da Caritas internationalis e l’Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede, assieme al Pontificio consiglio per la pastorale della salute, il Programma ONU per l’AIDS (UNAIDS), la Commissione congiunta per la salute dell’Unione dei superiori generali e l’Ospedale «Bambino Gesù». L’occasione è stata data dal 20° della Convenzione sui diritti dell’infanzi (20.11.1989) – alla quale la Santa Sede diede uno dei primi appoggi – che mette in questione il diritto a un trattamento precoce per i bambini che vivono con l’HIV o con una coinfezione tra HIV e tubercolosi (TBC). Riportiamo di seguito ampi stralci del documento che, in seguito al convegno, Caritas internationalis – nella persona del presidente della sua delegazione di Ginevra, Robert Vitillo – ha indirizzato al Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia.
Studio del mese - Inserto, 15/11/2009, pag. 714