«Anche se restano da risolvere alcune questioni ecclesiologiche fondamentali… molti dialoghi riconoscono la necessità di un primato per tutta la Chiesa per promuovere l’unità dei cristiani e la missione». Il 13 giugno è stato pubblicato il documento di studio Il vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’enciclica Ut unum sint. Il lungo e analitico testo elaborato dal Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani si propone come «una “raccolta dei frutti” dei recenti dialoghi ecumenici» sulla questione del ruolo del vescovo di Roma per l’unità dei cristiani, tema proposto alla discussione ecumenica da Giovanni Paolo II nel 1995 nell’enciclica Ut unum sint.
Il documento si conclude con una proposta del Dicastero, che individua i suggerimenti più significativi avanzati per un rinnovato esercizio del ministero di unità del vescovo di Roma «riconosciuto dagli uni e dagli altri» (Ut unum sint, n. 95). In particolare il processo avviato nella Chiesa cattolica per riscoprire la sinodalità nella propria vita e missione ha contribuito a evidenziarne la dimensione ecumenica: «La preparazione e la commemorazione congiunta del 1700° anniversario del primo concilio ecumenico (Nicea, 325) potrebbe fornire l’occasione per praticare questa sinodalità tra i cristiani di tutte le tradizioni».
Non sfugge ai vescovi cattolici europei la vastità e gravità delle sfide che l’Unione Europea ha davanti, e in due recenti prese di posizione dell’organismo che li rappresenta, la Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE), queste sfide sono tutte elencate: la guerra portata dalla Russia contro l’Ucraina nel cuore del continente; un allargamento, che nel 2024 compie 20 anni, che si è compiuto senza creare un vero spirito europeo; la richiesta di adesione di altri paesi dell’Est. Tuttavia – si legge nella Dichiarazione del 22 aprile intitolata Continuiamo a costruire insieme l’Europa – l’episcopato cattolico europeo è fortemente convinto della bontà del progetto continentale: «Oltre a essere una necessità geopolitica per la stabilità del nostro continente, consideriamo la prospettiva di una futura adesione all’UE come un forte messaggio di speranza per i cittadini dei paesi candidati e come una risposta al loro desiderio di vivere in pace e giustizia».
E il caposaldo di questo progetto è la democrazia, hanno affermato nella presa di posizione intitolata Rafforzare la cultura della democrazia (31.5.2024), poiché «la dignità di ogni residente in Europa, i diritti umani, i valori della giustizia, della solidarietà e della sussidiarietà sono intrecciati con la democrazia». Questo a una settimana dalle elezioni europee del 6-9 giugno, per le quali cf. Regno-doc. 7,2024,193.
Il 7 maggio il filosofo Omri Boehm ha tenuto il «Discorso all’Europa» di quest’anno, dal titolo «Ombre della storia, spettri del presente: la guerra in Medio Oriente e la sfida all’Europa», nella Judenplatz di Vienna. Si tratta del terzo appuntamento di questo genere dopo lo storico Timothy Snyder e l’attivista per i diritti umani Oleksandra Matviichuk (Regno-att. 12,2023,351). Secondo Boehm, professore associato di Filosofia presso la New School for Social Research di New York, il conflitto israelo-palestinese sta avendo un profondo impatto sull’Europa. Le risposte molto diverse dei singoli paesi europei sono radicate nella storia, e la loro tensione sta diventando sempre più esplosiva sulla scia dei recenti eventi in Medio Oriente, e minaccia di lacerare l’Unione Europea.
«Nella difficile e oscura congiuntura in cui si trovano oggi la politica e il pensiero, dobbiamo respingere la tendenza di tutte le parti a minare gli ideali dell’Europa con un modo molto irresponsabile di parlare di responsabilità storica. Questo è l’unico modo per mantenere anche gli impegni storici dell’Europa e per evitare che questi impegni diventino essi stessi forme nazionali di pensiero mitico».