La più grande lezione che il COVID-19 ci lascia in eredità «è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina». Così papa Francesco, al n. 3 del messaggio Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal COVID-19 per tracciare insieme sentieri di pace per la 56a Giornata mondiale della pace, ne sintetizza il punto focale, prima di soffermarsi, al n. 4, sull’«ulteriore guerra» in Ucraina, che «miete vittime innocenti e diffonde incertezza… in modo diffuso e indiscriminato per tutti». Presentando il Messaggio lo scorso 16 dicembre in Vaticano, suor Alessandra Smerilli, segretaria del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ha sottolineato in che modo la Santa Sede ha tradotto in azioni concrete la linea indicata dal papa, costituendo prima la Commissione vaticana per il COVID-19, che «ha lavorato in ascolto e dialogo diretto con le Chiese e le realtà locali di ogni continente» e che è in procinto di chiudere i suoi lavori, e poi il Gruppo di lavoro «Catholic Response for Ucraine», come «spazio di dialogo strutturato e coordinamento tra i tanti attori cattolici che si stanno prodigando per assistere la popolazione ucraina nei bisogni più impellenti».
Il 24 novembre, a nove mesi dall’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, papa Francesco ha firmato una Lettera al popolo ucraino a nove mesi dallo scoppio della guerra (L’Osservatore romano 25.11.2022, 1).
Il discorso che papa Francesco ha rivolto alla curia romana il 22 dicembre per lo scambio degli auguri natalizi, ormai il decimo in questo pontificato, non è stato caratterizzato dalla severità di molti dei precedenti, dal «catalogo» delle «malattie curiali» nel 2014, alla denuncia delle resistenze alla riforma della curia nel 2016, o del comportamento dei «traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa», o della piaga degli abusi nel 2018. Si tratta invece di una meditazione spirituale sul tema della conversione, sottolineando che «l’attuale riflessione sulla sinodalità della Chiesa nasce proprio dalla convinzione che il percorso di comprensione del messaggio di Cristo non ha fine e ci provoca continuamente». Non si fa cenno alla costituzione apostolica Praedicate Evangelium (Regno-doc. 7,2022,193), con cui Francesco quest’anno ha riformato la curia romana. Ricordando invece che la pace nasce prima di tutto dal cuore di ciascuno, il papa afferma: «La misericordia è accettare che l’altro possa avere anche i suoi limiti. Anche in questo caso è giusto ammettere che persone e istituzioni, proprio perché sono umane, sono anche limitate. Una Chiesa pura per i puri è solo la riproposizione dell’eresia catara. Se così non fosse, il Vangelo, e la Bibbia in generale, non ci avrebbero raccontato limiti e difetti di molti che oggi noi riconosciamo come santi».
Il Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana (CEI), che si è riunito a Roma il 16 novembre in sessione straordinaria, si è concentrato in particolare sul percorso sinodale che si sta svolgendo nelle diocesi e che ha iniziato il secondo anno dei cinque previsti (cf. Regno-doc. 15,2022,476). Riguardo a questo, i membri dell’organismo CEI hanno deciso di costituire un «servizio di coordinamento composto dall’Assemblea dei referenti diocesani, dal Comitato nazionale del Cammino sinodale, dalla Presidenza del Comitato nazionale».
L’altro percorso che sta procedendo è quello della riforma dei seminari, in particolare per quello che riguarda la tappa propedeutica e l’itinerario formativo del seminario maggiore, e su questo il Consiglio permanente ha deciso di «elaborare un testo puntuale, ma aperto a ulteriori sviluppi, in linea cioè con i grandi cambiamenti epocali, con il Sinodo della Chiesa universale e con il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia». Il testo definitivo, da presentare all’Assemblea generale a maggio 2023, sarà esaminato dal Consiglio permanente della prossima primavera.
Il giorno seguente, il 17 novembre, è poi stato presentato il primo rapporto sui Servizi per la tutela dei minori nelle diocesi italiane (cf. Regno-doc. 21,2022,689).
Le vie della Parola. Come la sacra Scrittura incontra la nostra vita è la lettera pastorale del vescovo di Brescia, mons. Pierantonio Tremolada, pubblicata il 28 giugno. Essa apre un orizzonte già prefigurato lo scorso anno da Il tesoro della Parola, ponendo al centro della riflessione il linguaggio biblico, come luogo dell’identità profonda di ogni individuo.
Per far sì che la parola di Dio orienti e illumini non solo le vite dei singoli, ma anche, come la lettera auspica, quelle della comunità ecclesiale e pastorale, il vescovo suggerisce un metodo di lettura spirituale condivisa. Questo, puntualmente descritto, si articola in quattro momenti: la prima risonanza del testo biblico, la lettura attenta e guidata, la meditazione condivisa e la preghiera condivisa. Tali fasi, da apprendere con gradualità e costanza, si basano sul metodo della lectio divina, opportunamente rivisitato per accostare le Scritture non soltanto al contesto monastico, ma all’intero popolo di Dio.
Il testo si chiude con un breve epilogo in cui mons. Tremolada fa un esplicito richiamo alle sue condizioni di salute, che gli hanno imposto una pausa. Si augura, anche in questo momento di incertezza personale, che la Chiesa di Brescia perseveri nel cammino di assiduo ascolto della parola di Dio, principio di forza e motivo di speranza.
In occasione della Giornata mondiale dei diritti umani, il 10 dicembre 2022, la Conferenza europea delle commissioni Giustizia e pace ha proposto una riflessione sulla giustizia postbellica (ius post bellum), dal titolo Verità e giustizia. I pilastri della giustizia del dopoguerra, pubblicata il 9 dicembre. In essa si afferma la necessità che «la comunità internazionale si impegni a sviluppare uno ius post bellum vincolante nell’ambito del diritto internazionale», basandosi su alcune fonti recenti, come il concetto di responsabilità di proteggere, ma anche sull’insegnamento sociale cattolico, che «può fornire un importante impulso per lo sviluppo formale di uno ius post bellum, nella misura in cui insiste sulla verità e sulla giustizia come pilastri fondamentali per la risoluzione di un conflitto armato».
La Conferenza europea è l’alleanza delle commissioni nazionali Giustizia e pace in Europa, che lavorano per la promozione della giustizia, della pace e del rispetto della dignità umana. Ne fanno parte le commissioni Giustizia e pace di Albania, Austria, Belgio, Bosnia ed Erzegovina, Cechia, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Scozia, Serbia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Ucraina, Ungheria.
Dopo che il blog Silere non possum, il 1° dicembre, ha pubblicato la notizia delle accuse di abusi spirituali e fisici contro donne consacrate, e il blog Messa in latino ha rivelato l’esistenza di due procedimenti canonici contro il noto teologo e artista gesuita sloveno Marko Ivan Rupnik, a poco a poco diversi soggetti coinvolti hanno pubblicato note e dichiarazioni sui fatti. Le riprendiamo dalle rispettive fonti.
– Lettera di una religiosa della Comunità Loyola, datata 3 agosto 2021; www.left.it, 3 dicembre;
– Lettera di una religiosa, datata 5 giugno 2022; blog Silere non possum, 19 dicembre;
– Dichiarazione della Compagnia di Gesù, datata 2 dicembre e firmata Direzione interprovinciale romana (DIR) - Delegato (p. Johan Verschueren); blog Silere non possum, 5 dicembre;
– P. Arturo Sosa sj, Conversazione con un gruppo di giornalisti a Roma, 14 dicembre; www.jesuits.global;
– Dichiarazione di p. Johan Verschueren sj, delegato del padre generale Arturo Sosa sj e superiore maggiore per case e opere internazionali di Roma (DIR), 18 dicembre; www.jesuits.global;
– Vescovi sloveni, Dichiarazione riguardo agli abusi e alle violenze di p. Marko Ivan Rupnik sj, 22 dicembre; www.katoliska-cerkev.si;
– Vicariato di Roma, «Caso Rupnik»: le dichiarazioni del cardinale vicario Angelo De Donatis, 23 dicembre; www.diocesidiroma.it.
Il documento ecumenico Scegliamo la vita in abbondanza. Cristiani in Medio Oriente: verso nuove scelte teologiche, sociali e politiche, pubblicato a Beirut in Libano il 28 settembre 2021, esamina in profondità la situazione attuale delle comunità cristiane nel contesto arabo-mediorientale (sfatando alcune percezioni sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente) e chiede un rinnovamento globale della vita ecclesiale e politica in Medio Oriente. È il risultato del lavoro di un gruppo di 11 teologi ed esperti di questioni ecumeniche, geopolitiche e sociali provenienti da diversi paesi della regione, tra cui Najla Kassab, presidente della Comunione mondiale delle Chiese riformate, Souraya Bechealany, maronita, ex segretaria generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, il teologo ortodosso libanese-tedesco Assaad Elias Kattan, il teologo luterano palestinese Mitri Raheb e il sacerdote maronita Rouphael Zgheib, vicerettore delle Pontificie opere missionarie in Libano.
Dato il contesto geopolitico, gli autori invitano i cristiani del Medio Oriente a rifiutare di aderire o identificarsi con regimi politici dittatoriali, siano essi ideologicamente laici, teocratici o di ispirazione feudale. L’unica prospettiva promettente per i cristiani in Medio Oriente è la partecipazione attiva alla vita pubblica e l’impegno per uno stato civile governato sulla base dei diritti di cittadinanza e del principio di uguaglianza. Solo uno stato moderno di questo tipo sarà in grado di tenere conto della diversità e pluralità dei paesi mediorientali.