«Il cuore di ogni giovane deve… essere considerato “terra sacra”, portatore di semi di vita divina e davanti al quale dobbiamo “toglierci i sandali” per poterci avvicinare e approfondire il Mistero». L’esortazione apostolica postsinodale di papa Francesco Christus vivit è stata pubblicata il 2 aprile, a conclusione del processo sinodale culminato nel 2018 nella XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi (che aveva prodotto anche un Documento finale, che è qui ampiamente ripreso). Si rivolge al tempo stesso ai giovani, riguardo al loro posto nella Chiesa, e a tutto il popolo di Dio perché custodisca la creatività e l’entusiasmo dei giovani e li accompagni senza emarginarli, in questo modo ringiovanendo tutta la Chiesa. Alla presente grave crisi di partecipazione giovanile non sono estranei, riconosce Francesco, atteggiamenti di dogmatismo, autoritarismo e sessismo. E «una Chiesa sulla difensiva, che dimentica l’umiltà, che smette di ascoltare, che non si lascia mettere in discussione, perde la giovinezza e si trasforma in un museo. Come potrà accogliere così i sogni dei giovani? Benché possieda la verità del Vangelo, questo non significa che l’abbia compresa pienamente; piuttosto, deve sempre crescere nella comprensione di questo tesoro inesauribile».
Nel corso del suo viaggio apostolico in Marocco (30-31.3.2019) papa Francesco ha richiamato l’attenzione internazionale sullo status di Gerusalemme, Città santa per l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, firmando il 30 marzo insieme al re del Marocco Mohammed VI un Appello su Gerusalemme / Al Qods Città santa e luogo d’incontro. I due firmatari, riconoscendo «l’unicità e la sacralità di Gerusalemme», auspicano la promozione del «carattere specifico multi-religioso, la dimensione spirituale e la peculiare identità culturale di Gerusalemme / Al Qods Acharif» e raccomandano che essa sia preservata «come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo», consentendo libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni monoteiste e il diritto di ciascuna di esercitarvi il proprio culto. Pochi giorni dopo, il 15 aprile, i capi delle Chiese di Terra santa hanno diffuso un Messaggio di Pasqua in cui ribadiscono che «lo status multireligioso e multiculturale di Gerusalemme deve essere mantenuto, così che tutte le fedi abramitiche possano trovare in essa solo la città della pace e della tranquillità».
Il 10 e l’11 aprile, su un’idea dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e di comune accordo con la Segreteria di stato, si è tenuto presso la Domus Sanctae Marthae un incontro dalla natura «del tutto particolare e in un certo senso unica». Si è trattato infatti di un ritiro spirituale, tra i cui partecipanti figuravano il presidente della Repubblica del Sud Sudan Salva Kiir e quattro dei cinque vicepresidenti designati: Riek Machar, James Wani Igga, Taban Deng Gai e Rebecca Nyandeng De Mabior, tutti cristiani. In base all’accordo di pace firmato nello scorso settembre, i vicepresidenti dovranno entrare in carica il 12 maggio condividendo il potere e ponendo fine al sanguinoso conflitto armato tra clan. A conclusione del ritiro papa Francesco ha pronunciato un discorso, che pubblichiamo, e poi con un gesto altamente simbolico ha baciato i piedi al presidente e ai vicepresidenti per invocarne l’impegno per la pace. «Non dimentichiamo che a noi, leader politici e religiosi, Dio… domanderà conto del nostro servizio e della nostra amministrazione, del nostro impegno in favore della pace e del bene compiuto per i membri delle nostre comunità, in particolare i più bisognosi ed emarginati, in altre parole ci chiederà conto della nostra vita ma anche della vita degli altri».
Il 17 aprile il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan (SSCC) ha diffuso un Messaggio pastorale pasquale di speranza nella passione, morte e risurrezione, in cui ha richiamato il significato del gesto compiuto da papa Francesco durante il ritiro spirituale per le autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan in Vaticano. Ne pubblichiamo ampi stralci (originale inglese in nostro possesso; nostra traduzione).
Rispondendo all’invito fatto dal pontefice in occasione del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze del 2015, d’avviare un approfondimento sinodale nella Chiesa italiana, il Consiglio permanente della CEI ha preso in considerazione «la proposta avanzata da alcuni vescovi di un Sinodo della Chiesa italiana». Essa va intesa «come occasione per legare la riflessione alla concretezza, a partire da un’esperienza che aiuti innanzitutto a riconciliarsi, superando contrapposizioni sterili e a ritrovarsi in una corresponsabilità ecclesiale e sociale» – afferma il comunicato finale –. Sulla sinodalità si era ampiamente espresso anche il presidente, card. G. Bassetti, nella prolusione in apertura dei lavori: essa è uno stile che parla d’«unità» e di «concordia» non priva di fatiche e tensioni; che «nasce dal basso» e «dall’ascolto»; che si fa «sguardo sull’uomo» e che in quanto tale può essere «proposta» per una «società slabbrata come la nostra». La prossima Assemblea generale di maggio (20-23) sarà dedicata a «Modalità e strumenti per una nuova presenza missionaria», ispirata ai criteri di Evangelii gaudium, e gli orientamenti pastorali (di 5 anni e non più di 10) avranno come oggetto l’annuncio del Vangelo in stile sinodale.
Nel pieno della crisi del 2018-2019 legata alle violenze sessuali commesse da chierici e religiosi su minori, mentre papa Francesco ideava e convocava il vertice con i presidenti di tutte le conferenze episcopali (21-24.2.2019; Regno-doc. 5,2019,133; Regno-att. 6,2019,131), anche il card. Joseph Ratzinger ha «messo insieme degli appunti con i quali fornire qualche indicazione che potesse essere di aiuto in questo momento difficile». Questi «appunti», originariamente stesi per la rivista del clero bavarese Klerusblatt, sono stati pubblicati l’11 aprile in diverse lingue (in italiano dal Corriere della sera e dall’agenzia Acistampa) con il titolo La Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali.
Il testo è composto di tre parti: nella prima il papa emerito, come afferma egli stesso nell’introduzione, tenta «molto brevemente di delineare in generale il contesto sociale della questione»; poi esamina le «conseguenze di questa situazione nella formazione e nella vita dei sacerdoti»; e infine sviluppa «alcune prospettive per una giusta risposta da parte della Chiesa». La radice del problema degli abusi, individuata da papa Francesco nel clericalismo radicato nella Chiesa, è invece additata dal card. Ratzinger nella liberazione sessuale nata dalla rivoluzione del 1968.
l 14 aprile è stata pubblicata una Dichiarazione dei portavoce della Deutsche Arbeitsgemeinschaft Moraltheologie (Gruppo dei docenti tedeschi di teologia morale) sull’analisi di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sugli abusi sessuali (www.agmoraltheologie.uni-mainz.de/neuerscheinungen/). La riportiamo integralmente.