Nel corso del viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti dal 3 al 5 febbraio – la prima visita di un papa nella Penisola araba –, Francesco ha firmato insieme al grande imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib, al termine della Conferenza globale sulla fraternità umana che negli stessi giorni riuniva 700 capi religiosi di tutto il mondo, un Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. In esso vengono affrontati molti punti controversi per il dialogo interreligioso e per la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani, come la libertà di credo, la protezione dei luoghi di culto, la condanna del terrorismo, il concetto di «piena cittadinanza», la rinuncia all’uso discriminatorio del termine minoranze, i diritti delle donne, dei bambini e dei più vulnerabili.
Le due autorità religiose, il vescovo di Roma e una delle figure più prestigiose del mondo islamico sunnita, trovano un terreno comune nell’affermazione che «tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti».
L’inedito incontro in Vaticano di tutti i presidenti delle conferenze episcopali sul tema della protezione dei minori, svoltosi dal 21 al 24 febbraio, è stato quasi un sinodo. Nelle tre giornate ha toccato i temi della responsabilità, dell’accountability (il dover rendere conto del loro operato) e della trasparenza nel trattare i casi di abuso e violenza sessuale all’interno della Chiesa.
Ma non solo: l’incontro ha proposto uno stile ecclesiale complessivo che oggi deve uniformare ogni comunità, dalla più grande o centrale alla più piccola o remota. In particolare, se è vero che ai vescovi è chiesto un esercizio reale della collegialità, per tutta la Chiesa è oggi urgente una reale sinodalità (cf. la relazione del card. B. Cupich, qui a fianco) che coinvolga ogni battezzato, chierico, religioso o laico, uomo o donna. Solo così infatti sarà possibile lottare con efficacia il terribile «mistero del male» che è entrato nella Chiesa, che s’«accanisce contro i più deboli perché sono immagine di Gesù» – ha detto papa Francesco nel discorso conclusivo –. La «rabbia giustificata della gente», che è come «il riflesso dell’ira di Dio, tradito e schiaffeggiato da questi disonesti consacrati», pone oggi davanti alla Chiesa, e ai vescovi in primis, l’obbligo d’intraprendere azioni concrete. Per questo i partecipanti hanno lavorato anche in forma di gruppi di discussione, a partire da 21 punti che sono stati distribuiti in apertura dei lavori (cf. riquadro a p. 135).
Con l’istruzione Ecclesiae sponsae imago, pubblicata dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica il 4 luglio 2018, fa un altro passo avanti la riforma della vita consacrata che si sta compiendo nel pontificato di Francesco (cf. qui a p. 150). Con questo documento per la prima volta la Sede apostolica norma la fisionomia e la disciplina dell’Ordo virginum (Ordine delle vergini), una forma di vita consacrata riservata a donne che continuano a vivere nel proprio contesto ordinario e non in monastero, radicate nella comunità ecclesiale locale sotto la guida del vescovo diocesano. Questa forma di consacrazione era presente nelle comunità apostoliche e in epoca patristica, poi è tornata in auge dopo il concilio Vaticano II e la promulgazione dell’apposito rito di consacrazione nel 1970, ed è oggi in grande sviluppo. Una stima approssimata per difetto ne conta attualmente 5.000, in crescita.
L’istruzione, frutto di una consultazione alla quale hanno partecipato vescovi, vergini consacrate ed esperti, risponde alla richiesta di indicazioni orientative avanzata dai vescovi, e verte in particolare sulla formazione e il discernimento vocazionale e sulle concrete implicazioni del radicamento diocesano dell’Ordine delle vergini.
«Consolidare nelle comunità ecclesiali una cultura della tutela dei minori… rafforzare la sicurezza dei luoghi ecclesiali frequentati dai minori… formare tutti gli operatori pastorali e prevenire ogni forma di abuso». Come annunciato dal Comunicato finale del Consiglio permanente (16.1.2019), a quasi cinque anni dalla pubblicazione delle Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti dei minori da parte di chierici (che l’apposita Commissione sta riformulando; Regno-doc. 7,2014,233) la Conferenza episcopale italiana (CEI) offre alle diocesi italiane e agli istituti religiosi un secondo, importante strumento per prevenire e gestire il fenomeno delle violenze sessuali in ambiente ecclesiale. Sulla base del Regolamento pubblicato il 31 gennaio, il nuovo Servizio nazionale per la tutela dei minori, che fa capo alla Segreteria generale, prevede un presidente e un coordinatore, individuati rispettivamente in mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna, e in Emanuela Vinai, giornalista. Sono previsti anche un Consiglio di Presidenza e una Consulta nazionale. Sul modello del neonato Servizio verranno costituiti a livello locale i servizi regionali e inter-diocesani; a tal scopo sono state presentate ai vescovi le opportune indicazioni.
La liturgia è «il luogo in cui la Trinità entra nelle umili storie dell’esistenza umana e queste possono essere accolte nel mistero d’amore delle relazioni divine». È dedicato alla liturgia il Messaggio dell’arcivescovo di Chieti - Vasto, il teologo mons. Bruno Forte, per la Quaresima e la Pasqua di quest’anno, porta il titolo La liturgia e la bellezza di Dio ed è stato pubblicato nel febbraio 2019.
Mons. Bruno Forte, che torna spesso sul tema della «bellezza di Dio» e della «via pulchritudinis» (il messaggio per la Quaresima 2018 era sui giovani e la bellezza di Dio; cf. anche Regno-doc. 3,2005,81), propone una riflessione sulla preghiera di lode cantata a conclusione del canone eucaristico, perché «è nella preghiera liturgica che l’incontro del tempo e dell’Eterno, compiutosi nell’incarnazione del Figlio di Dio, viene reso presente per illuminare e trasformare la vita dei credenti e della Chiesa tutta». È la liturgia che «apre alla fantasia dell’Eterno e rende docili e sensibili alla profezia» e che «alimenta la vita conforme al Vangelo», «perché la visibilità della sequela di Gesù nel mondo non è anzitutto la liturgia, ma una comunità che viva la comunione e il servizio».
Il 19 marzo 1994 veniva ucciso a Casal di Principe don Giuseppe Diana. Si accingeva a celebrare la messa nella sua chiesa parrocchiale di San Nicola, nel quartiere dalle case blindate, nella città capitale del clan dei casalesi, che sotto il potere di Francesco Schiavone controllava la provincia di Caserta. Fu un omicidio di matrice camorrista, e il vescovo di allora, mons. Raffaele Nogaro, definì don Diana «il simbolo della risurrezione delle nostre terre» (Regno-att. 8,1994,212).
Oggi, 25 anni dopo, qual è la situazione di Aversa e della sua Chiesa? Per ricordare la testimonianza di don Giuseppe Diana il vescovo, mons. Angelo Spinillo, ha presentato il 14 novembre Per amore sentinelle e profeti, una lettera pastorale al popolo di Dio che è nella Chiesa aversana per il XXV anniversario dell’uccisione di don Giuseppe Diana. Secondo il vescovo «il fiorire di tante forme di volontariato, l’impegno ad associarsi (…), la diffusione di una più condivisa cultura della legalità, il coinvolgimento sempre più ampio di cittadini nella custodia del creato e nel rispetto dell’ambiente, una rinnovata attenzione alla cultura, tante positive forme d’accoglienza e d’integrazione per gli stranieri immigrati, sono i segni che la nostra comunità è in cammino e che, dall’assassinio di don Peppe Diana, ancora tra tante difficoltà e contraddizioni, s’è avviato un cammino nuovo verso le mete che i “segni dei tempi” propongono a tutta l’umanità».