Il mio settimo giubileo
Sono lieto di tanta grazia
Nella vita ho visto 6 giubilei e questo è il 7o. Se poi dovessi vivere fino al 2033 – in quell’anno compirei 90 anni – vedrei l’8o, perché papa Francesco indicendo questo ha segnalato che ve ne potrebbe essere un altro in quella data: «Nel 2033, infatti, si celebreranno i duemila anni della redenzione» (Spes non confundit, n. 6; Regno-doc. 11, 2024, 323).
Il giubileo del 1950 segnò l’avvio del turismo religioso di massa. Io avevo 6 anni e non mi occupavo di anni santi ma di tale avvio percepii comunque un segno: quel giubileo fu occasione di un memorabile pellegrinaggio dei miei genitori contadini, da Recanati a Roma, in vista del quale il babbo Giuseppe aveva costruito una cassetta di legno che doveva servire come valigia, e la mamma Adele aveva fatto venire in casa una nipote per affidarle i più piccoli tra i 7 figli; e ancora mi vedo in giro per il campo – con quella cugina – a raccogliere meloni.
Tornata da Roma, la mamma raccontava d’aver visto le catacombe e d’aver fatto in ginocchio la scala santa, ma di non essere voluta salire sulla cupola di San Pietro, dove invece era andato il babbo, entrando fin «dentro la palla». Cosa che non si poteva fare più già nel 1966, quando io salii la prima volta sulla cupola.
Nel 1966 ci fu un giubileo straordinario per ringraziare della celebrazione del concilio Vaticano II (1962-1965) appena terminato e sollecitarne l’attuazione: fu questo un anno santo decentrato, che si celebrava in tutte le cattedrali del mondo cattolico, con inizio il 1° gennaio e termine il 31 maggio; ma poi prorogato fino all’8 dicembre.
Nel 1975 arrivò l’abituale giubileo ordinario: fu il primo a essere trasmesso in mondovisione, ma la mia mamma – che c’era ancora – non si contentò delle dirette televisive e volle tornare a Roma, dove io allora abitavo, e volle rivedere le catacombe e le basiliche maggiori, e io la portai anche alla Cappella sistina.
Quel rilancio inaspettato
che arrivò con il papa polacco
Venne per la terza volta pellegrina tenace nel 1983, per il giubileo straordinario che celebrava il 1950° anniversario della redenzione. Nel 2000 il giubileo al cambio del millennio segna un rilancio inaspettato degli anni santi e propone inaudite novità: la porta santa ecumenica (18 gennaio), la giornata del perdono (12 marzo), la commemorazione ecumenica dei nuovi martiri (7 maggio).
L’esito numerico di quell’anno santo fu superiore a tutti i precedenti. Secondo la stima dell’Agenzia romana per il giubileo, il totale dei pellegrini fu di 24,5 milioni, mentre il CENSIS li valutò in 32 milioni. Fu affermato che il solo pellegrinaggio dei giovani (la Giornata mondiale della gioventù di Tor Vergata) avesse portato alla porta santa della Basilica vaticana 2 milioni di ragazzi.
Nel 2016 abbiamo avuto il giubileo straordinario e tematico della misericordia, nel 50° anniversario della fine del concilio Vaticano II, e fioccarono altre novità. Prima dell’avvio in Roma, avvenuto l’8 dicembre 2015, vi fu il 29 novembre l’apertura di una porta santa a Bangui, Repubblica centroafricana, voluta e presieduta da Francesco, il papa delle periferie (cf. Regno-att. 10, 2016,280). Per la prima volta, la «porta della misericordia» veniva aperta nelle cattedrali del mondo, nei santuari, negli ospedali e nelle carceri, nelle mense della Caritas. Il papa compiva creativi gesti di carità nei «venerdì della misericordia» e istituiva i missionari della misericordia a cui affidava la facoltà di perdonare i peccati a lui riservati.
Nel segno della speranza
che viene dalla misericordia
Mettendo la misericordia a motto prima del pontificato e poi di un giubileo, Francesco segue Giovanni XXIII, che aveva parlato della «medicina della misericordia» come la più adatta all’umanità di oggi, e papa Wojtyla, che scrisse l’enciclica «Dio ricco di misericordia» (1980). All’Angelus del 9 giugno 2013 Francesco dice che il Signore è «tutta misericordia» e «pura misericordia», facendo eco a un altro Angelus, quello del 7 giugno 2009, nel quale Benedetto XVI aveva affermato che «Dio è tutto e solo amore». C’è una vena magisteriale profonda che attraversa gli ultimi decenni della vita della Chiesa e che ora sbocca nel giubileo della speranza «che proviene dalla misericordia» (Spes non confundit, n. 23; Regno-doc. 11,2024,329).
Presa passione al giubileo della misericordia, Francesco ha voluto dare un titolo anche all’anno santo ordinario che ha appena avviato, e ha scelto per questo il tema grande della speranza. Non lo preoccupa che gli anni santi si moltiplichino e si accavallino: «È bene che tale modalità “diffusa” di celebrazioni giubilari continui, così che la forza del perdono di Dio sostenga e accompagni il cammino delle comunità e delle persone», ha scritto nella bolla d’indizione al paragrafo 5 (Regno-doc. 11,2024,323). E io sono felice che i miei decenni siano stati tutti segnati dalla grazia dei giubilei.
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