Ridurre i messaggi
Per tornare al kerygma
Ragionando dell’urgenza di tornare al kerygma, scrivevo ultimamente in questa rubrica che tale ritorno non ci sarà finchè noi cristiani continueremo a proporre «mille messaggi» a un’umanità già stordita dal frastuono della comunicazione globale (cf. Regno-att. 20,2023,680). Mi hanno chiesto di dettagliare sui «mille messaggi» e ora ci provo. A seconda della cultura o della politica d’ognuno, troverai cristiani che si battono per la giustizia sociale o per la famiglia. In difesa della vita o contro l’omofobia. Per sorella madre terra o contro l’ideologia del gender. Sulla sfida epocale delle migrazioni o su quella dell’intelligenza artificiale. La pace, i cristiani in politica, la Chiesa che è donna e come mai tante donne l’abbandonano. Ma tu sei favorevole alla benedizione delle coppie gay?
Non vi sono priorità cristiane
se non il Cristo stesso
Le chiamate alle armi sono tante tra noi. Queste «priorità» io le rispetto tutte ma per nessuna intendo arruolarmi. Di più: non credo che a rigore vi siano priorità cristiane se non il Cristo stesso, ovvero l’attestazione della fede nella sua venuta, della speranza nel suo ritorno e del fuoco della carità che egli è venuto a «gettare (…) sulla terra» (Lc 12,49).
Solo sul Cristo i cristiani combattono una battaglia loro, perché in tutte le altre non fanno che associarsi – a modo di truppe ausiliarie – a schieramenti già esistenti. Poniamo sul suicidio assistito o sulla pena di morte. O su ognuna delle nobili imprese che elencavo sopra.
Per ridurre i messaggi e contenere i conflitti che li accompagnano, dovremmo partire dal considerare il Signore Gesù come l’unico valore non negoziabile. Di lui dovrebbe trattare la nostra lingua nove volte sulle dieci nelle quali si muoverà a parlare. Poi capiterà che un figlio, o un ospite a cena, o uno del pubblico a fine conferenza ci interrogherà sul metaverso o sugli influencer, indicandoli come spartiacque epocali: e noi diremo la nostra, ma senza scaldarci. Solo sul mistero dell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di nostro Signore sempre ci scalderemo e ci mostreremo decisi a non mollare l’argomento.
Mi rendo conto che io, qui, posso dire solo il mio ritorno al kerygma, non quello della Chiesa: ovvero come immagino lo possano attuare i cristiani comuni e non i papi, i vescovi, i catechisti, sui quali non ho competenza. Proverò dunque a dire come, a mio giudizio, un cristiano senza ruoli comunitari possa collaborare al recupero della centralità della figura di Cristo e alla sua proposta a chi gli sta intorno.
Il primo passo mi pare possa consistere nel segnalare non solo con i fatti – che certo vengono per primi – ma anche in parole il convincimento di quella netta, direi anzi assoluta, priorità. Sono per un’applicazione estensiva della massima che è al centro della Regola di San Benedetto: «Non anteporre nulla all’amore di Cristo» (c. 4,21).
Più che proporre – poniamo in famiglia, ai figli e ai nipoti – le scelte di carità negli impegni parrocchiali o associativi, proporre esplicitamente e per prima la figura di Cristo, mettendo in chiaro che gli impegni di carità vengono dopo, a modo di corollario, come anche – del resto – le scelte di vita.
La proposta della figura di Gesù la faremo attraverso la via maestra dei Vangeli: e in ogni nostro richiamo alla fede procureremo d’attirare l’attenzione degli interlocutori sulle Scritture e sulla loro lettura semplice.
Forse è destino che il mondo equivochi e non ascolti quando la Chiesa propone il kerygma, cioè l’annuncio del «Vangelo di Gesù, Cristo, figlio di Dio» (Mc 1,1) e attenda e intenda solo gli annunci secondi e terzi. Ma noi non dovremmo cedere alla tentazione d’andare dov’è maggiore l’ascolto.
Del resto non è capitato già al Rabbi di Nazaret d’incappare in tale ascolto selettivo? Il suo primo annuncio era quello del Padre misericordioso, ma come l’intese l’umanità circostante? Capì che si era fatto re e lo misero in croce con quel titolo di «Re dei giudei» al quale s’aggrapparono sia Pilato sia il Sinedrio.
La samaritana al pozzo
e quel conflitto tra i due templi
Mi è capitato ultimamente d’essere interpellato sul passaggio dal comunitarismo all’individualismo e al singolarismo: «Scelga lei il taglio dell’intervento. Vorremmo mettere a fuoco le modalità più attuali dell’egoismo sociale».
Obiettando io che avrei voluto attenermi alla fede cristiana, il mio combattivo interlocutore concludeva: «Allora mettiamo come argomento il contrasto tra i papi Benedetto e Francesco». Ricordate la samaritana al pozzo? Quando realizza d’avere a che fare con un profeta non s’interessa minimamente alla sua offerta dell’acqua di vita eterna ma subito l’interroga sulla competizione tra i templi del monte Garizim e di Gerusalemme (cf. Gv 4,20s). Così capitava a Gesù e così capita a noi.
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