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Attualità
Attualità, 10/2024, 15/05/2024, pag. 336

Il sacramento dell’unzione

E i suoi vecchi tabù

Luigi Accattoli

Il ricovero per COVID-19 prima e gli 80 anni dopo mi hanno fatto sensibile al sacramento dell’unzione degli infermi.

Quand’ero in ospedale mi chiedevo come avrei potuto avere l’unzione in quell’isolamento sotto vuoto, se la mia saturazione fosse scesa oltre la soglia acuta che mi aveva portato al Pronto soccorso. Entrato negli 80 anni mi sono ricordato che una volta papa Francesco aveva buttato là che «ogni persona con più di 65 anni può ricevere questo sacramento» (udienza del 26 febbraio 2014): la stessa età degli sconti nei musei e nei supermercati. Che aspetto dunque?

Aspettando ho provato a interrogare vescovi, parroci, amici sulla delicata materia. Sensibile perché gravata da vecchi tabù legati al nome d’«estrema unzione» che questo sacramento aveva prima del concilio Vaticano II: extremae unctionis sacramentum lo chiamava il Codice di diritto canonico del 1917 (can. 937). Ma segnata anche da nuove difficoltà, oggi che si muore isolati in ospedale e magari in terapia intensiva.

Nel porre le domande mi è stata d’aiuto l’unzione ricevuta nel luglio del 2022 dal vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada, all’Eremo di Montecastello, con imposizione delle mani da parte dell’intera Conferenza episcopale lombarda: stava per affrontare un trapianto di midollo reso necessario da una patologia del sangue. L’ottimo vescovo dopo 7 mesi è tornato al suo ministero all’inizio del 2023.

Un sacramento senza registri
e senza statistiche

La decisione del vescovo di Brescia che si fa ungere dai confratelli mi ha riportato alla memoria quella del vescovo di Padova Filippo Franceschi (l’indimenticabile don Filippo da me conosciuto in Azione cattolica), che il Giovedì santo del 1988 chiese l’unzione all’assemblea dei suoi preti, in cattedrale. E quella del vescovo di Lugano Eugenio Corecco, che volle l’unzione il 25 agosto 1994 a Lour-
des, insieme ai malati di un pellegrinaggio della sua diocesi.

I nostri vescovi hanno chiara l’importanza di questo sacramento ancora malcompreso e tanti esempi analoghi ho raccolto nei decenni tra il clero e in ambienti associativi (e li ho narrati nei volumi intitolati Cerco fatti di Vangelo); ma che si fa nella vita ordinaria delle parrocchie? La domanda – mi è chiaro – non vale solo per la celebrazione dell’unzione ma va inquadrata nel più ampio contesto dell’accompagnamento comunitario degli anziani e anzi, per dirla con papa Francesco, della valorizzazione del loro «ministero», ovvero del loro compito per la comunità. 

Sappiamo poco del ministero dell’anziano o dell’unzione, come mi azzardo a chiamarlo seguendo le indicazioni papali. «Sarebbe interessante vedere se nelle Chiese locali esiste qualche riferimento specifico, destinato a ravvivare questo speciale ministero dell’attesa del Signore (…) incoraggiando i carismi individuali e le qualità comunitarie della persona anziana»: così ha parlato Francesco nella catechesi del 10 agosto 2022, intitolata «La vecchiaia, tempo proiettato al compimento». Il papa si faceva la domanda che mi sto facendo io.

Si ha molta cura nella Chiesa della statistica dei sacramenti ma non disponiamo di nessun dato sul quinto sacramento, quello appunto dell’unzione. Non sappiamo neanche in quante parrocchie si pratichi – e con quale partecipazione di malati e anziani – la celebrazione comunitaria di questo sacramento. Non disponendo di dati e andando a fiuto mi azzardo a immaginare – sulla base dei tanti colloqui e sondaggi personali svolti negli anni – che le parrocchie intraprendenti siano meno del 10%. 

«Segnatevi nel quaderno
in sagrestia»

Le parrocchie che attuano questa celebrazione la propongono generalmente per l’11 febbraio, Giornata mondiale del malato, o nella domenica seguente, o nei pellegrinaggi a Lourdes. Le comunità meglio organizzate chiedono di segnarsi in un registro in sagrestia in modo che il parroco sappia quante e quali persone nel giorno stabilito prenderanno posto ai banchi riservati ai richiedenti. Più frequente è l’offerta di questa celebrazione in ospedali e in case di riposo.

A promuovere le celebrazioni comunitarie è stato decisivo l’esempio dei papi. La prima unzione presieduta da un papa l’avemmo con Paolo VI, il 5 ottobre 1975, in occasione della Messa giubilare per i malati di quell’Anno santo: appena tre anni prima Montini aveva promulgato la costituzione apostolica Sacram unctionem infirmorum, che aveva proposto il nuovo rito e la nuova disciplina di questo sacramento. Una celebrazione giubilare dell’unzione la fece anche Giovanni Paolo II, l’11 febbraio del 2000, nel Giubileo dei malati e degli operatori sanitari.

Ma il buon esempio dei papi non è bastato a vincere remore e tabù. Tornerò sull’argomento per indagare i possibili sviluppi nella pratica di questo sacramento e del connesso ministero dell’anziano o dell’unzione.

 

www.luigiaccattoli.it

 

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
Tema Cultura e società
Area EUROPA
Nazioni

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