Il mio grazie a Benedetto
Maestro di libertà
Non prevedevo la sua elezione. Avevo invece capito che era capace di rinunciare. Ma non avevo immaginato che da emerito continuasse a parlare.
Nei giorni del commiato da papa Benedetto, provocato da intervistatori di varia provenienza, mi sono chiesto che cosa avessi imparato dalla sua lunga frequentazione, partita quando Franco Rodano mi disse, nel 1969, «leggi Introduzione al cristianesimo», che quell’anno era stato tradotto in italiano dalla Queriniana. E tante sono state nei decenni le vie per cercarlo e per amarlo, non tutte facili.
Ho imparato molto, e potrei riassumerlo con quattro motti: l’incoraggiamento a chiedere a Dio di manifestarsi nella sua presente eclissi dal mondo; la passione per la figura di Cristo come ci viene presentata dai Vangeli; la teologia dell’amore, che trova un prolungamento provvidenziale nella predicazione della misericordia di Francesco; la spinta a restare libero anche in circostanze obbliganti.
Signore Gesù,
vieni in modo definitivo!
Considero il primo tra questi doni quello che riguarda la preghiera. Lo richiamo evocando un’orazione che formulò da cardinale, nella Via crucis del 2005, e scrisse alla vigilia dell’elezione a papa: «Signore Gesù, aiutaci a riconoscere, in quest’ora di oscurità e di turbamento, il tuo volto. Mostrati di nuovo al mondo in quest’ora. Fa’ che la tua salvezza si manifesti».
Ecco, io sono contento che sia stato papa uno che pregava così: fatti riconoscere, mostrati di nuovo. Questa mi appare come tutta la preghiera di oggi e dunque a suo tempo esultai a sentirla in bocca a un cristiano che subito dopo fu eletto vescovo di Roma.
Negli anni del pontificato, da cronista, andai raccogliendo le sue invocazioni a Dio perché si manifestasse nel nostro tempo immemore della sua presenza. E sempre trovavo le parole che rivolgeva a Dio più vive – più audaci – di quelle che rivolgeva agli uomini.
Mi piace ora richiamare la più forte di tali invocazioni, che pronunciò durante l’udienza generale del 23 agosto 2006, commentando le parole dell’Apocalisse «Vieni, Signore Gesù» (22,20): «Sei già venuto, Signore! Siamo sicuri della tua presenza tra di noi. È una nostra esperienza gioiosa. Ma vieni in modo definitivo!».
Metto come secondo tra i doni di Benedetto la passione per la figura di Cristo che troviamo nei Vangeli. Quando preparo le lectio per gli appuntamenti quindicinali del gruppo di lettori della Bibbia di cui sono animatore da vent’anni (si chiama Pizza e Vangelo, perché prima si mangia una pizza e poi si legge il Vangelo) sempre scorro i tre volumi di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI intitolati Gesù di Nazaret (2007, 2011, 2012) e spesso vi trovo un aiuto appropriato.
Per terzo, tra gli insegnamenti metto quella che ho chiamato teologia dell’amore, che ha il suo capo d’opera nell’enciclica Deus caritas est (2006) e la sua divulgazione in decine e decine di Angelus, catechesi, omelie. Richiamo una sola battuta, che pronunciò il 7 giugno 2009: «Dio è tutto e solo amore». E segnalo che papa Francesco, il 15 settembre 2013, dirà: «Gesù è tutto misericordia, Gesù è tutto amore».
Il quarto insegnamento lo chiamo spinta a restare libero – nelle questioni essenziali – anche quando le circostanze, le aspettative altrui, le tradizioni paiono farsi obbliganti. Papa Benedetto è per me un maestro di libertà.
Il mite Joseph ha rivendicato per sé – ma in definitiva per tutti – libertà prima di lui impensabili: che un prefetto della fede e un papa pubblichino testi di teologia, che un papa rinunci al papato, che da papa e più ancora da papa emerito pubblichi libri-intervista in cui propone convincimenti personali sulle materie più varie. Benedetto ha osato il nuovo in terreni delicatissimi, contribuendo in maniera decisiva a quella riappropriazione dell’identità soggettiva che può essere considerata come l’impresa condivisa di tutti i papi del Concilio e del dopo Concilio. Tra tutti egli è stato forse il più umile ma anche il più libero.
Ognuno è libero
di contraddirmi
Le vistose libertà che si prende papa Francesco vanno commisurate con questa libertà delle libertà che Benedetto ha rivendicato in pienezza, proponendo sue opinioni teologiche, facendole valere con ampiezza di argomentazioni ed esponendosi al contraddittorio. Come fa a introduzione della trilogia su Gesù: «Ognuno è libero di contraddirmi» (vedi a p. 20 del primo volume).
La rinuncia al pontificato può essere considerata il culmine della sua vasta rivendicazione di libertà soggettive. Ha deciso in proprio, da solo, senza consultare nessuno. Con quella decisione il timido Joseph ha dato prova di una libertà intellettuale straordinaria, paragonabile solo a quella che 54 anni prima aveva permesso a Giovanni XXIII d’azzardarsi a convocare un concilio: anche lui senza consultare nessuno.
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