A
Attualità
Attualità, 22/2022, 15/12/2022, pag. 737

Una preghiera per figlio

Vicino, lontano, prodigo, in lite

Luigi Accattoli

L’esperienza dell’ospedale da COVID-19, che ho fatto giusto due anni addietro, mi ha reso sensibile all’aiuto che ti può venire dai figli quando lievitano gli anni. Risultando positiva mia moglie insegnante, fu opportuno che io riparassi per una settimana nella casa del figlio più grande.

Scoprendo poi io d’essere già contagiato, quello stesso figlio procurò la bombola dell’ossigeno, l’eparina e gli antibiotici e infine mi accompagnò in macchina a un ospedale lontano, che era l’unico nel quale – per via di una provvidenziale conoscenza – avrei potuto fare la TAC, necessaria ad appurare l’insorgere della polmonite. Che infatti c’era. E sempre quel figlio, sopraggiunta una crisi respiratoria, mi portò di notte al San Giovanni.

Essendo io in ospedale e mia moglie isolata in casa perché ancora positiva, fu impegno di due figlie fare la spola tra l’ospedale e la casa per i cambi di biancheria, la spesa quotidiana e ogni altra necessità. O anche solo opportunità: per esempio, fare torte di ringraziamento per medici e infermieri.

Raccontando io questi minimi risvolti della paternità e della figliolanza, un’amica ha esclamato: «Sei fortunato. Io invece, che sono sola, durante il ricovero ero senza sponde. Meno male che avevo con me il cellulare e potevo chattare con le amiche. Quando mi hanno riportato a casa con l’ambulanza, perché ancora positiva, non c’era nessuno ad aspettarmi. Ulisse tornava a Itaca ma l’isola era deserta».

Ulisse tornava a Itaca
ma l’isola era deserta

A farmi riavvertire l’importanza della presenza dei figli è stata ultimamente un’altra conversazione con un compagno d’università che non vedevo da cinquant’anni. Al ragguaglio sui figli si dice felice ma timoroso per il domani: «Ne abbiamo due, un maschio e una femmina, che sono sposati e con due figli ciascuno: lei ha due maschi e lui due femmine. Sono carinissimi, ci chiamano al telefono per i compiti. Il guaio è che noi viviamo a San Leo e loro a Milano. Li avevamo mandati a studiare a Bologna, dove hanno conosciuto il fidanzato e la fidanzata e per lavoro sono finiti ambedue a Milano. Noi corriamo da loro quando qualcuno dei piccoli ha l’influenza o quando c’è una festa, ma abbiamo ben capito che la nostra vecchiaia sarà solitaria». 

A seguito di questa conversazione mi sono venute intorno, tra i pensieri della notte, le ombre di tanti amici, coetanei o giù di lì, che i figli non li hanno voluti. O per dire meglio: non li hanno cercati, pur vivendo una vita di coppia fedele e – per più aspetti – feconda. C’erano altri impegni. Saltavano fuori ogni volta altre priorità. C’era anche un poco di paura per il salto nel buio che è sempre rappresentato dal fare un figlio. Non sai come ti viene, se ti somiglierà, se sarà contento d’essere nato.

Sono venuti a me – sempre di notte – anche altri e altre che, invece, i figli li volevano ma non li hanno ottenuti. Ed erano i più arrabbiati, se posso dire così. Ho avuto l’occasione di tenere – in parrocchie e associazioni – incontri sulla famiglia e alla fine c’era sempre qualcuno che veniva a parlarmi e chiedeva a me il perché di quella ingiustizia: «Siamo andati dappertutto, abbiamo cercato medici e metodi, abbiamo fatto cure. Niente di niente. Anche pregare è stato inutile».

Cerca l’adozione
chi vive bene l’assenza del figlio

Di fronte a questa protesta ho sempre proposto – quando l’età degli interlocutori lo permetteva – di pensare all’adozione. Ma chi è agitato per non averli avuti, i figli, capita che s’agiti anche di più se gli parli dell’adozione. Almeno questa è la mia esperienza. Cerca l’adozione chi vive bene l’assenza del figlio, non chi la vive male.

Vai tu a parlare con Abramo nel momento in cui alza il lamento: «Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco» (Gen 15,2). Abramo potrebbe adottare quel domestico e farlo suo erede ma non può renderlo un «nato da sé». E se non è un suo nato egli non s’acquieta. Non vuole acquietarsi. 

Ancora più desolato è chi un figlio l’ha avuto e su di lui scommetteva, magari puntando alto, ma poi l’ha perso. Conosco una mamma che sempre piange un figlio che un giorno riconobbe sul tavolo dell’obitorio dopo una caduta con la moto: e quel ragazzo aveva 33 anni, ed era mezzo coperto con un lenzuolo, proprio come il Cristo del Mantegna: «Negli anni ho imparato a pregarlo, il Signore, mettendomi al posto di Maria, la madre, quando lo vide sulla pietra dell’unzione».

Conosco genitori che non sono più riconosciuti dai figli ormai adulti, per esempio dopo separazioni traumatiche intervenute nella coppia. I ragazzi si sono schierati con la mamma e lui – il papà – praticamente non li vede più. Viene cercato solo per gli alimenti. In questo caso la ferita intervenuta con la rottura del matrimonio è raddoppiata dalla rottura con i figli.

I casi difficili tuttavia non dovrebbero farci dimenticare i tanti e maggiori felici rapporti tra genitori e figli che possiamo incontrare intorno a noi. È un utile esercizio quello di osservare con ammirazione quei buoni rapporti. Non si tratta di fare acrobazie conoscitive: basta passare in rassegna il parentado e il giro amicale e ci accorgeremo che accanto alle rotture vi sono le armonie e i recuperi di armonia dopo vicende burrascose. 

Il conflitto tra fratelli
sull’eredità ricevuta o attesa

Purtroppo troveremo anche – intorno a noi – tanti conflitti che amareggiano le relazioni familiari e in particolare ci imbatteremo nel conflitto tra fratelli sull’eredità ricevuta, o attesa, dai genitori. 

Mi è capitato più volte d’essere interrogato sui dispiaceri che deriva-
no da quel conflitto: come sopportarlo, come recuperare la pace dopo la tempesta. 

Al termine di una conferenza di attualizzazione della parabola del Padre misericordioso, vengo cercato da una madre tormentata dalla continua lite tra le due sue figlie, una delle quali giudiziosa e lavoratrice, l’altra fuggiasca e tossica. Che torna dalla madre quando resta senza risorse. La madre la soccorre ma quella di nuovo scappa appena ricaricata la carta di credito.

Infine l’altra figlia – quella giudiziosa – pone alla mamma un’alternativa secca: «O la diseredi e la cacci di casa o io non verrò più da te». La mamma non la caccia e la figlia giudiziosa non mette più il piede dov’è la prodiga.

Sono stato dunque provocato a cercare nei Vangeli – in questa e in altre occasioni – un qualche aiuto per il discernimento dei conflitti familiari legati all’eredità e mi sono fermato, in particolare, sull’episodio lucano nel quale «uno della folla» chiede a Gesù di aiutarlo a ottenere la sua parte in presenza di un fratello forse maggiore o forse usurpatore. «Uno della folla gli disse: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli
rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?»
(Lc 12,13s).

Che insegna questo detto di Gesù? Che i conflitti sull’eredità non sono così importanti e non attengono alla sfera dei mali o delle questioni per le quali egli si sente chiamato a usare misericordia verso chiunque l’interpelli: lebbrosi, ciechi, padri disperati, una cananea, un centurione, una samaritana, il capo degli esattori, il fariseo Nicodemo che lo cerca di notte. 

Non pregherai
per la causa che hai intentato

Nessuno viene rifiutato, ma resta senza soccorso questo fratello in lite con un fratello. Come ha risposta negativa – o viene esplicitamente rimproverato – chi gli chiede i primi posti nel Regno, chi gli propone di far piovere fuoco su chi non l’accoglie, chi vorrebbe impedire ad altri di scacciare i demoni nel suo nome, chi lo scongiura – addirittura Simon Pietro: il primo tra i discepoli – di non avventurarsi per la via della croce. Chi presume di poterlo seguire fino a morire con lui: e questa parte in commedia tocca di nuovo a Pietro.

Cercando una preghiera per ogni aspetto dell’avventura dei figli, che è gran parte dell’umana avventura sulla terra, sono arrivato alla conclusione provvisoria – nel campo delle preghiere ogni approdo è provvisorio – che la richiesta al Signore di farsi spartitore tra i fratelli è una di quelle che il Vangelo ci segnala come irricevibili.

Dovremmo sì invocare la pace tra i litiganti ma dovremmo anche avvertirli che non saranno ascoltati se chiederanno che il cielo intervenga per convincere il fratello a dividere giudiziosamente l’eredità, o per aiutarli a vincere la causa che hanno intentato. 

 

www.luigiaccattoli.it

 

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
Tema Cultura e società
Area EUROPA
Nazioni

Leggi anche

Attualità, 2023-2

Il mio grazie a Benedetto

Maestro di libertà

Luigi Accattoli
Non prevedevo la sua elezione. Avevo invece capito che era capace di rinunciare. Ma non avevo immaginato che da emerito continuasse a parlare. Nei giorni del commiato da papa Benedetto, provocato da intervistatori di varia provenienza, mi sono chiesto che cosa avessi imparato dalla sua lunga frequentazione, partita quando Franco Rodano mi disse, nel 1969, «leggi Introduzione al cristianesimo»,...
Attualità, 2023-2

Consiglio dei cardinali. Il papa piange sull’Ucraina. Messaggio giornata della pace. Tre frammenti del Partenone. Matteo Ricci: virtù eroiche. Francesco e la rinuncia al papato. Udienza alla CGIL. Parole dure alla curia. Urbi et orbi su carestia di pace. Morte di Benedetto XVI.

Luigi Accattoli
DICEMBRE Consiglio dei cardinali. Nei giorni 5 e 6 dicembre si tiene a Santa Marta una sessione del Consiglio dei cardinali con il papa. All’ordine del giorno: i lavori della COP27 in Egitto, introdotti dalle relazioni dei cardinali Parolin e Ambongo Besungu; la fase continentale del Sinodo in corso, su relazione del cardinale Mario Grech e dei frutti del percorso sinodale digitale elaborato...
Attualità, 2022-18

Voci dal carcere

Sui deboli scartati e la guerra che tutti scarta

Luigi Accattoli
Che ci diranno i carcerati dell’indifferenza che scarta i deboli e della guerra che tutti scarta? L’appartenenza alla giuria del Premio Castelli per detenuti mi ha fornito l’occasione di una presa diretta sulla dolente protesta degli scartati e sul loro sguardo ferito dai notiziari della guerra. Non sono parole di poco conto: chi davvero soffre, spesso davvero parla. Il Premio Castelli...