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Attualità
Attualità, 22/2022, 15/12/2022, pag. 707

Cristianesimo di minoranza. Secondo due libri francesi

Massimo Faggioli

Il secolo XIX è centrale per comprendere quello che l’autrice chiama «il destino antimoderno» del cattolicesimo. Gli ultimi 200 anni rappresentano una serie di tentativi di risposta contro la moderna laicità e lo stato laico: da Donoso Cortes al teologo statunitense William Cavanaugh (che è diventato un punto di riferimento per teologi di tendenza «radical orthodoxy», anche in Francia e in Italia). Il momento rivelatore è quello politicista reazionario di Maurras, negli anni Venti del secolo XX, per comprendere poi il tentativo di Mounier e Maritain di adattarsi alla modernità e salvare l’essenziale del cristianesimo: un tentativo che il libro definisce fallito.

 

Due libri pubblicati negli ultimi mesi in Francia offrono un tentativo d’interpretazione della crisi che sta attraversando la Chiesa cattolica e spunti anche per quella di altri paesi, specialmente europei.

Il pamphlet di Chantal Delsol, classe 1947, liberal-conservatrice, filosofa e studiosa di Hannah Arendt, storica e romanziera, affronta la questione della possibilità di sopravvivenza del cristianesimo senza la cristianità europea.1 Il libro traccia una breve storia della cultura cristiana che in Europa da due secoli circa si batte per non morire, ma ora si trova, secondo Delsol, in una fase d’agonia.

Il secolo XIX è centrale per comprendere quello che l’autrice chiama «il destino antimoderno» del cattolicesimo. Gli ultimi 200 anni rappresentano una serie di tentativi di risposta contro la moderna laicità e lo stato laico: da Donoso Cortes al teologo statunitense William Cavanaugh (che è diventato un punto di riferimento per teologi di tendenza «radical orthodoxy», anche in Francia e in Italia). Il momento rivelatore è quello politicista reazionario di Maurras, negli anni Venti del secolo XX, per comprendere poi il tentativo di Mounier e Maritain di adattarsi alla modernità e salvare l’essenziale del cristianesimo: un tentativo che il libro definisce fallito.

Non sorprende che Delsol abbia suscitato le simpatie del neo-tradizionalismo cattolico made in USA, che reagisce alla secolarizzazione e alla globalizzazione con la proposta di un «nazionalismo cristiano», visto come inevitabile per conservare l’identità nazionale.

Gli scandali e le contraddizioni

Ma la sua tesi è diversa. Asserisce la necessità della cristianità cattolica per salvare il cristianesimo e punta il dito contro la contraddizione, insita nel cattolicesimo conciliare e postconciliare, tra le aspirazioni dell’universalismo cattolico e il rifiuto dell’esercizio di un potere terreno. Delsol vede all’orizzonte un nuovo paganesimo che cancella quelli che Peter Brown chiamava i «progressi spirituali» avvenuti grazie all’inculturazione del cristianesimo nel mondo tardo antico.

Le contraddizioni sono esplose anche grazie allo scandalo degli abusi: una «inversione normativa», un capovolgimento dei valori sociali e morali rispetto ai quali il destino non solo della cristianità medievale e tridentina, ma anche del cristianesimo, è segnato. Qui Delsol ha pagine efficaci per descrivere gli effetti dello scandalo sulla coscienza dei nostri contemporanei, cattolici e non: un processo di colpevolizzazione selettiva, che tende a ignorare, per esempio, la frequenza delle violenze e degli abusi nelle famiglie e da parte dei laici.

Il ruolo del clero è passato da una posizione di dominio alla presunzione di colpevolezza diffusa e retroattiva, nella perdurante incapacità della Chiesa gerarchica di reagire efficacemente anche sul piano del discorso. Delsol nota da parte della Chiesa l’incapacità d’accettare, prima ancora di tentare di far capire, che la questione delle violenze e degli abusi è emersa anche grazie a una storia di evoluzione della morale – nel senso di un nuovo senso della dignità dei bambini e dei minori, delle donne, degli adulti vulnerabili.

Interessante qui la denuncia, avanzata già da Claude Langlois nel suo recente libro,2 di una cultura pedofila alta negli ambienti accademici e intellettuali laici nella Francia degli anni Settanta.

Il rischio di un cattolicesimo umanitarista

L’eclissi della speranza escatologica e il sovvertimento in direzione di un nuovo paganesimo non porta, secondo Delsol, a una cultura immorale o amorale, ma al contrario a una «religione della morale» che assume (anche dentro la Chiesa) le forme di un umanitarismo universalistico che s’ispira al Vangelo di Gesù, ma senza i suoi fondamenti: una fede umanitaria che definisce «un parassitismo o un palinsesto» rispetto al cristianesimo, una modernità che riprende il Vangelo talvolta anche alla lettera, ma sbarazzandosi di ogni trascendenza.

Delsol, una federalista europea delusa dalla forma assunta dall’Unione Europea in questo inizio di secolo XXI, vede nella transizione da una morale religiosa cristiana legata al trascendente a una nuova morale imposta dallo stato e dalle élite la fine non solo della cristianità, ma anche del cristianesimo. Il punto di svolta storica è identificato negli anni Settanta, con la legalizzazione dell’aborto e tutte le sue conseguenze nella comprensione del rapporto tra idea di persona e di Dio.

L’autrice non offre un piano di ritirata (come la «Benedict Option» del bestseller del polemista americano Rod Dreher) o una strategia politica, ma spinge a una presa di coscienza dello stato attuale del cristianesimo come minoranza mal sopportata dal sentire comune: «Lo statuto di minoranza è molto specifico, dobbiamo imparare dagli ebrei o dai protestanti. Quando si è maggioranza, le virtù necessarie sono tolleranza, umiltà, e discrezione. Quando si è minoranza, la tolleranza non è più una virtù, ma una necessità di stato e le virtù sono equanimità, pazienza, e perseveranza. Bisogna evitare la paranoia. Questa situazione inedita nella nostra storia ci riporta infine all’età dei primi cristiani» (162).

Segnali di speranza, secondo Delsol, vengono dal fatto che la situazione attuale del cattolicesimo si presenta, nonostante i tentativi neo-integralisti, come il contrario del maurrassismo: chi va a messa oggi, non lo fa per ritualità sociale, ma per convinzione. Qui il pubblico a cui Delsol si rivolge è il cattolicesimo militante francese che coincide spesso, anche se non sempre, con quello della messa preconciliare.

Infine, Delsol definisce l’abbandono della cristianità come cambio di paradigma, richiamando Simone Weil, come «la rinuncia al regno della forza»: la missione non come conquista, ma secondo l’esempio dei monaci di Tibhirine. «Rinunciare alla cristianità non è un sacrificio doloroso. Non si tratta di produrre delle società dove “il Vangelo governa gli stati”, ma piuttosto, per riprendere le parole di Saint-Exupery, “camminare con dolcezza verso una fonte”» (170).

Quello di Delsol è un libro provocatorio e a tratti illuminante. L’autrice, più che rimpiangere, ricorda la scomparsa della cristianità medievale. I tratti apocalittici fanno parte di un esercizio di parresia a 360 gradi. È un libro che ha qualcosa da dire al cattolicesimo non solo francese, specialmente circa le ipocrisie che circondano il dibattito sulla crisi degli abusi e delle violenze.

Doppio trauma: il COVID e le violenze

Più ambizioso il libro che ospita un lungo dialogo tra Danièle Hervieu-Léger (tra le studiose più acute delle mutazioni del fenomeno cattolico, sociologa con acuto senso storico) e Jean-Louis Schlegel (filosofo e sociologo della religione, traduttore di Franz Rosenzweig, Jürgen Habermas, Carl Schmitt, e direttore della rivista Esprit).3

Questo dialogo prende le mosse dal tentativo di fare il punto sul cattolicesimo in Francia alla luce del trauma, anche religioso, della pandemia. Oltralpe il COVID ha causato tensioni tra Chiesa e autorità pubbliche in virtù del concetto separazionista di «laicità» alla francese, ma anche all’interno di una comunità ecclesiale percorsa da movimenti di rigetto o adozione selettiva del Vaticano II più forti che nel resto del continente (da Marcel Lefebvre in avanti). Il libro ha poi assunto una prospettiva diversa e più ampia alla luce dei risultati della Commissione nazionale indipendente d’inchiesta sugli abusi nella Chiesa cattolica (CIASE), pubblicati nell’ottobre 2021.4

L’ammissione di responsabilità da parte del cardinale Jean-Pierre Ricard e le rivelazioni sul vescovo Michel Santier nel novembre 2022 sono la prosecuzione di un cataclisma iniziato nel 2017 con le accuse rivolte al cardinale Philippe Barbarin.5

La tesi di fondo di Hervieu-Léger e Schlegel è che la coincidenza tra pandemia e scandalo rivela due fenomeni paralleli e interrelati d’implosione o collasso della Chiesa: il primo, esterno, è causato dalle condizioni culturali profondamente mutate rispetto ai paradigmi vigenti fino al secolo XX. Il dramma è quello della squalifica della cultura cattolica da parte della cultura comune, una squalifica silenziosa, contrariamente a quelle esplicite e dirette degli ultimi due secoli.

L’altro collasso è quello interno, causato dagli scandali, che mette in evidenza il deficit di qualificazione sociale e professionale del clero oggi, e i tentativi di recupero affettivo e simbolico da parte del clero a livello liturgico (la tonaca, la messa preconciliare in latino, il devozionismo).

Queste deflagrazioni hanno portato a una Chiesa cattolica che Hervieu-Léger vede già in una situazione di scisma di fatto. Non si tratta più di una contrapposizione tra clero e laicato, o tra conservatorismo/tradizionalismo e progressismo. Si manifesta la competizione tra due modelli diversi per uscire dalla crisi dello status quo: da un lato il tradizionalismo antimoderno classico; dall’altro quello della «Chiesa altrimenti» che è, a suo modo, un rigetto del paradigma liberale progressista d’adattamento al contemporaneo.

La deflagrazione è stata messa in scena in pubblico sulle grandi questioni sociali, anche in Francia di recente, come il matrimonio omosessuale (a cui si è opposta l’organizzazione politica «Manif pour tous», fondata nel 2012 con legami organici col cattolicesimo). È il redde rationem di quello che Marcel Gauchet chiamò «sortie politique de la religion», il cristianesimo come uscita dal mondo secolare, che ora ha portato alla sostituzione dei dibattiti teologici con quelli politici e alla dogmatizzazione delle ideologie politiche.

Le radici della crisi sono più profonde

La situazione attuale della Chiesa è frutto non solo dello scandalo degli abusi e delle violenze, come si vorrebbe far credere semplicisticamente (in modo talvolta ingenuo, talvolta calcolatore) da parte di fonti giornalistiche e accademiche che vorrebbero ridurre il cattolicesimo a un’organizzazione criminale tesa a perpetuare l’orrore su minori. È invece il frutto di trasformazioni epocali nel rapporto tra Chiesa e società, e in particolare di quattro, secondo Hervieu-Léger e Schlegel: la dissoluzione del mondo rurale; la ridefinizione delle relazioni tra Chiesa e politica; religione e fede tra natura e scienza; la mutazione del modello di famiglia.

La crisi della famiglia borghese nucleare come modello anche religioso è «il vettore principale di exculturazione» del cristianesimo, che in Europa segue modalità molto diverse tra loro (per esempio, tra Europa occidentale e orientale). La «exculturazione» colpisce un cristianesimo gravato da una specie di tasso d’interesse storico-culturale, oggi da pagare, che deriva dalla convergenza storica tra stato e Chiesa, per esempio sul matrimonio, un debito che il «coniugalismo cattolico» d’epoca recente non ha pagato ma forse ha aggravato. L’«exculturazio-
ne» ha trasformato la Chiesa in un’«impresa di servizi rituali», una funzione ancora percepita a livello diffuso, com’è emerso durante la pandemia.

In epoca contemporanea, anche la Chiesa in Francia è stata ridefinita dal fenomeno delle conversioni al cattolicesimo: è l’enfasi sulle «identità narrative» e sull’imperativo dell’autenticità personale nella fede, una versione neo-cattolica de «l’imperativo d’essere sé stessi». Qui si vedono alcune convergenze tra le dinamiche socio-religiose in Francia e nel mondo anglofono.

Il convertito, come rappresentante più accreditato della figura del credente oggi, rassicura la Chiesa istituzionale nella sua «inattitudine strutturale al pluralismo»: nella sua ricerca di una stabilità morale e religiosa che non ha trovato altrove, il convertito è un membro della Chiesa che non sfida ma anzi rafforza lo status quo.6

Questa analisi impietosa da un lato sottopone a critica la mediatizzazione della Chiesa oggi, un effetto «trompe-l’oeil» che nasconde una debolezza strutturale. Dall’altro lato, la caduta della influenza della Chiesa coesiste con un «cervello rettiliano» del cattolicesimo che continua a funzionare. Hervieu-Léger e Schlegel retrodatano la delusione per l’aggiornamento conciliare al periodo pre-conciliare, e qui è efficace la critica alle tesi del libro di Cuchet che vedeva nel Concilio la causa della crisi cattolica.7

Una tesi centrale del libro è la necessità di superare la visione «territorial-imperiale» del cattolicesimo a favore di un approccio «diasporico», di cui Karl Rahner aveva scritto già nel 1954.8 Al centro dell’implosione c’è il nesso tra modello clericale e visione «territorial-imperiale» del cattolicesimo con la parrocchia come cellula di base, che ha portato anche alla scomparsa della distinzione, nella percezione dei cattolici, tra clero secolare e regolare. Ci si è come vendicati della centralità del prete mettendolo al centro dello scandalo degli abusi.

Allo stesso tempo, è emersa «la connivenza perfetta tra sistema clericale e logica patriarcale». Non è un caso che «il ruolo delle donne sia diventato oggi la chiave di ogni riforma nella Chiesa».

Un potenziale e immenso cantiere teologico

In questo collasso, Hervieu-Léger e Schlegel notano la funzione dei nuovi movimenti cattolici in risposta all’«exculturazione». In Francia, specialmente negli ultimi anni, i vescovi hanno visto il ritorno nei centri urbani di movimenti cattolici guidati o fondati da personalità carismatiche (come La communauté de l’Emmanuel), a cui sono state affidate grandi parrocchie.

Ma l’affidarsi ai movimenti può diventare una tattica per evitare d’affrontare il nodo del presbiterato e dei ministeri, esploso alla luce dello scandalo delle violenze e degli abusi (spirituali e d’autorità). Qui Hervieu-Léger e Schlegel adottano una prospettiva che gioverebbe al grande pubblico nordamericano e anche italiano nei prossimi mesi e anni: il linguaggio sulla crisi rivela un semplicismo e un populismo inadeguati.

La sfida è istituzionale ma anche culturale e soprattutto teologica: lo scandalo «apre un immenso cantiere teologico» che ancora non si è voluto considerare. La reazione allo scandalo evidenzia lo stato di minoranza del cristianesimo. Ma allo stesso tempo indica anche il fatto che «il cattolicesimo resta uno dei serbatoi di memoria privilegiati dalla ricerca identitaria nella nostra società divorata dall’incertezza e dall’inquietudine».

Il libro di Hervieu-Léger e Schlegel è un necessario memento per coloro che vedono come ineluttabili le traiettorie aperte dal Vaticano II. Il fallimento non è stato causato dal Vaticano II; ma il Vaticano II ha accelerato la crisi, in mancanza di vere riforme dopo il Concilio, che ha portato una nuova cultura ma contemporaneamente al collasso dell’autorità di una Chiesa abituata a obbedire. Vi sono segnali, in Francia ma non solo, di una «restaurazione o contro-rivoluzione cattolica in corso» – quella di minoranze mobilitate, in moto dai margini al centro della scena ecclesiale.9

La questione non è il ritorno all’età dell’onnipotenza in alternativa alla situazione di minoranza, ma come vivere questa situazione di minoranza: in modo ospitale oppure in modo settario?

Hervieu-Léger propone un cattolicesimo non come «contro-cultura», ma come «alter-cultura». Un’alternativa alle logiche di questo mondo, ma dentro questo mondo. La sfida è complicata dalla frammentazione interna: più che tra destra e sinistra, è un arcipelago di gruppi e tendenze con relazioni diverse con l’istituzione, ma anche slegate dall’istituzione e dalle istanze di regolamentazione, in una congiuntura di «deregolazione istituzionale del cattolicesimo», nel contesto di una «squalifica di un sistema di potere».

Soluzioni? Ministeri e nomine dei vescovi

La soluzione non è immaginare ingenuamente una dinamica centrifuga e post-istituzionale. Il libro diffida di coloro che vagheggiano o sognano che il cattolicesimo globale possa sopravvivere all’affondamento del polo romano. La situazione richiede una riforma radicale: «Ben prima del Vaticano II, Rahner invitava a una rivoluzione ecclesiologica che non è avvenuta». In questo senso, i due autori si esimono dal criticare le mancate promesse del pontificato di Francesco, come il fallimento del «Consiglio dei cardinali» creato dal papa, e la riluttanza a iscrivere il cambiamento a livello giuridico (nonostante la Praedicate Evangelium e il suo tentativo di riforma della curia romana). 

Tra le riforme necessarie e urgenti vi sono, secondo Hervieu-Léger e Schlegel, il modello del ministero sacerdotale, con una visione più ampia dei ministeri (ben oltre i ministeri istituiti aperti alle donne da Francesco nel 2021), e le procedure e i criteri di nomina dei vescovi.

Allo stesso tempo, accettare la situazione di una Chiesa alle prese con l’«exculturazione» e lo stato di minoranza spinge a riconsiderare il modo d’applicazione del Concilio, anche sulla riforma liturgica: dal suo punto di vista di sociologa, Hervieu-Léger si pronuncia a favore della coesistenza tra messa conciliare e messa pre-conciliare in latino in nome della necessità della coesistenza tra identità diverse. Minoranza dentro il corpo del cattolicesimo, il movimento della «messa in latino» si presenta come paradigma della situazione di minoranza della Chiesa nella società occidentale contemporanea.

L’osservatorio francese è da sempre un indicatore di prima importanza per comprendere la situazione generale della Chiesa cattolica, dalle guerre di religione del secolo XVI fino al periodo postconciliare, passando per la Rivoluzione, il movimento ultramontanista, l’Action Française, i preti operai e il Sessantotto.

Tale è ancora oggi, sia pure dopo la ridefinizione e relativizzazione della cultura europea come matrice della Chiesa globale. In questi ultimi 5 anni, la Chiesa cattolica in Francia ha assunto un ruolo particolare nella storia delle violenze e degli abusi nella Chiesa.

A differenza di quanto accade in Italia, in Francia la crisi cattolica e degli abusi è entrata a fare parte dell’industria culturale e dell’informazione di massa,10 figura come questione sensibile nei rapporti triangolari tra la Repubblica, l’episcopato e la Santa Sede, e ha creato un filone di studi teologici, sociologici e storici nel mondo accademico sia cattolico sia laico.11

Si comprende la preoccupazione da parte di alcuni che il caso italiano assuma connotati simili a quello francese. In ogni caso, per l’Italia non meno che per la Francia, il cantiere aperto dallo scandalo va oltre le misure da prendere per la repressione e la prevenzione delle violenze.

Queste analisi offrono indicazioni importanti per comprendere la congiuntura ecclesiale anche nel cosiddetto mondo occidentale. Ma non fanno i conti con un’ulteriore crisi per la percezione del cattolicesimo nel mondo extra-europeo. Per tornare al gergo del COVID, quella del radicalismo postcoloniale che presenta la Chiesa come un’epidemia portata dai missionari.

 

Massimo Faggioli

1 C. Delsol, La fin de la chrétienté. L’inversion normative et le nouvel âge, Cerf, Paris 2021, pp. 172 (trad. it. La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo, Cantagalli, Siena 2022).

2 Cf. C. Langlois, On savait, mais quoi? La pédophilie dans l’Église de la Révolution à nos jours, Seuil, Paris 2020.

3 D. Hervieu-Léger, J.-L. Schlegel, Vers l’implosion? Entretiens sur le présent et l’avenir du catholicisme, Seuil, Paris 2022, pp. 387. Tra le altre pubblicazioni di Schlegel, La Loi de Dieu contre la liberté des hommes. Intégrismes et fondamentalismes, Seuil, Paris 2002. Di Hervieu-Leger, lo studio più recente, sul monachesimo contemporaneo, è Le temps des moines: Clôture et hospitalité, PUF, Paris 2017.

4 Cf. Regno-att. 19,2021,615.

5 Secondo le informazioni fornite dal presidente della conferenza episcopale all’Assemblea plenaria di Lourdes del novembre scorso, al momento sono 11 i vescovi oggetto d’indagine da parte delle autorità pubbliche in Francia. Cf. anche Regno-att. 20,2022,627; Re-blog del 5.11.2022, https://bit.ly/3uhCVxh.

6 Su questo, si veda di Hervieu-Léger, La religion en mouvement. Le pélerin et le converti, Flammarion, Paris 1999.

7 G. Cuchet, Comment notre monde a cessé d’être chrétien. Anatomie d’un effondrement, Seuil, Paris 2018.

8 Il saggio del 1954 è stato ripubblicato di recente in K. Rahner, L’Église face aux défis de notre temps. Études sur l’ecclésiologie et l’existence chrétienne, vol. 10 delle opere complete di Rahner, serie a cura di Christoph Theobald, pref. di Gilles Routhier, Cerf, Paris 2017.

9 Cf. Y. Raison du Cleuziou, Une contre-révolution catholique. Aux origines de la Manif pour tous, Seuil, Paris 2019. Sul caso francese, cf. anche J.-L. Marion, Breve apologia per un momento cattolico, Morcelliana, Brescia 2019 (originale francese, Grasset, Paris 2017).

10 Il film Grâce à Dieu di François Ozon (2018, ispirato al caso Preynat a Lione) e il documentario choc trasmesso nel marzo 2019 dal canale Arte, intitolato Religieuses abusées, l’autre scandale de l’Église.

11 Cf. C. Béraud, Le catholicisme français à l’épreuve des scandales sexuels, Seuil, Paris 2021; C. Hoyeau, La trahison des pères, Bayard, Montrouge 2021; M.-J. Thiel, L’Eglise catholique face aux abus sexuels sur mineurs, Bayard, Montrouge 2019; L’Eglise déchirée. Comprendre et traverser la crise des agressions sexuelles sur mineurs, a cura di Stéphane Joulain, Karlijn Demasure, Jean-Guy Nadeau, Bayard, Montrouge 2021; H. Quantin, L’Eglise des pédophiles. Raisons et déraisons d’un procès sans fin, Cerf, Paris 2021; D. Lett, Viols d’enfants au Moyen Âge. Genre et pédocriminalité à Bologne (XIVe-XVe siècle), PUF, Paris 2021.

 

Tipo Libri del mese
Tema Cultura e società
Area EUROPA
Nazioni

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