Il Sinodo in parrocchia
Vale molto ma passa in fretta
Mi chiamano nelle parrocchie per il Sinodo e scelgo di procedere per spunti. O meglio: per provocazioni. Provo cioè ad accendere delle spie, una dozzina, per aprire a uno scambio. Eccole.
Capolavoro di Francesco. Parto dal papa che è motore dell’impresa. Il Sinodo sulla sinodalità, partito il 10 ottobre 2021 e che andrà fino all’ottobre del 2023, potrebbe essere il lascito centrale di papa Bergoglio, che l’ha avviato alla vigilia degli 85 anni. Papa della Chiesa in uscita, papa dell’uscire insieme.
Camminare insieme. Tra le tante formulazioni dell’invito a camminare insieme, do la palma a quella del Messaggio della CEI agli operatori pastorali che ha la data del 12 ottobre 2021: «La Chiesa non è fatta per stabilirsi, ma per camminare. La Chiesa è Sinodo (syn-odos), cammino-con: con Dio, con Gesù, con l’umanità» (Regno-doc. 19,2021,582s).
Fare Sinodo è difficile. Camminare insieme era il titolo di una lettera pastorale che 50 anni addietro (8 dicembre 1971) il cardinale Pellegrino, arcivescovo di Torino, inviava alla sua comunità. Provocò divisioni come ogni altro camminare del dopo-Concilio, che fosse insieme o spaiato. Tant’è che tre papi – Paolo VI seconda maniera, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI – provvidero a frenare il cammino. Che ora riparte con Francesco.
Il Vademecum nomina
48 volte le parrocchie
Un Sinodo inedito. Questo Sinodo sarà il più lungo nella durata, il più vasto nel coinvolgimento, il più nuovo nelle modalità: un Sinodo dei sinodi che, nelle intenzioni del papa, dovrebbe dare una scossa alla vita della Chiesa – che oggi appare sonnacchiosa – e spingerla a riprendere con lena la sua missione nel mondo. Sinodo straordinario a tutti gli effetti, tanto da non avere un argomento fuori di sé: «il suo oggetto – la sinodalità – è anche il suo metodo» (Documento preparatorio 25; Regno-doc. 17,2021,533).
«La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo»: con queste parole solenni si apre il Documento preparatorio pubblicato il 7 settembre 2021 insieme a un Vademecum operativo, ambedue a cura della Segreteria del Sinodo, per l’animazione della prima fase dell’itinerario sinodale (cf. Regno-doc. 17,2021,527s). Prima fase: l’attuale, delle Chiese locali, che andrà fino al 15 agosto 2022. Chiese locali: diocesi e parrocchie. Eccoci dunque convocati tutti – innanzitutto – in Sinodi parrocchiali, che sono una novità. C’erano i Sinodi diocesani, nazionali, continentali, universali: ma mai si erano sentiti i sinodi parrocchiali.
Il Vademecum nomina 48 volte le parrocchie e le invita a «dare vita al processo sinodale a livello locale» (3.1; Regno-doc. 17,2021,547). Alla «sinodalità nella vita della parrocchia» dedicava già due paragrafi (83 e 84) il documento della Commissione teologica internazionale del 2018 La sinodalità nella vita e nella missione della chiesa (cf. Regno-doc. 11,2018,329s). Quel documento ricordava che ogni parrocchia dovrebbe disporre di «due strutture di profilo sinodale: il consiglio pastorale parrocchiale e il consiglio per gli affari economici». Affermava anche la necessità di «rivedere la normativa canonica che attualmente soltanto suggerisce la costituzione del consiglio pastorale parrocchiale rendendola obbligatoria».
Quello parrocchiale è il Sinodo di tutti i battezzati: fase preziosa e del tutto nuova, ma che rischia di passare in fretta. In questa prima fase si dovrebbe realizzare l’ascolto di tutti i battezzati, coinvolgendo anche «le persone che corrono il rischio di essere escluse: donne, portatori di handicap, rifugiati, migranti, anziani, persone che vivono in povertà, cattolici che praticano raramente o non praticano mai la loro fede» (Vademecum 2,1; Regno-doc. 17,2021,543).
Invitati a indagare
le magagne del potere
Ascoltare le minoranze e le denunce. «La sintesi [dei lavori] dovrebbe prestare particolare attenzione alle voci di coloro che non vengono spesso ascoltati e integrare quello che potremmo chiamare un “rapporto di minoranza”. Il riscontro non dovrebbe limitarsi a sottolineare le esperienze positive, ma anche portare alla luce le esperienze impegnative e negative» (Vademecum 2,1; Regno-doc. 17, 2021,550).
Indagare le magagne del potere. Questo è forse l’obiettivo più coraggioso a cui mira il Sinodo sulla sinodalità: «Esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo» (Documento preparatorio 2; Regno-doc. 17,2021,528). Infatti se «il cuore dell’esperienza sinodale è l’ascolto di Dio attraverso l’ascolto reciproco», come faremo a udire «la voce dello Spirito» sull’esercizio del potere se di esso non parleremo? (Vademecum 4,1; Regno-doc. 17,2021,550).
Sinodo veloce tampona sinodo lento. Ponendomi a portavoce di questi inviti alla parresia, incoraggio i miei uditori a formulare critiche. Per la CEI segnalo che abbiamo assistito a un Sinodo ad alta velocità indetto dal papa che tampona un Sinodo regionale: quello nazionale italiano che la CEI ventilava da anni e finalmente stava avviando.
Ma non c’è solo questo tamponamento sinodale da segnalare. C’è una più ampia inerzia collegiale di fronte alla spinta di Francesco all’uscita missionaria: ripetutamente il papa ha dovuto chiedere che si svolgesse un lavoro sinodale sull’Evangelii gaudium e non c’è stata rispondenza neanche sulla riduzione del numero delle diocesi e sulla revisione dello Statuto: lo Statuto è stato rivisto nel 2014 ma non secondo il suggerimento papale.
Inerzia in alto
e apatia in basso
Inerzia dell’episcopato e apatia comunitaria. Non abbiamo a che fare soltanto, in Italia, con l’inerzia episcopale che dicevo, ma anche con una vistosa apatia comunitaria. La si può vedere nella poca risposta all’appello di Francesco per l’accoglienza dei rifugiati nelle parrocchie (2015), come anche – per il microcosmo romano – nella scarsa adesione alla chiamata del papa alla consultazione per la nomina del vicario di Roma (2017). Ma anche per la mancata avvertenza del 40° del Convegno sui mali di Roma (2014). E in Roma e fuori di Roma, per la mancata iniziativa sui possibili ruoli ecclesiali delle famiglie «irregolari» dopo l’Amoris laetitia (2016).
La consultazione sinodale in corso potrebbe essere l’occasione per rilanciare queste e altre questioni con proposte concrete. Suggerisco alle parrocchie che mi interpellano d’inserirle nel rapporto di sintesi che dovranno mandare ai coordinatori diocesani a conclusione del loro cammino sinodale.
In quel rapporto – a mio parere – le parrocchie romane dovrebbero anche ricordare alle autorità del vicariato che l’ultimo Sinodo diocesano aveva stabilito l’obbligatorietà della costituzione, in ogni parrocchia, del consiglio pastorale. Nel rapporto di sintesi si dovrebbe dire qualcosa di simile: «Nella nostra parrocchia non abbiamo ancora il consiglio pastorale, che era stato chiesto dal Sinodo romano del 1993. In ciò siamo inadempienti, ma inadempienti sono anche le autorità vicariali che non fanno rispettare quella norma».
Senza promuovere il disordine. Camminare insieme, camminare tutti, ma evitando le divisioni e il disordine: prendo questa ammonizione – liturgicamente si direbbe monizione – dalla preghiera per il Sinodo Adsumus Sancte Spiritus (cf. Regno-doc. 17,2021,537), che è stata proposta dalla Segreteria generale con il Vademecum operativo: al suo centro c’è l’invocazione a «non lasciare che promuoviamo il disordine».
Non lasciare
che promuoviamo il disordine
Fino a oggi il papa e i suoi collaboratori nell’avvio del cammino sinodale non hanno espresso timori su pericoli di divisioni nella conduzione dei lavori: ma questa pagliuzza d’oro che splende nell’orazione è – io credo – un buon dono agli oranti. Per coglierne il quieto lucore riporto l’intero testo, che mi pare non sia stato granché segnalato nell’affaccendata ricezione della comunicazione sinodale.
«Adsumus Sancte Spiritus / Siamo davanti a Te, Spirito Santo, / mentre ci riuniamo nel Tuo nome. / Con Te solo a guidarci, / fa’ che tu sia di casa nei nostri cuori; / insegnaci la via da seguire / e come dobbiamo percorrerla.
Siamo deboli e peccatori; / non lasciare che promuoviamo il disordine. / Non lasciare che l’ignoranza ci porti / sulla strada sbagliata / né che la parzialità influenzi le nostre azioni.
Fa’ che troviamo in Te la nostra unità / affinché possiamo camminare insieme / verso la vita eterna / e non ci allontaniamo dalla via della verità / e da ciò che è giusto.
Tutto questo chiediamo a te, / che sei all’opera in ogni luogo e in ogni tempo, / nella comunione del Padre e del Figlio, / nei secoli dei secoli. Amen».
Si tratta di una versione semplificata dell’antica formula d’apertura orante usata nei concili, nei sinodi e in altre assemblee della Chiesa a partire almeno dal Sinodo di Toledo del 633 e che è risuonata – ultimamente – in tutte le congregazioni generali del concilio Vaticano II.
Camminare tutti
senza fare confusione
Rispetto al testo originale, l’aggiornamento proposto per il Sinodo sulla sinodalità ha diverse innovazioni, tra le quali due forse sono le più importanti: l’aggiunta delle parole «camminare insieme» e di quelle che chiedono d’essere salvati dal rischio di «promuovere il disordine». Se il Sinodo riuscirà a fare il suo cammino senza provocare divisioni sarà gran cosa, quasi un miracolo. Ed è per questo che è bene affidare tale possibilità allo Spirito Santo.
Segnalo che anche l’incipit della preghiera è stato modificato, perchè la versione aggiornata sia indicata con un’intestazione, o titolazione, specifica: non più Adsumus Domine Sancte Spiritus, ma Adsumus Sancte Spiritus.
Non dispiaccia ai sinodali – stavolta tutti siamo chiamati a Sinodo – prestare attenzione a quello che pregano prima che a quello che discutono.
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